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Scuola in presenza e in sicurezza per tutti gli studenti: le richieste dei genitori

Guardano all'Europa e agli Usa i genitori per chiedere regole coerenti capaci di garantire la scuola in presenza per tutti gli studenti di ogni ordine e grado

prima a scuola varese e  provincia

Parte dai genitori di Prima a scuola Varese e provincia la lettera inviata al Comitato tecnico scientifico da tutta la Rete Nazionale Scuola in Presenza per chiedere che per l’anno scolastico 2021-2022 venga adottato un protocollo capace di garantire le lezioni in presenza per tutti gli studenti e in sicurezza, in linea con le evidenze scientifiche e con quanto stabilito dagli altri paesi europei e del G7. 
Di seguito il testo completo della lettera.

Egregi membri del Comitato Tecnico Scientifico,

la Rete Nazionale Scuola in Presenza, che rappresenta decine di migliaia di genitori, insegnanti e studenti in tutta Italia, apprende con sgomento il susseguirsi di dichiarazioni contraddittorie alla stampa sui requisiti per un rientro a scuola in presenza e in sicurezza per l’anno scolastico 2021- 2022.
L’Italia, secondo i dati ufficiali UNESCO, ha tenuto le scuole chiuse per un totale di 37 settimane dall’inizio della pandemia, il dato peggiore in Europa insieme con Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Slovenia. Questo dato inoltre rappresenta una media sul territorio nazionale, con alcune Regioni come la Campania, la Puglia, l’Emilia Romagna e l’Umbria dove sostanzialmente gli studenti di alcuni cicli non sono mai tornati in presenza.

In Europa e in Usa

Ad oggi, l’evidenza scientifica internazionale è chiara e indubbia nel puntualizzare che le chiusure scolastiche non portano alcun beneficio nel contrasto alla pandemia e sono, anzi, associate a gravi effetti sulla preparazione, sulla salute fisica e mentale della popolazione scolastica, come evidenziato dal CDC americano, dall’ECDC , dall’OMS , e come riassunto in un recente articolo su Nature : ogni periodo passato in Didattica a Distanza corrisponde ad un mancato apprendimento e per questo la DAD è stata quasi totalmente evitata, nel corso dell’anno scolastico appena chiuso, in Paesi come l’Olanda, la Spagna, la Francia, la Svezia e il Belgio, che hanno mantenuto sempre la scuola in presenza durante l’anno scolastico, imponendo una sola settimana aggiuntiva di vacanza a ridosso delle vacanze pasquali nel caso di Belgio e Francia. Per questo motivo il CDC americano ha appena pubblicato delle linee guida per il prossimo anno scolastico che sottolineano come la frequenza scolastica debba essere garantita in presenza in ogni caso anche se non si riescano a soddisfare tutte le raccomandazioni per la sicurezza indicate dallo stesso CDC.

La Rete ritiene quindi necessario evidenziare le attuali contraddizioni che riguardano il protocollo di sicurezza concepito dal Comitato per le scuole italiane, con l’obiettivo di definirne uno più equilibrato per il prossimo anno scolastico 2021-2022, che metta come priorità la presenza a scuola, al pari degli altri paesi del G7.

Definizione di “contatto stretto” e conseguente quarantena

Secondo il documento del Ministero della Salute chiunque entri in contatto con una persona che ha contratto il COVID-19 senza mascherina per più di 15 minuti è considerato un contatto stretto in tutti i contesti sociali. Questo criterio però nel contesto scolastico viene totalmente sovvertito: nonostante bambini e ragazzi dai 6 anni compiuti siano obbligati in Italia (contro le stesse raccomandazioni dell’OMS e a dispetto della sentenza del Tar del Lazio) a tenere la mascherina anche in posizione statica al banco e con distanziamento, tutti gli alunni di una stessa classe vengono considerati come contatto stretto di una persona positiva al COVID-19 e pertanto obbligati alla quarantena anche se distanziati, provvisti di Dpi e negativi al test PCR. È chiaro che questa diversa definizione di contatto stretto rappresenta una palese discriminazione degli studenti (rispetto al resto della popolazione, compresi insegnanti e personale ATA) assolutamente priva di fondamento scientifico e fortemente punitiva nei confronti di bambini e ragazzi. Se bisogna tenere la mascherina in classe, allora nessun alunno deve essere considerato contatto stretto di un eventuale positivo, esattamente come avviene nel resto della popolazione e dei contesti sociali. Preme inoltre rilevare che i protocolli sanitari in Italia non hanno avuto formulazione omogenea: ogni regione ha arbitrariamente adeguato i criteri di tracciamento e diagnosi a scuola creando di fatto una situazione di forte disparità da una regione all’altra, situazione giuridicamente inaccettabile, come abbiamo già avuto modo di segnalare, in un incontro a Trieste, al Presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga.

