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Guerra e sanzioni, senza lavoro 35 dipendenti Aeroflot in Italia

Sono trentacinque i lavoratori coinvolti, su cinque scali italiani. Stretti tra le sanzioni che hanno causato il blocco dei voli e la posizione della compagnia, che ha licenziato subito

Aeroflot a Malpensa - di Massimiliano Banda

Con la fine del mese di maggio scatta il licenziamento collettivo per i 35 dipendenti italiani di Aeroflot, la compagnia aerea russa estromessa dai cieli d’Europa a causa delle sanzioni seguite all’invasione dell’Ucraina a febbraio.

È dal 27 febbraio che i voli Aeroflot non toccano più l’Italia, così come gli altri Paesi UE: il blocco delle relazioni per via aerea è stata una delle prime mosse sul piano delle sanzioni internazionali alla Russia, che hanno colpito anche la compagnia Aeroflot, un pezzo importante dell’immaginario russo (la compagnia che un tempo teneva insieme un impero; foto: Massimiliano Banda, a Malpensa).

In Italia Aeroflot ha – o meglio dire aveva – trentacinque dipendenti, italiani e italo-russi, presenti in piccoli nuclei tra gli scali aeroportuali di Milano Malpensa, Roma Fiumicino, Venezia Tessera, Napoli Capodichino.
Già in una prima fase la compagnia aveva sottolineato, con i suoi dirigenti, come le difficoltà fossero legate più che al blocco dei voli al blocco dei conti  («I soldi per coprire gli stipendi, le tasse e altri servizi, come il rimborso dei biglietti, sono stati inviati regolarmente»). Analoghe limitazioni – con meno dipendenti coinvolti – anche per la Belavia, la compagnia bielorussa.

In ogni caso già a inizio aprile era scattata la procedura di licenziamento, poi passata come da prassi per la mediazione al ministero del Lavoro. La compagnia russa comunque ha tenuto il punto sul licenziamento, formalizzato il 25 maggio, con un atteggiamento simile a quello che si è già visto per altri casi di vettori aerei, come quello di Air Italy, messa in liquidazione volontaria da Qatar Airways. E come per Air Italy i sindacati avevano chiesto la cassa integrazione per cessazione di attività, che richiedeva però anche la volontà dell’azienda di collaborare.

Pubblicato il 01 Giugno 2022
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