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Coronavirus, le due facce della medaglia: solitudine e “socialità forzata”

Una riflessione nata dal confronto con la psicologa Janice Romito e la dottoressa Cristina Morelli, specializzata in patologie

solitudine

Il Coronavirus e i recenti provvedimenti presi dal governo italiano ci stanno costringendo a vivere un’esperienza mai provata prima: rinunciare alle relazioni con il mondo esterno e a tutta la dimensione “corporale” con cui gli uomini esplorano molti aspetti della loro vita. Non è facile se si pensa che tutta la società moderna ha le sue radici nel sensismo.

«In questo preciso momento storico, avere un supporto psicologico e uno spazio dove condividere le proprie riflessioni», spiega la psicologa dell’età evolutiva Janice Romito che esercita nello studio di via Maspero a Somma Lombardo, «è importante per contenere le proprie preoccupazioni».

Le persone ansiogene in questo periodo sono tra le categorie sicuramente più deboli e influenzabili, come tutelarle? «Soprattutto loro devono avere un approccio alle notizie verificate, controllando le fonti; per calmare le ansie, poi, bisogna fornire loro delle indicazioni di un aspetto protettivo, rispettandole di più. Infine, gli amici e i parenti – seppur lontani – costituiscono un punto di riferimento importante: li si può chiamare per sentirsi meno soli». In più, Romito precisa come sia centrale rimanere ancorati alla realtà. «Quelli che soffrono di disturbi d’ansia, depressivi o di ipocondria stanno molto male in questo periodo e hanno bisogno di supporto», continua la dottoressa Cristina Morelli, specializzata in patologie (anche lei lavora in via Maspero), «alcuni di loro, però, possono sorprendere perché, già abituati a questo stato, attivano delle risorse e affrontano al meglio questo periodo».  «Un supporto è utile a chiunque perché l’ansia si respira nell’aria in questi momenti».

La maggior parte degli italiani ora è costretta a casa, in una sorta di esilio relazionale, connesso agli altri e al mondo solo grazie a internet e ai social. «Ci sono maniere diverse per affrontare questa solitudine imposta dall’alto e molto dipende dalla personalità di ciascuno. C’è chi vive la solitudine più facilmente e riesce ad occupare tutto il tempo tra studio, lettura, film e ricette di cucina, mentre altri reggono meno questo impedimento e potrebbero anche avere dei crolli psicologici».

Oltre alla solitudine, c’è un’altra dimensione relazionale che il coronavirus ci ha imposto, riflette la psicologa, ovvero la socialità “forzata”: «Nella normalità non abbiamo una vita così sociale: andiamo al lavoro, interagiamo con i nostri colleghi e gli amici, che sono pezzi della socialità esterna da cui poi ci stacchiamo quando torniamo a casa. Ma ora è diverso, siamo a casa tutto il giorno». Infatti, molte famiglie che prima si riunivano solo a cena, ora sono costrette a condividere lo spazio casalingo tutto il giorno: madri e padri si trovano ad avere a che fare con bambini a casa dal nido o dalla scuola primaria senza lo “stacco” delle attività sportive o sociali, oppure hanno a che fare con dei figli in piena adolescenza. «Si tratta di una vera e propria immersione nella vita famigliare cui non siamo abituati. Forse al tempo dei nostri nonni e bisnonni, con il contorno del cortile, si viveva così a stretto contatto, ma con un modo diverso di gestire il tempo dei bambini, più autonomi, per i quali non ci si doveva sempre ingegnare per “riempire il tempo”».

Questo tempo “regalato” può essere sfruttato bene per parlare veramente con i propri figli, o per immergersi nei loro giochi infantili da cui spesso si sfugge perché si è distratti da altro. Si può

E se il clima in famiglia si inasprisce? «Se il clima è teso e ci si innervosisce si può disinnescare uscendo a fare una breve passeggiata (che si può fare), per cambiare aria e respirare un po’. In questa situazione viene richiesta grande pazienza da parte di tutti per sostenere la situazione, perché si tratta di un momento senza precedenti».

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com
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Pubblicato il 11 Marzo 2020
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