L’inarrestabile caduta della Pro Patria, fino alla Serie D
La retrocessione in Serie D dei tigrotti chiude nel peggiore dei modi una stagione nata tra ambizioni mal riposte e segnali ignorati. Ora il calcio varesotto sparisce dalla mappa dei professionisti

La Pro Patria è retrocessa in serie D. Tutte le retrocessioni fanno male – non c’è piazza al mondo in cui tifosi non piangano per una stagione fallimentare – ma il passaggio dalla C alla D è, purtroppo, la più dolorosa, perché significa abbandonare il professionismo e varcare un mondo diverso, quello del dilettantismo.
Come se il “dramma sportivo” bustocco non fosse già abbastanza acuto, con la sconfitta dei biancoblu a Vercelli il calcio varesotto è rimasto senza più squadre di calcio tra i “pro”. A ciò si aggiunge, parallelamente, un’ulteriore nota negativa: sabato 17 maggio – giorno che sarà sempre mal ricordato all’ombra dello stadio Speroni – anche il Milan Futuro, seconda squadra dei rossoneri di casa a Solbiate Arno, è retrocessa in D dopo a meno di un anno dalla sua creazione. Insomma, non solo le società sportive, ma l’intera provincia di Varese è completamente scomparsa nelle mappe del calcio che conta. Il calcio che, anche nella sua categoria inferiore, porta – per fare un esempio – le emittenti ad aggiudicarsi i diritti televisivi.
La Serie D è risaputamente un ginepraio da cui è difficile fare ritorno. Di contro, la storia recente parla anche di una Giana Erminio che dopo un solo anno di purgatorio in D (2022/23) non solo ha riconquistato la categoria, ma quest’anno si è guadagnata la finale di Coppa Italia e attualmente sta disputando la fase nazionale dei playoff. Inutile dire che a Gorgonzola, una città quattro volte più piccole di Busto Arsizio, lo scoramento, oggi vissuto a Busto, ha presto lasciato spazio, anzi è diventato benzina per ambizione e entusiasmo.
Sembra un paradosso ma «entusiasmo» è anche l’ultima parola, l’ultimo concetto, che un calciatore della Pro Patria ha espresso in Serie C, prima della mediocre prestazione al Piola di Vercelli, una delle tante sconfitte arrivate dopo una prestazione non disastrosa, quanto insipida, e, in fin dei conti, insufficiente per mantenere la categoria. Meno di una settimana fa, in sala stampa, il giovane capitano Davide Ferri aveva infatti scelto «entusiasmo» come parola per caricare la squadra alla vigilia del playout, perso nel doppio confronto con appena due tiri subiti nello specchio della porta, di cui uno risultato esiziale. «Lo specchio della nostra stagione» il commento di Turotti nel post partita. Con toni e parole (“i contratti sono terminati con la retrocessione”) il ds ha fatto capire, che, ad ogni modo, sia stata tirata una riga (se definitiva o meno lo dirà solo il tempo) con quanto fatto negli ultimi nove anni sotto la sua direzione. L’entusiasmo ricercato da Ferri allo Speroni ha baluginato fin dall’inizio della stagione. Lo si è visto soltanto a tratti, pochi e discontinui, dentro e fuori dal campo. Il più fragoroso è stato il boato del goal bustocco nel playout d’andata. Un goal risultato de facto inutile per la salvezza.
La retrocessione sul campo di una squadra è sempre un fallimento collettivo, non solo della società e dei suoi tesserati ma anche dell’ambiente che orbita attorno. Media compresi. Inutile dare percentuali di colpe davanti a un lungo domino di scelte sbagliate, non solo sul rettangolo di gioco. Il campo è «sempre il giudice supremo», un mantra ripetuto più volte in sala stampa, soprattutto da mister Colombo, dimissionario dopo sette sconfitte consecutive a gennaio per dare una scossa. Scossa che è arrivata troppo leggera per iniettare fiducia alla squadra per raggiungere la salvezza. Il verdetto del giudice è arrivato tardivo ma ugualmente spietato: una retrocessione maturata ai playout ma figlia del terzultimo posto, con quasi un girone senza vittorie (alla fine del girone d’andata erano 2,, alla fine saranno 6+1) e 16+1 sconfitte in 38+2 partite, tra campionato e spareggi, praticamente un insuccesso ogni due gare.
In quanto direttore sportivo, a Vercelli Turotti si è preso le responsabilità del fallimento. Ha fatto anche da scudo al mondo biancoblu, consapevole che ques’estate il rapporto qualitativo tra i giocatori in uscita (Stanzani, Saporetti, il ritiro di Fietta, Ndrecka e Castelli che hanno vinto il campionato all’Entella) e quelli in entrata è stato deficitario. I ritocchi alla rosa in inverno non sono bastati, e in realtà, oltre che alzare il tasso tecnico, dovevano numericamente anche coprire infortuni stagionali (Travaglini e Lombardoni) o molto lunghi come quelli di Renault e Vaglica. Certo, c’è modo e modo di sbagliare e il direttore (che finora non aveva mai incassato retrocessioni in carriera) ha agito come sempre in modo oculato con le risorse a lui disponibili. Quest’anno tuttavia non si è voluto optare per prestiti annuali né si riusciti a scovare a talenti in rampa di lancio come Latte Lath, Gatti, Caprile o Pierozzi, giusto per elencare alcuni grandi colpi effettuati dal direttore nell’ultimo lustro. Tutti giocatori che, chi più, chi meno, hanno calcato i palchi di massima categoria.