Utilizzo della mascherina in posizione statica al banco

All’inizio dell’anno scolastico 2020-2021 l’utilizzo della mascherina al banco non era obbligatorio, e del resto ad oggi non è obbligatorio neanche nei bar e nei ristoranti quando si è seduti al proprio tavolo e si mantiene il distanziamento. Pertanto la richiesta di mantenere la mascherina anche in posizione statica al banco e in presenza di distanziamento rappresenta un altro elemento di discriminazione degli studenti rispetto al resto della popolazione, che può invece rimanere seduta in qualsiasi luogo chiuso senza mascherina se il distanziamento viene rispettato. L’OMS raccomanda semplicemente di mantenere un metro di distanza di sicurezza tra studenti seduti al banco, senza mascherina, fino ai 12 anni, ritenendo che o il distanziamento o la mascherina siano singolarmente sufficienti e questa indicazione è adottata nella maggior parte degli altri Paesi europei. Da notare inoltre che ristoranti e bar non hanno requisiti specifici di aerazione come invece avviene per le scuole. Ricordiamo che anche il TAR Lazio si è espresso su questo punto, confermando che l’utilizzo delle mascherine sotto i 12 anni è inutile e dannoso, tenuto conto anche della scarsissima contagiosità delle fasce pediatriche rispetto al resto della popolazione e dell’elevatissimo tasso di vaccinazione tra gli insegnanti e il personale scolastico (85%).
L’utilizzo della mascherina a scuola per gli studenti, anche in posizione non statica, fino a 12 anni si ritiene non necessario in particolare nelle scuole primarie, ed infatti essa non è stata utilizzata neanche nello scorso anno scolastico in numerosi paesi Europei, come la Gran Bretagna, la Svezia, l’Olanda, e il Belgio. L’evidenza dell’andamento della pandemia in questi Paesi e in particolare i dati sui contagi fino ai 12 anni dimostrano chiaramente che non ci sono differenze rispetto al nostro paese. Inoltre, al momento in Francia la mascherina non è obbligatoria in qualsiasi spazio esterno alla scuola, e il governo spagnolo ha già proposto l’eliminazione delle mascherine al banco mantenendo il semplice requisito di 1,2 metri di distanziamento, così come evidenziato dalle più recenti evidenze scientifiche sulla trasmissione del virus nei luoghi chiusi.
Va inoltre ricordato che, in particolare nella scuola primaria, l’utilizzo di mascherine per il totale tempo di permanenza in classe può comportare ritardi nell’apprendimento. Nelle scuole superiori l’uso della mascherina può costituire una misura di mitigazione necessaria e sufficiente ove non sia possibile assicurare il necessario distanziamento.

Areazione dei locali

Le raccomandazioni sull’aerazione dei locali scolastici non sono chiare e univoche, lasciando una forte discrezionalità. Chiediamo che le indicazioni sull’aerazione siano univoche, calcolate sul volume delle aule a disposizione, sul numero di studenti presenti in aula, e si limitino alle best practices individuate, ad esempio, in Germania: aprire le finestre per almeno 5 minuti ogni 20 minuti, in concomitanza di un distanziamento di 1 metro tra uno studente e l’altro.

Test e screening

Come già ricordato in una nostra precedente comunicazione al Comitato, e come sottolineato dall’OMS recentemente, screening e test vanno utilizzati nel caso di individui asintomatici solo per specifici gruppi (quali i contatti di casi confermati di COVID-19) e gruppi molto esposti come coloro che lavorano nella salute pubblica come medici e infermieri. Pertanto legare la presenza a scuola ed eventuali strategie di test e screening sarebbe assolutamente ingiustificato sia dai dati sui contagi nelle scuole italiane che da quelli condotti sulle scuole all’estero.

Mancato utilizzo dei fondi stanziati

Cogliamo l’occasione per ricordare anche che – dopo un anno e mezzo di stato di emergenza e scuole chiuse con grave danno per gli studenti italiani e le loro famiglie – ad oggi, nonostante i fondi stanziati, non sono pervenuti gli interventi promessi per:
– Migliorare i trasporti o prevedere trasporti specifici per gli studenti delle classi di scuola secondaria superiore. Per quale motivo il compito di alleggerire tali trasporti viene gravato solo sugli studenti (e sugli insegnanti, obbligati ad allungare l’orario di lavoro a causa dello sfalsamento degli orari d’ingresso a scuola) e non sulle altre categorie di utenti?
Identificare ulteriori spazi per la didattica che si rendano necessari in particolari contesti per garantire il distanziamento tra alunni
Potenziare ove necessario l’aerazione dei locali, ove il necessario distanziamento non sia possibile, come raccomandato dall’OMS.
– Avviare azioni di recupero delle competenze perse dagli studenti, e degli studenti stessi che hanno abbandonato la scuola durante un anno e mezzo di chiusura: le azioni intraprese finora non sono state sufficienti né adeguatamente estese e omogenee sul territorio nazionale.

