L’opera d’arte (un’insolita performance)
Racconto di Abramo Vane, da "Un cavedio nella storia", in occasione del venticinquesimo della Vetrina da leggere di via Cavallotti

L’idea era di fondere poesia, pittura e musica in un’unica opera, questo l’annuncio in bacheca nella Vetrina da leggere, ma quella sera tirava vento e minacciava tempesta, e qualcuno propose di sospendere tutto, ma quando arrivò il poeta, lui era già calato nell’opera e disse si fa lo stesso, e appese alle pareti della sala le poesie scritte su lunghi fogli colorati dichiarandoli di carta igienica, e vicino vi pose le opere del pittore che erano lunghe uguali, come se nel tracciarle avesse seguito i testi rigo per rigo, e le ragazze della recitazione andarono ai microfoni e lessero dal proprio foglio quei versi, e un ragazzo vicino a me diceva agli amici… sono solo parole messe una dopo l’altra, ma lui non conosceva i precedenti del poeta, e a me sembrava che qualche progresso l’aveva fatto, anche se cedeva in giochi di parole e la ricerca non era molto elevata, e su una tavola di legno posta su due sedie il pittore dava sfogo alla sua arte astratta, e su un lato della stessa tavolozza il poeta incideva parole… quella sera era la sua sera, che aveva pensato e sognato, e birra e rum e miscugli incredibili scorrevano nei corpi e nei cervelli… e il poeta invase il campo pittorico e tracciò a sua volta una linea di incisione su quei colori, e il pubblico si chiedeva il significato del gesto e dell’opera, il poeta era ormai un Majakovskij da esibizione e prese una sedia e la scaraventò al di là della gente e gli amici applaudirono, le parole delle ragazze erano frammentate dal vento forte e dal profumo di frittelle della trattoria vicino, e un’altra ragazza vestita da strega entrò in scena e recitò la sua parte, la musica cavalcava la notte per conto suo, e il poeta scambiò il proprio cappello con quello del pittore, e lo fece poi altre volte, e il pubblico si chiedeva il significato del gesto e dell’opera, e un cameriere inciampò nel tappeto e con il contenuto del bicchiere diede il suo elevato contributo alla cosiddetta opera d’arte… In quel momento dall’alto piovvero foglie, e il pittore beveva e sogghignava, e venne giù acqua da una canna fatta a doccia e il poeta ne reclamò uno scroscio compatto solo per lui, il pittore intanto aveva preso una cornetta e suonava, e con note tristi portò fuori dalla scena il suo personaggio allegro e sornione, e i musicisti smisero di suonare, ed erano soddisfatti, più che altro di sé stessi, e il pubblico si chiedeva sempre quella cosa, il significato del gesto e dell’opera, e il poeta era felicissimo della sua provocazione e di come aveva condotto la serata, si era divertito, e l’opera d’arte rimase lì in mezzo ma non era più la protagonista, non lo era in effetti mai stata, e adesso si svelava davvero nella sua realtà, che era un semplice pretesto per vivere una serata straordinaria.
Racconto di Abramo Vane, da “Un cavedio nella storia”, in occasione del venticinquesimo della Vetrina da leggere di via Cavallotti
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