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Euro digitale o stablecoin? A Gallarate banche e imprese davanti alla svolta

Alla sede di Confindustria a Gallarate confronto su euro digitale, criptovalute, stablecoin. Moderati da Marco Crespi, sono intervenuti Ivan Spertini e Pasquale Ambrosio di Kpmg e Cristian Miccoli ceo di Conio

Economia varie

È un cambiamento “strutturale” quello che sta attraversando il sistema dei pagamenti: lo hanno sottolineato, in apertura, Marco Crespi, responsabile area finanza di Confindustria Varese, e Ivan Spertini socio Kpmg Italia.
Una innovazione, anzi rivoluzione, che già si manifesta nelle valute e nei sistemi di regolamento delle transazioni, con ricadute concrete su banche, imprese ed export. «Temi che sembravano lontani dalle nostre aziende non lo sono affatto», ha detto Spertini, ringraziando Confindustria Varese, Kpmg e Conio per la collaborazione. Pasquale Ambrosio, partner Advisory Kpmg Italia e referente Fintech, ha tracciato il perimetro della discussione: il programma Digital Euro nasce come strumento “complementare” al contante, non sostitutivo. Da qui requisiti chiave: possibilità d’uso offline, rispetto di privacy e non-programmabilità (niente moneta che scade o vincoli sugli acquisti). E ancora: inclusione finanziaria per i non bancarizzati. Una serie di paletti che hanno complicato il percorso regolatorio con posizioni diversifice all’interno della Ue. E così i paesi più “affezionati” al contante hanno spinto per l’offline, costoso da implementare perché la gestione del contante ha un costo molto alto hanno ribadito gli esperti. (foto sopra, da destra: Miccoli, Crespi, Ambrosio e Spertini)

I NODI DA SCIOGLIERE

Il progetto, avviato nel 2021, è entrato nelle fasi tecniche con i fornitori europei. Si parla di orizzonti al 2028 e, più realisticamente, al 2029-2030, se arriverà. Restano  aperti alcuni nodi: chi sosterrà i costi infrastrutturali, come funzionerà il modello commissionali/fee, a quanto ammonteranno le commissioni per chi utilizzerà questo sistema di pagamento? Per limitare l’impatto sul sistema del credito è previsto un tetto di 3.000 euro per utente sui saldi in euro digitale, non remunerati. L’accesso non richiederebbe un conto corrente: l’euro digitale verrebbe integrato nel wallet dell’identità digitale (come oggi SPID/CIE in prospettiva). Banche e PSP (prestatori di servizi di pagamento) sarebbero i distributori, ma con oneri di compliance (per esempio antiriciclaggio) e senza interessi sui saldi.

AVANZANO I PRIVATI

Ambrosio ha ricordato che, mentre l’Europa discute, le alternative private avanzano: le stablecoin, rappresentazioni digitali di valute con riserve, sono già operative e attraenti per pagamenti cross-border  (transazioni finanziarie effettuate tra un pagatore e un beneficiario che si trovano in paesi diversi) e gestione del rischio cambio. Recentemente è stata messa in campo un’iniziativa europea in euro promossa da nove banche (di cui due italiane), per costruire uno “zoccolo” continentale in risposta ai player americani.

L’EURO DIGITALE NON È UNA NUOVA MONETA

Cristian Miccoli, co-founder e ceo di Conio (già intervenuto a Confindustria Varese  nel 2018) e con una lunga carriera bancaria alle spalle – è stato l’inventore di Conto Arancio -, ha proposto una lettura più critica: l’euro digitale, per come disegnato, «è anzitutto un sistema di pagamento», non una nuova “forma di moneta” programmabile su blockchain. Operativamente una singola transazione attiverebbe almeno quattro passaggi: conto cliente,  conto BCE del cliente, conto BCE del merchant, conto corrente del merchant. Secondo Miccoli, il dubbio su efficienza e costi ricorrenti sorge spontaneo.

CHI COPRE I COSTI?

Le commissioni basse sarebbero possibili anche perché la BCE coprirebbe parte dei costi, trasferendoli di fatto alla fiscalità generale. Un ulteriore tema è l’obbligo di accettazione. Se avrà corso legale, tutti i merchant dovranno attrezzarsi, con investimenti capillari e senza certezza dell’adozione lato consumatore. Sul fronte stabilità operativa, Miccoli ha richiamato i limiti dei sistemi centralizzati (un guasto può bloccare un intero Paese) mentre la resilienza delle reti decentralizzate, per esempio quella dei Bitcoin, «non si è mai fermata» nonostante shock come lo stop ai miner in Cina.

L’EUROPA INSEGUE GLI USA

La “programmabilità” è, per Miccoli, la vera frontiera: è ciò che ha abilitato rivoluzioni tecnologiche (come sugli smartphone) e che oggi vive nelle stablecoin e nella tokenizzazione. In questo quadro, l’Europa rischia di essere relegata al ruolo dell’ inseguitore. Negli Stati Uniti le stablecoin in dollari crescono, mentre in Europa la regolamentazione rende più complessa l’emissione. Dal pubblico presente si è levata una preoccupazione reale: si teme una “dollarizzazione” di fatto dei pagamenti internazionali, se non si svilupperanno alternative in euro sufficientemente semplici e competitive.
Dal dibattito sono emersi altri spunti. C’è chi ha richiamato lo slogan dell’incontro del 2018 con Miccoli, «siate prudenti, non diffidenti», chiedendo se la visione su Bitcoin sia “normalizzata” rispetto ad allora. Per Miccoli oggi istituzioni e mercati stanno scoprendo progressivamente il potenziale della tecnologia e della scarsità dell’asset, pur con rischi da non sottovalutare.
Domande anche sui rischi di stablecoin “subprime” e sulla tutela delle riserve. L’impianto europeo tende a vincolarle a titoli di Stato (in dollari o in euro, a seconda della valuta della stablecoin), ma resta l’attenzione agli effetti sistemici in caso di stress sui debiti sovrani.
Un intervento dal pubblico ha segnalato che, per il consumatore, non è ancora chiaro il “vantaggio” rispetto alle carte. Tra i possibili casi d’uso dell’euro digitale sono stati citati trasferimenti pubblici diretti nell’identità digitale.
L’unica cosa certa è che e la “rivoluzione” dei pagamenti è già iniziata.

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it
Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.
Pubblicato il 16 Ottobre 2025
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