La varianti

La Rete sottolinea anche che le affermazioni a mezzo stampa su presunte maggiori aggressività delle così dette varianti del virus nei confronti di bambini e ragazzi sono state completamente smentite dai dati scientifici: nei mesi di febbraio-marzo 2021 fu diffusa la notizia che la così detta “variante inglese” colpisse soprattutto i bambini, non era vero ma sulla base di questa notizia furono chiuse le scuole.
Allo stesso modo, i dati raccolti dall’ufficio statistico inglese sugli ultimi mesi di scuola in presenza, quando la Variante Delta era già ben presente in Gran Bretagna hanno mostrato che bambini e ragazzi sono comunque sempre la fascia d’età meno colpita, né la variante ha dato luogo a maggiori casi in ambito scolastico rispetto al periodo precedente e si evidenzia che per alcune fasce di età, in particolare 0-12 anni, l’andamento dei contagi risulta stabile da settimane.
Valutiamo inoltre eticamente, giuridicamente e scientificamente arbitraria e fuorviante l’adozione di misure drammatiche (come la sospensione della scuola in presenza) sulla base del puro andamento dei contagi, anziché delle ospedalizzazioni e delle Terapie Intensive, fermo restando che la fascia di popolazione adulta a contatto con i minori è già vaccinata.
Il vero problema, evidenziato anche dall’esperienza inglese nella gestione dei contagi nelle scuole, è risultato essere l’adozione di protocolli illogici che relegano in quarantena intere classi in caso di un alunno positivo: rispetto agli alunni attualmente in quarantena in UK solo il 4% è risultato positivo.

Per tale motivo, d’ora in poi ogni affermazione a mezzo stampa, da parte di singoli esponenti scientifici o istituzionali, che non riporti la realtà dei fatti ma tenda a creare soltanto un clima di confusione e diffidenza verso l’apertura delle scuole in presenza e la fruizione di attività extra-scolastiche per bambini e ragazzi diventerà oggetto di immediata contestazione nelle opportune sedi, civili e penali, da parte della Rete, in assenza di evidenze certe e incontrovertibili.

Da ultimo, la Rete Nazionale Scuola in Presenza rileva che il Regolamento Europeo (UE) 2021/953 “Green Pass” prevede espressamente che “è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti-COVID-19 è attualmente somministrato o consentito o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinati, o perché hanno scelto di non vaccinarsi”. La Rete ritiene le disposizioni del Regolamento sufficientemente chiare nell’escludere qualsiasi tipo di discriminazione, ad esempio l’imposizione della Didattica a Distanza parziale o totale a quei bambini e ragazzi che non sono vaccinati o la sospensione del servizio scolastico in presenza tout court in base a criteri di “epidemiologia difensiva”. Laddove il resto della popolazione italiana può normalmente recarsi al lavoro, e bar e ristoranti e altri servizi continuano ad essere aperti al pubblico, è fondamentale che anche la scuola, a maggior ragione, lo sia.
La Rete Nazionale Scuole in Presenza riconosce l’efficacia per la salute pubblica dei vaccini “tradizionali”, che da decenni sono somministrati ai bambini, e riconosce l’efficacia del vaccino anti-COVID, necessario per prevenire un decorso grave della malattia in quei gruppi in cui il rapporto costi/benefici è positivo per età o comorbidità. Tuttavia, come hanno sottolineato le maggiori istituzioni scientifiche europee ed internazionali (dall’ente vaccinale tedesco Stiko a quello britannico JCVI, dal Consiglio Nazionale di Bioetica francese, all’OMS) il vaccino ai bambini “non è una caramella” ma un trattamento sanitario preventivo da somministrare solo a chi ne ha bisogno. Sarebbe un inedito giuridico epocale richiedere la vaccinazione a una fascia di età che non ne ha bisogno, per andare a proteggere non se stessa ma un’altra fascia di età che peraltro è già vaccinata. Per tale motivo nei principali Paesi europei si è deciso di non raccomandare la vaccinazione in fascia 12-18 anni, laddove in Italia alcuni politici e purtroppo anche esponenti del mondo scientifico – invadendo lo spazio della politica e della Legge – si sono spinti ad auspicare che venga considerata addirittura un requisito necessario per la frequenza scolastica, perpetrando un doppio dolo, scientifico e giuridico/etico: la sana politica e il bene dei cittadini non si fanno attraverso la sottrazione di diritti.
Laddove le evidenze scientifiche non venissero tenute in conto e si verificasse una palese violazione dei diritti costituzionali dei cittadini e soprattutto dei minori, la Rete non esiterà a richiedere immediatamente una procedura d’infrazione per lo Stato Italiano alla Commissione Europea, oltre ovviamente ad esperire le già utilizzate vie legali tramite ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato, che, ricordiamo, hanno sancito la completa legittimità della richiesta di scuola in presenza per tutti gli studenti di ogni ordine e grado.

Cordialmente, Firma: Rete Nazionale Scuole in Presenza

 

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Pubblicato il 14 Luglio 2021
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