Il grande fischietto
Due gravi infortuni agli occhi tolsero a Bill Chadwick il sogno di diventare un campione. Ma lui - cieco da un occhio - in NHL ci andò lo stesso da arbitro. E inventò quei segnali che si usano sulle piste di tutto il mondo
(d. f.) Secondo appuntamento con la terza serie di “Alla Balaustra”, la rubrica ideata e scritta da Marco Giannatiempo, curata dalla redazione sportiva di V2 Media/ VareseNews e dedicata alla cultura e alle storie dell’hockey su ghiaccio. Oggi proponiamo la storia di un arbitro, un grande arbitro: Bill Chadwick, colui che.
“Alla balaustra” ha cadenza quindicinale e viene pubblicata il primo e terzo (ed eventualmente quinto) lunedì pomeriggio di ogni mese. I venti racconti delle prime due stagioni e il box con le puntate trasformate in podcast sono disponibili in fondo all’articolo.
Nell’hockey, ma negli sport in generale, l’arbitro è quasi sempre il cattivo della storia. A riguardo ci sono studi psicologici che spiegano questa cosa raccontando come la mente umana, soprattutto quella del tifoso accanito, è in grado di modificare la percezione della realtà in tempo reale. Questo significa che, anche se quel fallo non c’è stato nella realtà, capita che alcuni lo vedano in maniera chiara e limpida, inveendo nei confronti dell’arbitro con frasi anche piuttosto colorite. Brutto mestiere quello dell’arbitro, se ci si mettono pure le visioni.
Bill Chadwick nasce a Manhattan il 10 ottobre del 1915, è un ragazzino energico e che non sta mai fermo e la sua condotta a scuola non è delle migliori: studia alla Jamaica High School che frequenta mentre gioca come centro per i “New York Crescents” squadra giovanile in cui si distingue per talento e senso della posizione. Già, perché ok la scuola, ma lui da grande vuole fare il giocatore di hockey in NHL.
I due anni che seguono sono fantastici e il suo talento fa si che alcuni osservatori appuntino il nome di quel ragazzo sui loro taccuini: sembra proprio bravo e capace, poi quel senso della posizione è davvero qualcosa di incredibile.
Tutto bello, ma il destino, si sa, alle volte è beffardo ed entra in azione quando meno te lo aspetti cambiando alle volte il percorso di vita delle persone. Accade tutto una sera di febbraio del 1935, al Madison Square Garden di New York: cambio di linea, disco che si impenna e colpisce Bill dritto in un occhio. Si tratta di un colpo violentissimo e totalmente insaspettato, seguito da una corsa in ospedale verso il Manhattan Eye – Ear and Throat Hospital, e da quel referto durissimo: il bulbo oculare è compromesso, e non recupererà mai il 100% della vista.
Ma come dicevamo il talento di Bill è cristallino, talmente cristallino che, nonostante la menomazione, continua a giocare passando l’anno successivo ai New York Rovers in Eastern Amateur Hockey League, e anche li fa la differenza grazie all’impegno e all’incredibile entusiasmo che mette sul ghiaccio. Ma il destino oltre che beffardo alle volte può essere pure cinico, perché a metà campionato un bastone alto in una mischia sottoporta gli colpisce l’altro occhio: bastonata che stavolta gli toglie la vista in maniera definitiva. Ha solo 19 anni quando i medici gli dicono, senza mezzi termini, che non avrebbe mai più potuto giocare: per lui il sogno NHL finiva lì.
O almeno così sembrava.
Neuroplasticità è un termine scientifico che riassume la straordinaria capacità del cervello di riorganizzarsi e adattarsi in caso di traumi: è il caso di Bill che sul ghiaccio ci rimane, cambiando casacca, raffinando sensi come l’udito e il suo talento relativo alla posizione visto che è sempre nel posto giusto al momento giusto. E poi c’è sempre quell’incredibile forza d’animo.
Una casacca diversa – dicevamo – non è quella di una franchigia, ma quella da arbitro. Sì, perché non esistevano leggi che impedivano a chi aveva subito una menomazione alla vista di iscriversi al corso arbitri, e quindi Bill decise di provarci.
⇒ Due storie simili di “Alla Balaustra”: “Novantasette per cento” e “One Eyed Man”
Funzionò tutto alla perfezione, e l’arbitro con un occhio solo divenne in poco tempo “The Big Whistle”, il miglior fischietto di sempre, talmente bravo e capace, da essere chiamato nel 1939 in NHL. Qui si perfeziona ulteriormente, mettendo sul ghiaccio, oltre alle caratteristiche già elencate, il suo carattere, perché Bill Chadwick fischiava con coraggio, non aveva paura di mandare in panca puniti anche i campioni, conosceva bene questo sport e sapeva leggere le partite. Certo, per una parte di tifosi rimaneva un arbitro, e come tale andava insultato, ma i giocatori sapevano di avere davanti uno che capiva il ghiaccio come pochi altri, e lo rispettavano.
E poi il suo colpo di genio, ovvero l’utilizzo di segnali manuali legati ai falli di gioco. Prima di lui, l’arbitro fischiava e basta, e il pubblico non capiva quasi nulla. Chadwick iniziò a usare gesti codificati, quasi plateali, per spiegare le penalità mimandole: mani incrociate per il cross-checking, braccia alzate per il gol, pugno chiuso per la carica. Segni talmente chiari che la NHL decise di adottarli ufficialmente nel 1956. Da allora, guardare un arbitro è come leggere un linguaggio universale, nato dall’intuizione di un uomo che aveva perso un occhio ma guadagnato una visione.
Come tutti gli arbitri, cosa che capita anche ai giocatori e a tutti gli esseri umani in generale, capitava anche a lui di sbagliare: clamoroso l’errore accaduto durante una partita a Boston, quando l’attaccante Bryan Hextall dei New York Rangers segnò un gol regolare, che Chadwick annullò, scatenando la rabbia dell’allenatore Lynn Patrick che gli corse incontro furibondo. Bill non scappò. Lo guardò e disse soltanto: «Lynn, I made a mistake». «Lynn, ho sbagliato». Gesto che smontò la carica aggressiva dell’allenatore, che capì la situazione scusandosi. Un gesto quello di ammettere l’errore al centro di quella bollente arena, decisamente raro che confermò l’incredibile personalità di uno dei migliori arbitri di sempre.
Bill Chadwick, !The Big Whistle”, arbitrò 42 finali di Stanley Cup, un record all’epoca. Poi passò al microfono, diventando la voce dei New York Rangers per radio e TV. Era amato, rispettato, riconosciuto come uno che aveva saputo trasformare una tragedia personale in un dono per tutto lo sport.
Puoi perdere il tempo per la battuta giusta al momento giusto, una partita, uno di quei treni che poi non passano più, e addirittura come nel caso di Chadwick un occhio, ma se hai il coraggio di non mollare e di ammettere i tuoi errori, può anche capitare di diventare uno dei più grandi arbitri di sempre.
ALLA BALAUSTRA – Leggi le puntate precedenti
IL PODCAST – “Dalla Balaustra” è anche un podcast trasmesso su Radio Materia e disponibile sulle principali piattaforme di ascolto. Nel box sottostante trovate tutte le puntate pubblicate fino a ora.
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