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Dalla Germania a Gallarate: la storia di Helena Janeczek, scrittrice Premio Strega 2018

Il dopoguerra, la Germania, gli studi a Milano e l'amore per la letteratura: la storia di Helena Janczek, scrittrice per Guanda editore e Premio Strega 2018

helena janeczek

A prima vista Gallarate non potrebbe sembrare la tipica culla della letteratura al pari di capitali culturali come Firenze e Roma, patria di numerosi scrittori entrati nella tradizione della nostra letteratura italiana. Eppure, ci vive un Premio Strega: si tratta della scrittrice Helena Janczek, di origine tedesca ma ormai gallaratese a pieno titolo, vincitrice del Premio Strega 2018 con La ragazza con la Leica (la storia della fotografa Gerda Taro).

«I miei genitori avevano origini ebraiche ed abitavano in Polonia», racconta la scrittrice, «ma l’hanno lasciata dopo essere sopravvissuti alla Shoah – mia madre era stata prigioniera nel campo di concentramento di Auschwitz – a causa di alcuni episodi antisemiti molto violenti scoppiati nel 1946: spaventati, sono fuggiti in Germania, finendo in un campo profughi in Baviera sperando di essere inviati in qualche altro paese. Rimasero lì pensando fosse una sistemazione temporanea, ma per vicissitudini varie e problemi di divisione sono rimasti in Germania». A Gallarate, però, la famiglia Janeczek aveva degli amici molto stretti, cui faceva visita durante i periodi di vacanze invernali ed estive. «Sono praticamente cresciuta tra Gallarate e San Macario (una frazione di Samarate, cittadina confinante con Gallarate, ndr): gli amici dei miei genitori erano per me parenti stretti, venivo qui tutte le estati e da bambina ero praticamente bilingue».

Il trasferimento ufficiale in Italia, però, è arrivato una volta finito il liceo con l’iscrizione all’Università degli Studi di Milano, alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere: «Mi sono trasferita a Milano appena ho iniziato a frequentare Lingue (inglese, russo e tedesco). All’università ho avuto una formazione piuttosto libera perché, diversamente da come sono strutturati i corsi e le lezioni ora, avevamo più libertà nella composizione del piano di studi: ho, infatti, inserito molti esami di filosofia – tra cui estetica – e di letteratura italiana, frequentando il corso di letteratura italiana contemporanea tenuto da Vittorio Spinazzola».

«Poi mi sono successivamente trasferita a Gallarate e c’è stato il cambio definitivo di lingua della scrittura, dal tedesco all’italiano». Il passaggio nella scrittura – spiega Janeczek – dalla lingua madre ad una acquisita non è certo scontato, in quanto – rispetto all’orale – necessita l’apprendimento della “competenza letteraria” di una lingua: «Leggo libri in italiano da quando ero piccola, grazie agli amici dei miei genitori che avevano colto il mio interesse per la lettura. Poi, una volta cresciuta, mi hanno fatto conoscere i grandi scrittori del secondo Novecento come Carlo Emilio Gadda e Luigi Meneghello, per non parlare dei miei poeti preferiti (Eugenio Montale e Dante)». Gli autori tedeschi cui è affezionata, invece, sono Franz Kafka ed Elias Canetti.

Ma non ha mai scritto in tedesco? L’autrice rivela di aver iniziato a scrivere proprio in tedesco e che la sua prima raccolta di poesie in tedesco, pubblicata nel 1989 da un editore della Germania: «Vivevo in Italia dall’83, ma in quegli anni tornavo spesso in Germania prima della morte di mio padre».

Janeczek ha potuto vivere anche dall’interno, e non solo come scrittrice, il mondo delle case editrici, segnalando a Mondadori e Adelphi nuovi e promettenti autori tedeschi da proporre in Italia: «Sono orgogliosa di essere stata la prima a proporre la pubblicazione in italiano di Winfried Sebald». «Ora un lavoro di questo genere – continua a raccontare la scrittrice – è molto più difficile che in passato, soprattutto se si tratta di suggerire autori di una letteratura straniera diversa da quella angloamericana o di un paese che non sia potente». Queste difficoltà sono date dalla tendenza del mondo editoriale ad essere, in parte, elitario: «Il problema sostanziale non è l’accesso in una casa editrice o la possibilità di pubblicare; infatti, qualche anno fa, quando c’è stato il boom degli esordienti, molti editori erano alla ricerca di nuovi autori. Oggi, però, il mercato è contratto e difficile, quindi le case editrici sono molto attente: è difficile che pubblichino un’opera che non si presenti come un grande successo di pubblico». Questa è una caratteristica – spiega l’autrice – tipica dei grandi gruppi editoriali, interessati a riscontrare un grande successo di pubblico, indifferenziato e generalizzato: «Non riescono più ad identificare un pubblico preciso ed instaurare un legame di fiducia nei lettori».

E le case editrici indipendenti, invece? «Con la crisi dei grandi gruppi editoriali il dato positivo è stato proprio lo sviluppo di quelli medi e medio-piccoli: hanno guadagnato delle grandi posizioni, stabilendo proprio quella fiducia tra lettori e casa editrice che risulta impossibile nel mondo dei gruppi editoriali maggiori. Si sono concentrate su un settore, andandosi a specializzare in un settore – come People, nata l’anno scorso e ospite a “Scrittrici Insieme” con il libro su Liliana Segre Il mare nero dell’indifferenza che pubblica saggi, o Iperborea che pubblica narrativa nordica – consolidatesi proprio in una cerchia di persone che leggono con frequenza».

Com’è vivere a Gallarate per una scrittrice? «Ci sono molti eventi culturali stimolanti durante l’anno come Filosofarti, che è di alto livello. Diciamo che Gallarate ha avuto sempre un’offerta culturale notevole, sarebbe bello se si valorizzasse di più le risorse che offre questa città: ad esempio, porto sempre gli ospiti degli eventi culturali a fare un giro per la città e la tappa fissa è la libreria “Carù”, da cui rimangono sempre affascinati. Quando vi entrano – in libreria ma anche nell’immenso magazzino sul retro – a vedere tutti quelli libri impazziscono sempre».

 

 

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Pubblicato il 15 Settembre 2019
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