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Buona notte don Alberto

Il ricordo di una figura che ha svolto molti ruoli nei suo anni a Gallarate: animatore dell'arte e della cultura cittadina, prete dei giovani e vicino ai più sfortunati

don alberto dell'orto

In sella alla sua bicicletta, don Alberto Dell’Orto (scomparso ieri sera all’età di 80 anni) appariva spesso solitario, in mezzo al buio, sulla via che dal centro di Gallarate portava verso la chiesa dello Sciarè. Nel buio risuonava allora il saluto di chi lo riconosceva al volo, con quel suo profilo leggermente chinato sul manubrio: «Buonasera don Alberto» risuonava, pronunciato da un ferroviere di ritorno a casa, da una giovane pallavolista in uscita dagli allenamenti, da un ex ragazzo di oratorio diretto al pub del quartiere.

A Gallarate lo conoscevano tutti perché don Alberto è stato molte figure insieme: l’instancabile animatore del Teatro delle Arti, il prete dei ragazzi del Centro della Gioventù «quando alla domenica si faceva la messa nella cappella sopra il cinema», l’insegnante di religione al Liceo, il parroco dello Sciarè, quartiere popoloso e molto unito che sta oltre la stazione.

Non si poteva incasellare in una sola definizione, anche se quella dell’uomo di cultura è quella che i più ricordano. Arrivato a Gallarate nel 1964, gli fu affidato il Centro della Gioventù, con la sua sala cinematografica, «sala della comunità», come si dice nel mondo cattolico. Già i giovani universitari cattolici della Fuci avevano puntato alto (memorabile l’esordio del cineforum con “Le mani sulla città” di Rosi, denuncia della speculazione edilizia a Roma), ma fu il teatro la vera sfida, fatta con coraggio: «All’inizio c’era più paura, ma c’era anche l’entusiasmo di fare qualcosa di nuovo» , ricordava nel 2017 don Alberto.

Quel giovane sacerdote era già l’anima del Teatro, ma non era una impresa solitaria: accanto a sé ha saputo da subito aggregare altre persone: non mancava mai di ricordare i nomi di chi aveva costruito quell’esperienza. Non tanto per schermirsi, ma per sottolineare il valore comunitario. La sua impresa, a ben vedere, è stata quella: non arrendersi all’idea di una ben equilibrata proposta di divertimento in provincia (con le compagnie amatoriali d’oratorio, con i western e i film approvati “per tutti” dal Centro Cattolico Cinematografico), ma fare di quel palco e di quella sala un luogo di dibattito, d’incontro, di provocazione. Così riuscì a portare sul palco delle Arti Giorgio Strehler e un Dario Fo ancora scandaloso (prima volta nel 1993), rese centrale la riflessione sul legame tra teatro e parola biblica, con Parola e Mistero, e ospitando Carlo Rivolta pose le prime basi per Filosofarti.

E intanto non si dimenticò di dare spazio agli appassionati di musica, che portarono a Gallarate il grande jazz di Chet Baker e di Jerry Mulligan.

Andava orgoglioso del ruolo che il teatro ebbe nel dibattito, ricordava quando la sala ospitò don Helder Camara e don Tonino Bello, voci profetiche della Chiesa dei poveri.

La riflessione, il confronto, la provocazione non erano però per lui sganciati dal profondo attaccamento all’intera comunità: in parallelo a incarichi a livello diocesano, rimase un prete di città, prima a contatto con i giovani (prima all’oratorio, poi a scuola) e poi anche come punto di riferimento di una parrocchia, Sciarè, dal 1999. A ben guardare «lo Sciarè» era proprio il quartiere giusto per lui: popoloso e popolare, fin dall’inizio parrocchia di confine (la prima chiesa, negli anni Cinquanta, era un locale allestito sopra al circolo comunista), ma anche luogo di sperimentazione, con quella chiesa dalle forme audaci destinata a diventare anche luogo di rappresentazioni teatrali con la rassegna Parola e Mistero.

Anche negli ultimi anni era instancabile: per contattarlo bisognava telefonare in canonica a mezzanotte, quando era rientrato a casa in bici da i suoi impegni. A volte arrivava un po’ più tardi di mezzanotte, perché gli avevano rubato la bici: gliene hanno rubate una cinquantina, ma lui rimaneva fedele al mezzo. Forse perché dalla bici si vedono meglio le persone, si sentono i saluti.

Buonanotte, don Alberto.

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Pubblicato il 21 Agosto 2020
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