«Borderline» è l’aggettivo con cui al Piola il ds ha rimarcato ha definito l’essenza della Pro Patria, una squadra con poco budget (ma un grande sforzo da parte della proprietà e delle presidentessa Testa) che a volte ha fatto lo stretto necessario (salvezza) ma altre volte è volata alto, compreso un quinto posto in campionato (2020/21), e diverse partecipazioni ai playoff per la B. Ma più che “borderline”, la realtà della Pro Patria potrebbe essere un’altra, e ha visto come ultimo apice registrato a Busto Arsizio nella fatidica vittoria sul Vicenza il febbraio 2023, poco più di due anni fa, con la Serie B distante appena 4 punti e già a 42 punti in classifica (quest’anno a fine corsa sono stati appena 34). Quel giorno di metà febbraio, troppo presto per scrivere pagine negli almanacchi sportivi, fu accarezzata l’acmé biancoblu. Da quel giorno è iniziato un inesorabile declino constatato da tante piccole storture che sì, sono sono sempre stati riportate, ma quasi mai letti come veri campanelli d’allarme.
Le troppe rimonte subite, anche all’ultimo minuto, i rigori sbagliati, sono tanti gli incubi ancora freschi nella mente dei tifosi. Un po’ meno lo sono forse le due consecutive rivoluzioni della rosa, con mister Vargas che nell’aprile 2023 si auto-congedò da solo dalla panchina biancoblu, affidata poi all’esordiente Colombo (dimissionario a gennaio 2025) e, infine, questa primavera al duo Caniato-Sala, nel disperato tentativo di salvarsi almeno ai playout. Questi sono episodi paralleli a quanto avvenuto fuori dal campo, come il pasticcio della maglietta della scorsa stagione con il logo di Busto Garolfo, con lo stesso (bel) kit, senza più uno dei due sponsor principali, riutilizzato anche quest’anno (quando si parlò di contratto biennale con Mizuno non era chiaro questo aspetto di “riciclo” a mo’ di vecchia Premier League), il Pro Patria Museum rimasto chiuso per tutta la stagione dopo l’incendio di luglio, una campagna abbonamenti senza veri segnali di crescita, anzi, immobile, nonostante (o forse a causa, viene da chiedersi) i prezzi rimasti invariati negli ultimi anni. Tanti piccoli dettagli, fra tante difficoltà spesso invisibili lontano dalle scrivanie societarie, a volte dimenticati in mezzo ad altre notizie sicuramente positive come il rinnovamento del bar dello stadio, il campo sintetico per gli allenamenti, l’ingresso di nuovi soci (non ancora presentatisi ufficialmente) e per ultimo l’amore dei tifosi, in particolare della curva, mostrato durante i playout (numeri che non si registravano da tempo, con 1900 spettatori allo Speroni e più di 400 biancoblu al Piola di Vercelli) e ritrovato anche in risposta alle difficoltà sul campo e al tragico incidente di Novara e la conseguente morte di Raffaele Carlomagno.
Gli episodi negativi sono stati, appunto, tanti e piccoli, dettagli dati quasi “per scontato”. Alla fine la goccia ha fatto però traboccare il vaso. E il calcio, si sa, è spietato e punisce sempre senza guardare in faccia a nessuno. Guardando indietro è più facile ricostruire e mettere nuovamente in piedi le tessere di questo domino oscuro. Per quanto doveroso, guardare indietro è facile, decisamente più facile che tenere il timone al largo mentre la barca va al largo. Guardando indietro viene soprattutto in mente un piccolo episodio che più di tutti sarebbe stato esplicativo di quanto vissuto questa stagione e ultimato al Piola di Vercelli sabato scorso.
Siamo a luglio 2024, giorno di raduno. Si inaugura la stagione conclusa nel peggiore dei modi qualche giorno fa: dopo l’intervento di Turotti su «squadre a rilento sul mercato» e sulla volontà di «strutturarsi meglio per alzare l’asticella, perché è bello fare con poco grandi risultati, ma bisogna anche stare attenti» è il turno di mister Riccardo Colombo. Quel giorno l’ex capitano ed ex allenatore dei tigrotti si mostra carico e ambizioso, con un genuino entusiasmo sulla scia dei buoni segnali mostrati nella seconda parte del precedente campionato, con la squadra in crescita, passata da vivere a stretto contatto con il vortice dei playout alla salvezza alla penultima giornata e i playoff sfiorati. Terminate le domande, il mister, mentre va via, fa notare con la sincerità che l’ha sempre contraddistinto (e di questo gli va dato credito) che nessuno gli avesse chiesto quale fosse l’obiettivo stagionale della squadra. Quella breve frase detta uscendo dalla pesante porta blu della sala Adamo Cocco a chi dava per scontato l’obiettivo salvezza e la stessa Pro Patria è forse il vero specchio dalla stagione, insieme alla prestazione di Vercelli: in pochi dell’ambiente biancoblu (media compresi) sapevano dove si volesse andare, e così si è finiti esattamente nell’unico posto dove non si voleva arrivare.
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
lenny54 su Entrano in vigore le nuove tariffe "metropolitane", Saronnese e Busto più vicine a Milano
Felice su Fucile d'assalto e mitragliette nella casa dell'ex ispettore di Malpensa
lenny54 su In vendita casa Bossi, villa simbolo della "Lega di una volta"
lauralaura su Ospedali troppo caldi: la Regione comprerà i condizionatori
gcbiakmw su Lo spinello fa male
Rita Campiotti su Torna IceOut, qual è la vostra gelateria preferita?
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.