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Come Zamberletti divenne il politico “a cui la Repubblica è grata”

"La Luna sulle ali", il libro scritto da Gianni Spartà e Lorenzo Alessandrini e pubblicato da Pietro Macchione editore racconta la vita del padre della Protezione Civile

copertina libro gianni spartà giuseppe zamberletti

Quello deputato in famiglia a fare i miracoli era Domenichino, il fratello mezzano scomparso prematuramente e in odore di santità. Ma anche il primogenito Peppino si distinse più laicamente nel grande miracolo di proteggere il Paese dalla natura matrigna. Non è dunque un’eresia affermare che il nome di Giuseppe Zamberletti in Italia è sinonimo di Protezione civile e per questo e a ragione, insieme a pochi altri, il Peppino del Sacro Monte di Varese verrà ricordato per sempre come uno dei giusti della politica italiana.

A due anni dalla scomparsa di Giuseppe Zamberletti, il giornalista Gianni Spartà e il funzionario della Protezione civile Lorenzo Alessandrini hanno pubblicato per Pietro Macchione Editore “La Luna sulle ali“, un libro che ricostruisce la storia del padre della Protezione civile italiana. «La Repubblica gli è grata per ciò che ha saputo dare alla comunità» scrive nel suo ricordo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il 29 gennaio 2019, data del funerale di Zamberletti, sul sagrato della basilica di San Vittore a ringraziarlo c’erano 60 milioni di italiani.

Niente male per uno che era destinato a fare l’albergatore al Sacro Monte, suonava il pianoforte a orecchio e si faceva chiamare Zambo dai colleghi democristiani e Zorro dagli amici radioamatori. Una carriera politica iniziata nella Democrazia Cristiana sui banchi del consiglio comunale e approdata nel 1968, quando aveva 35 anni, in parlamento.

Un approdo naturale perché Zamberletti frequentava già da tempo la capitale e i vertici nazionali democristiani che avevano potuto apprezzarne la grande capacità di mediare e la concretezza lombarda. Zambo era un fine politico, il primo e ultimo gollista all’interno di una Democrazia cristiana dominata dai dorotei. Una posizione politica così originale da essere corteggiato a più riprese dalla destra che aspirava alla modernità e alla repubblica presidenziale in salsa francese.

La sua vocazione definitiva fu segnata da due missioni agli ordini di Aldo Moro, che lo spedì nel Friuli devastato dal terremoto, e per conto di Giulio Andreotti nel Mar Giallo a salvare i People Boat vietnamiti che fuggivano dalla dittatura comunista a bordo di imbarcazioni improvvisate. Sarà però una spinta nemmeno troppo gentile del presidente partigiano, Sandro Pertini, a convincerlo che occorreva una legge organica per l’istituzione della Protezione Civile.

Il Capo dello Stato era stato infatti fischiato in Irpinia durante il terremoto del 1981, perché arrivato sul posto prima dei soccorsi. La spallata finale fu data dal drammatico caso di Alfredino Rampi, il bambino che cadde è morì in un pozzo artesiano nel paese di Vermicino, e che vide Pertini tra i protagonisti impotenti della prima tragedia nazionale trasmessa in diretta televisiva.

Il libro scorre tra aneddoti e ricordi che gli autori del libro lasciano alla spontaneità del racconto fatto in prima persona dallo stesso Zamberletti. Un affresco lucido e affascinante sulla politica della Prima Repubblica con alcune venature amare che pure fanno parte della vita e che Zamberletti affronta senza reticenze. Una di queste fu il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse.

Cossiga, allora ministro dell’Interno, gli diede l’incarico di verificare l’esistenza di uno spiraglio per una trattativa. Era più che uno spiraglio. Zambo venne infatti chiamato da monsignor Pasquale Macchi, allora segretario di Paolo VI, perché il 9 maggio Moro doveva essere rilasciato in Vaticano e nelle stanze pontificie ci sarebbe stato anche un riscatto già pronto da consegnare ai brigatisti rossi. Ma il 9 maggio 1978 Aldo Moro a San Pietro non ci arrivò mai.

Il libro svela anche la verità di Zamberletti sul caso Ustica e la fine tragica del Dc Itavia e dei suoi 81 passeggeri morti nel mare di Sicilia, rivelata sul letto di morte al capo della polizia Franco Gabrielli. «Tenete accesa questa fiammella, vedrete che avevo ragione io». La fiammella consisteva nell’ipotesi della bomba a bordo del Dc Itavia. Zamberletti era fortemente convinto che ci fosse un collegamento con la strage alla stazione di Bologna e che il mandante di entrambe fosse Gheddafi che aveva mal digerito un accordo dell’Italia per il controllo del petrolio sotto il mare di Malta.

“La Luna sulle Ali” è stato voluto fortemente dalla Protezione Civile, da Angelo Borrelli e dal sindaco di Varese Davide Galimberti che hanno firmato un protocollo per perpetuare le memorie di Zamberletti, raccontarne l’opera, promuovere la cultura del soccorso e della prevenzione sul fronte delle emergenze. Zamberletti in un testamento aveva espresso la volontà che una sua biografia venisse pubblicata sotto l’egida delle pubbliche istituzioni, utilizzando documenti e registrazioni sonore raccolte nel tempo, sbobinate e custodite da Lorenzo Alessandrini, funzionario della Protezione Civile e coautore del libro.

L’ultimo mistero riguarda il titolo “La Luna sulle ali”.  Zamberletti raccontando le emozioni dei primi viaggi in aereo a Roma dice: «Viaggiavo di notte su aerei postali. Mi affascinava il riflesso della luna sulle ali dell’aereo. Pensavo che la mia carriera in politica cominciava sotto il segno della bellezza».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it
Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.
Pubblicato il 02 Aprile 2021
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