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Il buio e la luce: il cappellano dell’ospedale di Gallarate ricoverato per mezzo anno

Don Gianluigi Peruggia era stato ricoverato in emergenza a Garbagnate: ha trascorso quattro mesi in ospedale e due in una clinica per la riabilitazione

don Gianluigi Peruggia

«Il sentimento di quel periodo era la solitudine. Il fatto di essere accudito per i bisogni più elementari mi costringeva a una rassegnazione mai provata prima».

È un racconto intenso, quello di don Gianluigi Peruggia, già cappellano dell’ospedale Sant’Antonio Abate di Gallarate, finito in ospedale – da paziente – dopo che è stato colpito in modo pesante dal Covid.

«Ho trascorso quattro mesi in ospedale (primo ricovero a Garbagnate Milanese, ndr) e due in una clinica per la riabilitazione. Sono stato ricoverato per Covid» racconta don Peruggia in una intervista al sito della diocesi di Milano, che propone spesso approfondimenti anche legati alla attualità. «Ho attraversato pesantemente le fasi della cura dalla terapia intensiva al reparto pneumologico semi-intensivo».

L’intervista propone anche riflessioni sull’attesa e la speranza, si conclude con le parole di una filastrocca per bambini: la trovate appunto su chiesadimilano.it, qui.

Il Covid ha colpito anche le parrocchie di Gallarate, in singoli fedeli ma anche tra i sacerdoti, con la scomparsa di don Elivio Banfi e dell’ex prevosto (poi vicario a Melegnano) Franco Carnevali. Tanti altri fedeli hanno vissuto mesi di dolore e fatica, per riprendersi dopo la malattia.

Ma la comunità cristiana gallaratese ha anche vissuto una storia di grande speranza, nei giorni dell’emergenza: è quella di don Fabio Stevenazzi, prete del direttivo della Comunità pastorale San Cristoforo di Gallarate che aveva scelto di tornare a fare il medico presso l’ospedale di Busto Arsizio.

L’onorificenza di Mattarella a Don Fabio, il prete di Gallarate che ha scelto di tornare in corsia contro Covid-19

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 14 Aprile 2021
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