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Pedemontana, “altri soldi pubblici per l’autostrada più cara d’Italia”

Doveva essere in project financing, ma da mezzo decennio arranca tra poco uso e difficoltà finanziarie. Dario Balotta, di Onlit, mette a nudo l'enorme impiego di risorse pubbliche su un progetto in difficoltà

accertamento mancati pedaggi

Altri soldi pubblici, pur di portare a compimento la autostrada Pedemontana, «la più costosa e la più in ritardo nella realizzazione d’Italia».

Doveva essere un nuovo modello, con l’intervento dei privati nella costruzione, ma di fatto si è tornati a un modello privato nella gestione ma con soldi messi dallo Stato, più o meno indirettamente.

Lo denuncia ancora oggi Dario Balotta, l’ex sindacalista dei trasporti che oggi – con l’Osservatorio liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti – è una voce critica sulla via lombarda allo sviluppo delle reti.

«Non sorprende che ora con i lavori fermi dal 2015, dopo aver realizzato le prime tre tratte di 23 km, per completare la Pedemontana si sia ricorso alle banche pubbliche Bei e Cassa depositi e Prestiti per ottenere la provvista finanziaria di 2 miliardi necessaria per continuare l’opera. Opera iniziata nel 2010 e che doveva essere completata nel 2015. E che è già costata 56 milioni a KM (4 in più di Brebemi) e già detiene due record: essere la più costosa e la più in ritardo nella realizzazione d’Italia. L’autostrada che doveva essere realizzata con un project financing e che ha contato su un contributo a fondo perduto di 1,2 miliardi da parte dello Stato, una volta divorati questi soldi pubblici, si è arenata».

pedemontana tratta B2

Dal 2015 l’opera si è fermata in Brianza, al complesso nodo che prevede l’integrazione nel trattato di un tratto di superstrade esistenti. Dalla Brianza centrale si dovrebbe poi proseguire verso la Bergamasca, per approdare a Dalmine, quasi alle porte di Bergamo, “tagliando” il nodo di Milano, con le trafficatissima tangenziale tra Cormano e Agrate. I sostenitori dell’opera ritengono che solo il completamento darà alla Pedemontana la spinta che fin qui è mancata (i dati dei transiti sono molto sotto le aspettative, seppur in leggera crescita).

Secondo Balotta invece proprio il ricorso a risorse pubbliche è la spia che il progetto non funziona: «Il mercato finanziario in più di una occasione ha mostrato di non aver fiducia nel progetto. Ciò vista la crescita dei costi, l’allungamento dei tempi, gli enormi problemi ambientali (la diossina a Seveso) da superare e il traffico che è stato sovrastimato per giustificare il progetto. Le banche private sono state attente a non prendersi questo rischio, non credendo alla promessa che l’opera si sarebbe ripagata con i pedaggi. Per rianimare Pedemontana, la Regione Lombardia, azionista di controllo, che ha già sborsato 350 milioni di aumento di capitale e trasformato in prestito una garanzia di 900 milioni del 2017 per non farla fallire ha adottato la soluzione più comoda già presa dalla Brebemi. Visto che nessuna banca voleva assumersi il rischio di non vedersi restituito l’enorme prestito richiesto si è fatto intervenire lo Stato che ha messo in campo i più importanti istituti di credito pubblici; la Cassa Depositi e Prestiti e la BEI (16% di quote dello Stato Italiano). Attenzione però, completata da 6 anni la Brebemi ha il traffico di una modesta strada provinciale, ha chiuso tutti i suoli bilanci in rosso e non ha ancora cominciato a pagare i mutui contratti, con la Bei e alla Cassa Depositi e Prestiti».

Pubblicato il 02 Settembre 2021
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