Outdoorformo al Lago Capezzone: quando la gita diventa avventura
Il racconto dell'escursione organizzata dalla Asd che si dedica alla montagna: grazie alle guide esperte, un problema si è trasformato in una piccola "impresa" per i partecipanti
L’idea era quella di arrivare in quota, oltre i 2400 metri, fare un bagno nel lago ghiacciato del monte Capezzone, e passare la notte in tenda, in riva al lago, per potersi poi gustare lo spettacolo dell’alba la mattina seguente. Ma per i venti soci dai 16 ai 70 anni che hanno affrontato la prima uscita post Covid della associazione Outdoorformo, lo scorso fine settimana, non è andato tutto come previsto.
«Quando è stato il momento di ritirarsi in tenda – racconta Roberto Pezzin, anima dell’asd Uisp dedicata alla montagna – è arrivato un temporale molto violento. Vento, grandine, in mezz’ora le tende si sono riempite d’acqua, rendendo impossibile dormirci dentro. Fino a qui, tutto normale: i temporali in montagna non sono certo una novità. Una volta passata la fase più violenta, però, la pioggia non è cessata: in meno di un’ora siamo passati dal caldo di agosto alla fredda umidità di novembre».
A quel punto, agli scalatori non è rimasto altro da fare che incamminarsi verso valle, anche se il sole era già tramontato da un pezzo. «La discesa è stata fatta in notturna – racconta Pezzin – con le torce. Oltre mille metri di dislivello, con gli zaini pieni e ogni cosa zuppa d’acqua. Ma le nostre guide sanno quello che fanno, e la sicurezza di tutti è in cima ai nostri pensieri, così il disguido si è trasformato in una bella avventura, un sentiero percorso in sicurezza e in allegria. E appena arrivati al paese, l’accoglienza degli albergatori del posto è stata incredibile: nonostante l’ora tarda e le restrizioni date dallo stato d’emergenza, abbiamo dormito tutti al coperto, con un pasto caldo e la possibilità di asciugarci».
Insomma, una disavventura diventata racconto di un’impresa da ricordare, anche se l’amaro in bocca, agli esperti di montagna, rimane. «Un temporale così, con una coda così lunga e “autunnale”, mi sembra un segno tangibile del cambiamento climatico in atto, perché in quota le perturbazioni dovrebbero essere molto più veloci – spiega Pezzin – non solo: prima della pioggia, abbiamo dovuto difenderci dalle zanzare, anche oltre i duemila metri. E poi la neve, che a quelle altezze si riduce ogni anno, per non parlare dei ghiacciai. Chi ama la montagna non può non notarlo: dobbiamo salvare il nostro pianeta. Ora».
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