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Cinofilia: “I nostri servizi essenziali per le famiglie”

Parla Sabrina Brusa, responsabile della CIAC, asd affiliata a Uisp: "Oltre mille e-mail, 3.500 firme. Vogliamo lavorare per il benessere di cani e padroni"

cane cinofilia uisp ciac

Un déjà-vu, drammatico, che rischia di mettere in crisi non solo un settore economico, ma anche tante famiglie che da quei servizi dipendono. È quello che sta succedendo al settore cinofilia, come racconta Sabrina Brusa, responsabile nazionale formazione cinofila e coordinatrice lombarda settore cinofilia Uisp. Oltre che “anima” di Ciac – Centro di Istruzione Amici del Cane, asd Uisp tra le più attive.

«Con il DPCM del 3 novembre scorso, il settore cinofilia è stato nuovamente messo in ginocchio – racconta Sabrina – non solo i centri cinofili sono stati equiparati a normali centri sportivi, ma tra le attività in chiusura sono stati inseriti i codici ATECO di educatori cinofili, esperti comportamentali e toelettatori. Non sono delle attività ludiche, o di secondo piano: stiamo parlando del benessere dei cani e soprattutto delle famiglie che li hanno adottati». Già, perché un cane, come spiega Sabrina, non ha solo bisogno di cibo e di una passeggiatina ogni tanto, ma di cure specifiche, educazione o rieducazione portate avanti da professionisti specializzati. «E interrompere un’attività di questo tipo può avere effetti deleteri sul comportamento del cane, quindi sulla serenità della famiglia».

Non solo: «Anche i tolettatori non sono una categoria professionale di serie B, nel nostro settore. Parliamo di centri dove è possibile effettuare trattamenti specifici, che mettano al riparo il cane, e quindi anche i padroni, da dermatiti o parassitosi che possono, in alcuni casi, essere pericolose anche per l’uomo». Insomma, che i cani non siano giocattoli, ma esseri viventi di cui prendersi cura in modo serio è ormai un dato di fatto per tutti. Ma, come è stato durante il primo lockdown, purtroppo chi se ne occupa in maniera professionale non è considerato.

Sabrina e i suoi colleghi non si arrendono: «Siamo in rete anche con i responsabili e coordinatori cinofilia di diverse associazioni – racconta Sabrina – siamo riusciti a creare un gruppo facebook di oltre 1200 partecipanti, “Riaprire i servizi di cura per gli animali da affezione in Lombardia”. Attraverso questo gruppo siamo riusciti a mandare oltre mille email a chiunque possa avere voce in capitolo: dal presidente lombardo Attilio Fontana ai vari assessori competenti, passando dal Coni all’Istituto Superiore di Sanità. Abbiamo creato una petizione su change.org che ha già superato le 3.500 firme».

Insomma, i professionisti della cinofilia stanno combattendo con tutte le armi democratiche possibili, ma se a maggio qualche risultato era arrivato, con la possibilità di lavorare mantenendo un rapporto uno-a-uno tra cliente e professionista, su appuntamento, oggi questa soluzione sembra non bastare più: «Ci hanno risposto dalla Regione dando la responsabilità al Governo. Ma a noi non interessa dare la colpa, vogliamo risolvere il problema».

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Pubblicato il 25 Novembre 2020
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