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Cielo grigio e caffè in tazza di ceramica: la “normalità” della zona gialla a Gallarate

Dopo una domenica di gran sole e gente per le strade e nelle piazze, l'ingresso in "zona gialla" ha il tono della normalità: una mattina uggiosa sì, ma con il ritorno alla socialità al tavolo

Generica 2020

Dopo una domenica di gran sole e gente per le strade e nelle piazze, l’ingresso in “zona gialla” a Gallarate ha il tono della normalità: una mattina uggiosa sì, ma con il ritorno del piacere del caffè in tazza al tavolino. E con la speranza di chi fa ristorazione e vuole ripartire.

Di lunedì mattina lavorano già a buon ritmo i bar, con i dehors all’aperto dove transitano vassoi e tazzine di ceramica, dopo mesi di caffè nel bicchierino di carta. In piazza alle 10 del mattino ci si perde in chiacchiere nella veranda della Botega Caffe Cacao e, di fronte, sotto alla “loggetta” di fronte alla chiesetta di San Pietro, dove i tavolini hanno preso il posto delle tante persone in piedi viste nelle settimane scorse.

In via Verdi i tavolini all’aperto sono ancora vuoti, ma il Barbaresco si prepara alla riapertura serale: «Noi abbiamo una sessantina di posti, ma dovendo prevedere tavoli da massimo quattro persone i posti effettivi sono più o meno quarantacinque» spiega Andrea. Sedie e tavolini sono in strada, «dentro al “recinto” già allestito l’anno scorso», individuato da paletti provvisori e corde.

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Il Barbaresco riapre sette giorni su sette, userà la possibilità di tenere aperto fino alle 22. «Fortunatamente abbiamo già qualche prenotazione, sperando che non piova». Il locale di Gallarate sconta un po’ la mancanza di coperture estese, a differenza del Barbaresco di Legnano che invece ha sofferto più nelle settimane scorse (essendo più ristoranti) e ora invece ha più spazi coperti all’esterno.

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Ovviamente lo spazio all’aperto è un nodo centrale: non a caso c’è chi già nelle settimane passate si era attivato con nuovi dehors, anche sulle strette strade del centro (come nel caso del Poké hawaaiano di via Manzoni): il Comune ha semplificato la procedura per la conferma dei dehors esistenti e promette attenzione alle nuove pratiche. Una panoramica su che cambiamenti ci saranno si potrà forse avere nei prossimi giorni.

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Per il resto al mattino resta il piacere di tornare a sedersi a un tavolino, che sia in centro o anche in un bar di quartiere ben attrezzato. «È lunedì mattina, ma certamente la possibilità di sedersi è una buona occasione, vengono le mamme dopo l’ingresso delle scuole, i pensionati della zona che si ritrovano» racconta Roberta del Bar dei Ronchi di via Sciesa 23, che ha riallestito l’area dehors.

Certo: la possibilità di avere uno spazio esterno coperto, in una settimana dove si annuncia pioggia, fa anche la differenza. «Io ho due locali: in centro sono in zona gialla, a Crenna è come se fossi in zona rossa» dice Andrea di Botega Caffe Cacao. La differenza la fa la veranda (aperta) presente in centro, mentre a Ronchi i posti sono solo a cielo aperto. La riapertura impone anche un po’ di lavoro in più, per assicurare il servizio puntuale, una certa “rotazione” ai tavolini e ottenere il massimo dai posti all’esterno.

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La Botega terrà aperto fino alle 20.30 e Andrea sottolinea comunque anche la necessità di rispettare per bene le norme anticontagio, indossando la mascherina quando non si sta consumando: così si può godere in sicurezza della possibilità di stare seduti, prendersi tempo, chiacchierare. «Io ho fatto un biglietto di cortesia ai tavoli chiedendo attenzione a questo aspetto, mi son preso parole perché mi hanno detto che non era nel Dpcm. Sarebbe interessante se anche le istituzioni dessero questo messaggio di attenzione, per consentire comportamenti corretti».

Anche perché fino ad ora ristoranti e bar hanno avuto limitazioni proprio per questo: perché quando si mangia o beve non si tiene la mascherina. Per ora comunque c’è da accontentarsi delle aperture limitate alle 22, ma l’attenzione è un’alleata della ripresa.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 26 Aprile 2021
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