“Nello sport non esiste fake, ci riporta al reale”
Daniele Cassioli, campione di sci nautico per non vedenti, racconta come lo sport ha cambiato la disabilità e della potenza di un'esperienza autentica in tempi di scomposizione digitale. "Un grande modo per aggrapparsi alla realtà"

Ventidue ori mondiali, venticinque europei. Se mettesse tutte le medaglie al collo Daniele Cassioli forse neppure riuscirebbe a muoversi: non vedente, da campione di sci nautico ha vinto l’impossibile. E oggi racconta lo sport anche nelle scuole.
«Ai ragazzi dico sempre: nello sport non esiste fake, le gare di sci nautico non le fanno i profili Instagram, le fanno le persone in carne ed ossa. Perché lo sport ci riporta al contatto con il reale: è un grande modo per aggrapparsi alla realtà, rivendicare il reale».
L’ultimo evento l’ha visto ospite dell’Open Toast di Hagam, un momento conviviale per scoprire cosa si muove nel mondo d’oggi, come cambia la comunicazione. Chi crede che la comunicazione sia sovrastruttura, possa essere racconto sganciato dalla realtà, per ricredersi dovrebbe incrociare proprio Daniele Cassioli: uno che ha iniziato a sciare sull’acqua da giovanissimo, ha stravinto e oggi diventa (anche) narratore. Dentro a una storia molto più ampia, quella degli sport paralimpici, che hanno una forza di testimonianza ed evocativa potente. «La disabilità deve tantissimo allo sport: è difficile far raccontare la disabilità, se non così. Lo sport ha cambiato la percezione della disabilità».

«In questo mondo disconnesso spesso dal reale, lo sport sarà sempre più fondamentale nella crescita dei ragazzi e degli adulti. Se c’è un luogo per crescere, sono le palestre delle scuole» ha continuato Daniele, intervistato da Luciano Cefariello di Hagam.
E siccome agli open toast di Hagam si parla anche di comunicazione e tecnologie, anche Cassioli non si è lasciato sfuggire l’occasione di raccontare come la tecnologia ha cambiato il suo mondo. Con strumenti che per altri possono essere vezzo o comodità, per un disabile diventano centrali. L’ha raccontato con il suo stile, sempre molto autoironico: «Se nel 2005 dovevo scrivere una lettera a una ragazza… doveva scrivermela a mano mia madre. Hai voglia a concludere!». Ma c’è spazio anche per una riflessione su nuove modalità di comunicazione in crescita, come i podcast, che hanno ampliato a un pubblico generico e a nuovi contenuti uno strumento (gli audiolibri) che era nata in origine dalle esigenze di chi viveva la disabilità visiva.
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