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L’avvocato Romano non si candida sindaco a Gallarate

"Troppi impegni lavorativi", spiega. Anche l'ostacolo burocratico della presentazione della lista ha mostrato le difficoltà del gruppo a proporsi. "Continuerà a esserci per la città"

avvocato Pietro Romano

Dopo qualche giorno di indecisione, Pietro Romano alza bandiera bianca: «Non mi candido sindaco: troppi impegni lavorativi a cui far fronte», dice l’avvocato, noto per tante battaglie e per casi eclatanti che l’hanno spesso portato sulle pagine dei giornali.

Già ad agosto Romano aveva premesso che il suo impegno era in parte vincolato alla presenza di un gruppo compatto che lo sostenesse.

Quest’anno il quadro elettorale è particolare: anche la fase “burocratica” di presentazione delle liste è caduta in piena estate, visto che la scadenza è tra venerdì e sabato, 3 e 4 settembre.
L’impegno burocratico non è secondario: ci sono i documenti da raccogliere, i certificati penali richiesti a ogni candidato, le firme a sostegno della lista (possono firmare tutti i cittadini, non si assume nessun obbligo ma ogni cittadino può firmare una e una sola lista). Ed è proprio in questa fase che il gruppo di Romano – la lista si sarebbe chiamata “Gallarate al centro” – si è rivelato troppo poco compatto. Càpita, specie appunto in una tornata elettorale estiva come questa, certamente anomala.

Romano si era candidato già nel 2016, negli anni è stato protagonista di alcune denunce pubbliche eclatanti – come quelli a sostegno di alcuni senzatetto – e anche di una segnalazione (su via Mazzini e la “tangente al quadrato”) confluita poi nell‘inchiesta Mensa dei Poveri.

Per questo l’avvocato non ritiene certo di aver finito il suo impegno politico, anche se sui generis, fuori da partiti o piste: «Io credo di poter far politica anche con i casi di cui mi occupo: l’ultimo caso – che chiama in causa il contrasto alla violenza sulle donne – credo sia un esempio valido».

E invece da un punto di vista di politica attiva? «Se qualcuno mi chiederà di dare il mio contributo io ci sono: so di cosa ha bisogno la città, bisogna avere una prospettiva a lungo termine. Faccio l’esempio delle panchine eliminate dal sindaco Cassani: un “cerotto” su una ferita che non si cura certo così e che rischia di peggiorare. O ancora potremmo parlare di Palazzo Minoletti e del Casermone dell’aeronautica, dell’assenza di spazi per i giovani. Sono tanti i temi».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 02 Settembre 2021
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