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Due licenziati, tornano a protestare i magazzinieri di Sda e Poste

In agitazione i lavoratori di una cooperativa che tratta la mano d'opera all'hub di smistamento vicino a Malpensa. Avevano già protestato a marzo per chiedere il rispetto delle norme anti-Covid

Lonate Pozzolo generica

Tornano a protestare i magazzinieri e i facchini che lavorano nell’hub di smistamento di Sda e Poste a Lonate Pozzolo, vicino a Malpensa.

Avevano interrotto il lavoro, chiedendo il rispetto delle norme anti-Covid, già lo scorso 17 marzo, in piena emergenza Covid. E oggi tornano a protestare per denunciare il licenziamento di due lavoratori e le pressioni che avrebbero ricevuto altri, già sospesi a seguito di quella prima agitazione.

Sono «una settantina» i lavoratori che stanno partecipando alla protesta.
Sul luogo della protesta ci sono anche carabinieri e Polizia Locale di Ferno-Lonate Pozzolo.

Magazzinieri e facchini lavorano per una cooperativa, che in appalto gestisce il lavoro di Sda e Poste, uno scenario generalizzato nella logistica. La nuova protesta è legata appunto a quella di marzo, anche se non esclusivamente. La prima causa è infatti il licenziamento di due lavoratori, tra cui il delegato sindacale del Sindacato Operai in Lotta Cobas, sigla che rappresenta 17 iscritti e che è radicata soprattutto nel mondo della logistica.

«Ci hanno licenziato contestando che tenevamo il telefono privato in tasca, che è violazione del regolamento» dice Abiel Semane, originario dell’Eritrea, appunto uno dei due licenziati (l’altro è un collega cittadino italiano). Secondo gli operai si tratta di un pretesto: «Io sono delegato sindacale e potevo portare il telefono, ma loro volevano usassi quello dell’azienda, che però non uso solo io. Non è igienico anche in questo periodo di epidemia».

Oltre che nello specifico dei due licenziamenti, i lavoratori protestano appunto più in generale «per il diritto a lavorare in modo legale, rispettoso delle regole e attento alla salute».

  Denunciano anche la sospensione di sei magazzinieri – cinque italiani e uno stranieri
o, diverse donne – che avevano partecipato alla protesta di marzo. «Fatti rientrare solo dopo che hanno rinunciato al sindacato» dice il Sol Cobas

Pubblicato il 16 Giugno 2020
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