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Dalle erbe di san Giovanni alla barca di San Pietro, ecco tutte le tradizioni di giugno che “fanno bene allo spirito”

Cesarina Briante, scrittrice, amante delle tradizioni popolari del Varesotto e non solo, racconta alcune delle usanze ereditate dal passato e ancora diffuse

barca di san pietro

La parola folklore viene utilizzata in molti casi per designare le rievocazioni recenti di alcune festività antiche. Molte usanze sono state tramandate nei secoli e hanno subito l’influenza dei costumi, delle mode, dei gusti personali. Il termine Folklore venne utilizzato a partire dal 1846 su proposta dell’archeologo e scrittore William John Thoms che aveva tratto ispirazione da alcuni vocaboli antichi di origine sassone: FOLK (popolo)e LORE (sapere). Da questa locuzione si intuisce come il folklore indichi il “sapere del popolo”, le tradizioni legate anche alle classi popolari più semplici.

L’attività spirituale di una comunità dà vita a tutte quelle abitudini e conoscenze che rispondono a bisogni, che si dimostrano utili alla collettività, eliminando o modificando tutto ciò che non si rivela più funzionale. Tra le manifestazioni del folklore si inseriscono le favole e le leggende, i racconti e i proverbi, i canti e le danze, le parlate in rima e gli indovinelli, le feste, i costumi, le usanze collettive e familiari, ma anche le superstizioni e le pratiche magiche, gli enigmi: una dimensione sospesa tra realtà e immaginazione che si accompagna alla storia, alla fede, alla filosofia degli avi. Molte tradizioni che ormai potrebbero dirsi superate sopravvivono al tempo così come sopravvivono i ricordi, la bellezza infinita di ripetere i gesti di chi ci ha preceduto, di fare tesoro del fascino infinito della saggezza degli antichi.

Tenere in vita un’abitudine che ha accompagnato la vita dei nostri nonni, assume i toni di un messaggio d’amore, di stima: ciò che ci è stato insegnato non viene scordato o peggio, cancellato, ma vissuto con la stessa emozione e speranza di chi lo ha tramandato; è come un filo sottile che non ci separa mai completamente da chi abbiamo amato. In questo contesto le tradizioni e i riti legati al mese di giugno assumono un ruolo di rilievo. I momenti di passaggio delle antiche feste contadine e i cambi di stagione hanno scandito il tempo e la vita del popolo da sempre.
Il Solstizio estivo vede il trionfo della Luce, il Sole al suo massimo potere. L’astro trovava riflesso nei grandi falò che prolungavano il tempo dei festeggiamenti, i riti legati alla rinascita, il fuoco che donava al sole la forza destinata a declinare. Per questo il Solstizio è visto da sempre come un momento magico in cui le forze della natura sono all’apice e che si esprime attraverso l’uso delle erbe. La tradizione vuole che le erbe destinate agli incanti e alle cure venissero sostituite. Si gettavano nel falò: mentuccia, ruta, salvia, finocchietto selvatico, rosmarino … e il fumo aveva il potere di scacciare il male, di purificare l’aria.

Il vischio, l’artemisia e l’iperico erano legati ai rituali della tradizione celtica, pagana e poi cristiana. Anche la rugiada veniva considerata particolarmente potente: un’acqua carica di forza, simbolo dell’unione mistica tra Sole e Luna, un dono della Dea Diana, il cui culto era ben diffuso anche nel Varesotto. Con il tempo l’immagine delle Dee e delle donne che eseguivano i riti assunse la connotazione di streghe. I significati si associano ai miti e ogni luogo ha le sue leggende e le sue credenze, ma i riti del Belpaese non si discostano molto l’uno dall’altro.

23 giugno, San Giovanni 

L’usanza di raccogliere le erbe il 23 giugno, vigilia del giorno dedicato a San Giovanni, non è mai tramontata: le erbe aromatiche vengono colte nelle campagne e nei boschi. Il mazzetto va immerso in una bacinella e lasciato alla luce lunare la notte tra il 23 e il 24 giugno. La mattina successiva si utilizza l’acqua profumata per lavarsi le mani e il viso così da propiziare la fortuna, la fecondità e mantenere intatta la giovinezza.
L’oleolito di iperico veniva invece usato a scopo curativo contro scottature e per i massaggi muscolari. Fermo restando che ognuno ha un proprio metodo eccone una ricetta: in un barattolo di vetro porre alcuni fiori di iperico fresco, l’ideale è metà vasetto poi aggiungete olio extravergine d’oliva o olio di girasole lasciando uno spazio vuoto di circa un paio di centimetri dal bordo. Chiudetelo e esponetelo alla luce solare per almeno una quindicina di giorni, avendo cura di agitarlo una volta al giorno.
L’olio assumerà un colore sui toni del rosso e a questo punto filtratelo e travasatelo in una o più bottigliette di vetro scuro da conservare al buio.
In questo periodo si dava iniziazione all’uso del pendolo, si faceva passare un filo nell’anello di fidanzamento, si immergeva per tre volte in acqua il pendolo così ottenuto e si iniziava a porre domande all’oggetto. Risposte si ottenevano anche da una chiave che veniva tenuta tra due dita o nella serratura a metà giro: se la chiave scattava o cadeva si otteneva un sì o un no. La divinazione con le chiavi prende il nome di cleidomanzia e nei tempi antichi veniva anche utilizzata per definire la colpevolezza di un indiziato. In termini più poetici le giovani donne usavano le chiavi per la divinazione riguardo le nozze o l’eventuale fidanzamento.

La barchetta di San Pietro

Le tradizioni si prolungano fino a fine mese, segno della vittoria della luce della stagione calda e feconda, sull’oscurità e sul gelo invernale. La barchetta di San Pietro si effettua con l’albume dell’uovo posto in una brocca d’acqua che andrà posizionata su un davanzale o meglio, al suolo. Il piano d’appoggio reso caldo da una giornata di sole e l’umidità della notte creeranno un contrasto che farà coagulare l’albume e l’immagine ottenuta verrà utilizzata quale pronostico. Solitamente la figura ricorda una barca, la barca di San Pietro e se i pennoni saranno alti e le vele spiegate buon auspicio, al contrario pennoni bassi e vele ammainate si prospettano tempi difficili. Un metodo che i contadini usavano per conoscere l’andamento del raccolto. Ma non è solo la barca che prende forma alla luce lunare, spesso si intravvedono figure di animali, gatti e serpenti, piante, edifici… ognuno trova risposta seguendo il proprio istinto, ma forse la magia di questi rituali non è nel conoscere il futuro ma il ritrovare, per un attimo, la dimensione (e la poesia) di un passato che ha scandito il tempo dei nostri avi…
(N.B: Nell’uso delle erbe si consiglia di interpellare un’erborista o un medico, alcune piante possono rivelarsi infatti nocive o provocare reazioni individuali. Le usanze qui riportate hanno scopo culturale e non sostituiscono in alcun modo le figure professionali).

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Pubblicato il 22 Giugno 2022
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