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Rose rosse

di Elda Caspani

“son rose rosse e parlano d’amor”

Era accaduto tutto troppo in fretta: tante cose da fare, decisioni da prendere, non c’era stato il tempo di elaborare il dolore per la perdita della persona che più amava, anzi, aveva amato, doveva abituarsi a usare il passato.
Solo pochi giorni fa erano in montagna a camminare, la loro prima gita senza figli oramai grandi abbastanza per badare a loro stessi.
Un’escursione familiare, un percorso che avevano fatto parecchie volte, da soli, con gli amici, con i bambini, niente di pericoloso, dovevano solo stare un po’ attenti, perché in montagna nulla è mai dato per scontato.
Oltrepassata una forcella Giovanna si era girata a guardarlo, sorrideva, gli mostrò un prato punteggiato di fiori giù in basso, disse qualcosa che in quel momento lui non comprese.
“Cos’hai detto, ripeti, non ho capito”
“È là che voglio stare” rispose, poi si mise a scendere in fretta, come scendono i montanari saltando sui sentieri difficili, un piede qua e uno là.
Un ruzzolone, era inciampata in un sasso, oppure si era buttata giù?
Questo era il pensiero che l’angosciava. Lei era come un capriolo, saliva e scendeva con sicurezza da rocce e tratti impervi, una scalatrice, come aveva potuto cadere in quel punto e finire proprio nel prato? Rivedeva la scena in dettaglio al rallentatore e l’idea che si fosse buttata di proposito diventava quasi certezza, ma non l’avrebbe detto a nessuno, non avrebbe saputo spiegare il perché di questa sua percezione.
La cerimonia era stata bella, centinaia di persone erano intervenute e ora si aggiravano nella piazza chiacchierando a voce bassa. Aveva stretto tante mani, stordito dai fiori nella chiesa non aveva visto veramente nessuno. Gli sembrava di essere sospeso sopra una nuvola e guardando giù vedeva quella gente da estraneo, da spettatore, come se non lo riguardasse. Era vuoto, senza sentimenti, nessuna emozione. I ragazzi vicini a lui, pallidi, spaventati, gli dissero che sarebbero andati dagli zii.
Non ebbe il coraggio di dire: “no, questa sera stiamo insieme”. Avrebbe preferito averli accanto. Invece.
Entrò in casa, era solo. “Com’è potuto accadere?” si chiese per l’ennesima volta riandando a quel momento, rivide nella mente ogni fotogramma della scena, pensò a ogni parola detta durante il giorno, scoppiò a piangere.
Poi notò su di un tavolino d’angolo un mazzo di rose rosse, sedici. Le guardò incuriosito, da quanto tempo erano lì, era sicuro di non averle viste prima, ma forse non ci aveva fatto caso con il trambusto di quei giorni. Pensò: rose rosse, a un funerale, quasi appassite, assurdo. E perché sedici?
Ma, conosceva davvero sua moglie?
Nascosto sotto il vaso trovò un biglietto, lo lesse: “ti amo”

(Ispirato a Grazie dei fior, Nilla Pizzi, 1951)

Racconto di Elda Caspani, fotografia di Stella Crowhurst

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Pubblicato il 12 Settembre 2021
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