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Luca Spada: “Un grande orgoglio aver portato Eolo così in alto”

Il fondatore e ceo di Eolo racconta come si è arrivati all'ingresso dei nuovi soci. ”È stata una delle operazioni più grandi nel mondo delle Tlc negli ultimi anni. Certo all'inizio, 15 anni fa, non potevamo immaginare di arrivare a 1,6 miliardi di valore"

Eolo generiche

Quattro anni fa erano entrati gli americani della Searchlight Capital Partners. Avevano acquisito il 49 per cento della società. Il 17 luglio è stata la volta di un fondo Svizzero, Partners Group, che ha preso il 75 per cento delle azioni per un valore di 1,2 miliardi di euro.

Una operazione che è stata annunciata alcuni giorni fa e che verrà perfezionata e conclusa dopo un lungo iter istituzionale. Intanto però è chiaro che Eolo, da buon dio del vento come è, vola e la sua quotazione arriva a 1,6 miliardi. La Partners Group ha rilevato l’intero pacchetto azionario del fondo statunitense e il restante 26 per cento dalla società riconducibile a Luca Spada e alla Elmec.

«È una delle operazioni più grandi degli ultimi tempi per il mondo delle telecomunicazioni. La consapevolezza di questi valori abbiamo iniziato ad averla un anno e mezzo fa». A  parlare con noi è proprio Luca Spada, fondatore e Ceo di Eolo.

Quanto 15 anni fa partì con questa impresa poteva immaginare che sareste arrivati fin qui e con un valore economico di oltre un miliardo e mezzo?

«Ma va… Quando nel 2006 è nata Eolo pensavo che sarebbe durata 5-6 anni. Immaginavo che Telecom si sarebbe mossa per contrastare il nostro progetto, poi invece è andato tutto diversamente. La nostra consapevolezza è cresciuta nel 2012 quando con Elmec decidemmo di rilevare le azioni da British Telecom e fare di Eolo una società tutta italiana, ma non potevo immaginare che saremmo arrivati a un valore di 1,6 miliardi».

Cosa è successo da quel momento?

«Nel 2017 è entrato il primo fondo statunitense. Searchlight Capital Partnerse valorizzò Eolo 400 milioni con meccanismi di calcolo che partivano da analisi moltiplicative sui ricavi lordi. L’azienda, negli anni subito successivi, stava crescendo tanto e applicando lo stesso coefficiente degli americani avevamo un’idea del valore. Per scegliere il nuovo partner c’è stata una vera e propria asta. Un anno fa si sono fatti avanti 42 soggetti interessati e alla fine siamo arrivati a otto. Negli ultimi due anni è cresciuta la consapevolezza dell’importanza della connessione internet fixed wireless come alternativa alla fibra ottica perché questa non arriverà ovunque. In Europa coprirà tra il 75 e l’85 per cento delle unità abitative. C’è quindi un mercato enorme di realtà non raggiunte dalla fibra ottica. Ormai è chiaro a tutti che il rame ha gli anni contati quindi per avere velocità a tante centinaia di megabit le uniche due tecnologie saranno la fibra e quelle su onde radio. Da qui si capisce perché i fondi si sono interessati a questo mercato e hanno esteso lo sguardo all’Fwa».

Eolo come è posizionata rispetto al mercato globale europeo per Fwa?

«Siamo i più grandi in Europa perché l’Italia era ed è un paese fertile per un operatore con questa tecnologia. Abbiamo tantissimi comuni soprattutto piccoli, valli con montagne e isole. Abitiamo in spazi frastagliati ed è più difficile collegare le case. Poi c’è stata una miopia ampia da parte dei governi precedenti. Vent’anni fa Telecom ha iniziato a diffondere le adsl nelle città tralasciando i piccoli comuni e chiedendo finanziamenti allo Stato per estendere la loro presenza nei piccoli centri. Non essendo state esaudite le loro richieste è nato il digital divide. Noi ci siamo sviluppati in queste condizioni favorevoli. Poi in questo anno e mezzo ci siamo ritrovati in due situazioni ancora  più importanti: con il covid il bisogno di connessione è esploso e molte operazioni di investimenti tradizionali per i fondi si sono rallentate».

Perché si fanno investimenti così importanti?

«In tutti questi anni non ho mai considerato Eolo come un’azienda da trasferire ai figli. Questo per due ragioni: è un settore che cambia repentinamente e la rete è diventata grande ed è un asset del Paese su cui si devono esprimere molti soggetti istituzionali. Per crescere e mantenere alto il livello tecnologico occorrono sempre forti investimenti. Guardando avanti mi piacerebbe che Eolo diventasse una public company».

Il progetto ora diventerà europeo?

«Sono 6-7 anni che operatori esteri arrivavano a chiedere di estendere la nostra presenza, ma la nostra preoccupazione era coprire bene l’Italia. Oggi possiamo dire che Eolo è una macchina che va avanti bene e continuando a crescere l’esigenza di allargare all’Europa è  quasi naturale. Per questo abbiamo scelto di ampliare la società. Personalmente stavo cercando qualcosa di nuovo e internazionalizzare mi piace tanto. È un orgoglio che questa tecnologia e questo modello nasca da noi e non ce l’abbia nessun altro. Il primo paese a cui ci rivolgeremo sarà la Germania e poi vedremo».

Eolo generiche

Come sarà il nuovo management. Eolo sarà meno legata al territorio?

«La squadra che vince non si cambia. I nuovi soci mi hanno chiesto di rimanere come Ceo per sei anni. La mia disponibilità è per i prossimi tre e poi si vedrà. Dobbiamo ancora valutare come sarà da un punto di vista societario se sarà necessario fondare nuove realtà per i singoli paesi, ma questi sono dettagli. Intanto alcuni nostri dirigenti avranno possibilità di crescere andando in giro per l’Europa. Poi abbiamo un piano di crescita che ci porterà presto a superare un milione e duecentomila clienti. Per finire abbiamo un nuovo piano di assunzioni».

Cosa hanno detto i nuovi soci della squadra di ciclismo?

«Gli è piaciuta molto perché loro la vedono come un’operazione marketing con un grande risvolto mediatico».

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it
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Pubblicato il 30 Luglio 2021
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