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I giorni dell’assedio, della fame e della speranza

"Leningrado memorie di un assedio" è la cronaca minuziosa della vita nei due anni e cinque mesi di una cttà prigioniera, ma anche riflessione sull'animo umano. Giovedì alle 18 la prese

I vivi  si aggirano ogni giorno per le rovine, sempre alla ricerca della vita, in un universo che pare quasi sospeso, dove la violenza sembra presentarsi più come effetto che come causa

“Leningrado memorie di un assedio”, della scrittrice russo ebraica Lidja Ginzburg, è il racconto del più lungo e letale assedio mai condotto nella storia umana. Due anni e cinque mesi costati la vita ad almeno un milione di civili: cittadini sovietici uccisi dal quotidiano martellamento delle bombe e dei cannoni della Germania hitleriana.

Dentro alla città, migliaia e migliaia di esseri viventi lottano per la sopravvivenza, sempre in bilico tra orrore indicibile e gesti di solidarietà, difesa della vita e difesa dell’umanità (a volte contrapposte). “Chiunque avesse le forze sufficienti per leggere, leggeva avidamente Guerra e Pace nella Leningrado assediata”, esordisce il libro, che è non solo omaggio alla grande letturatura russa ma anche programma ideologico dell’opera, che si muove tra le forme del diario, del romanzo, del saggio.

Cronaca minuziosa della vita nell’assedio (“Con il pane andava così: alla mattina presto riceveva i suoi 400 grammi…”) e riflessione sull’animo umano, in uno scenario di violenza che appare spesso ineluttabile: “Al mattino, la gente veniva a sapere cos’era successo nella notte. Vedeva le case sventrate e i corpi selvaggiamente strappati alla vita, e rabbrividiva d’orrore di fronte a quanto era accaduto”.

La prospettiva – che pure è anche di tenace attaccamento alla vita – mal si concilia con la propaganda della grande guerra patriottica e forse anche per questo Ginzburg iniziò a mettere su carta l’opera dopo la morte di Stalin per poi pubblicarla nel 1984, l’anno che precedette l’inizio di grandi cambiamenti in Urss. L’opera venne pubblicata in versione definitiva nel 1990 e ora compare per i tipi di Guerini e Associati.

Il libro verrà presentato giovedì 12 dicembre 2019, alle 18, alla biblioteca civica di Varese in via Sacco. Intervengono la curatrice e traduttrice Francesca Gori, Simone Campanozzi ricercatore dell’Istituto Lombardo di Storia Contemporanea, lo storico Enzo Laforgia

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 11 Dicembre 2019
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