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Sono entrato al Credito Varesino e mi ritrovo in Bper. Storia di un bancario

Alessandro Frontini, segretario provinciale della Fabi, è entrato in banca a 21 anni e lavora nella filiale Ubi di via Pietro Micca a Saronno che passerà alla Banca popolare dell'Emilia Romagna

banche

C’è ancora qualche vecchio signore che lo ferma per le vie di Saronno con quella attenzione che si riserva alle persone di fiducia. «Alessandro, un giorno di questi la vengo a trovare al Credito Varesino». Quella banca, che non esiste più da quasi trent’anni, dopo l’acquisizione da parte della Popolare di Bergamo, è rimasta nell’immaginario dei clienti storici e anche in qualche insegna che non si è arresa allo scorrere del tempo.
Alessandro Frontini oggi ha 51 anni e il suo ingresso in banca come dipendente lo ha fatto 30 anni fa proprio in quel Credito Varesino che ha dapprima affiancato il suo nome a quello dei nuovi proprietari bergamaschi per poi, di acquisizione in acquisizione, sparire  completamente. Ora anche la filiale di Ubi dove lavora, quella di via Pietro Micca a Saronno, passerà a Bper, sigla che significa Banca popolare dell’Emilia Romagna. Un passaggio che Frontini ha vissuto anche nella veste di segretario provinciale della Fabi, il sindacato dei bancari.

A FINE FEBBRAIO IL PASSAGGIO DI CONSEGNE

In televisione si iniziano a vedere le pubblicità dei nuovi proprietari in cui si cita anche il nome di Varese e a casa dei risparmiatori ex Ubi iniziano ad arrivare le lettere con il timbro della nuova banca. È inoltre di pochi giorni fa l’annuncio dell’amministratore delegato Alessandro Vandelli che a fine febbraio inizierà il passaggio di consegne.  «In questa fase – spiega Frontini – è chiaro che vogliano trasmettere tranquillità e un messaggio di attenzione ai territori in cui approdano. Mandano segnali di rassicurazione,  non solo ai risparmiatori, ma anche al personale».

Con l’acquisizione di 532 filiali di Ubi Banca, dopo l’Opas di Intesa, Bper diventa il terzo gruppo bancario in Italia. In un amen Vandelli ha scalato le gerarchie del sistema del credito nostrano e si ritrova a colonizzare territori, come la provincia di Varese, dove non ha una presenza storica e quel marchio, anche se comparirà su circa 70 filiali, è sconosciuto ai più. «Bper con gli sportelli ha assorbito anche 5100 lavoratori con un’alta professionalità – continua il segretario della Fabi -. Per sviluppare il suo progetto in un territorio che non conosce ha bisogno di quelle persone. Hanno ripetuto più volte che per loro è importante il rapporto con il cliente, ma non dimentichiamo che l’unico tramite con il cliente è il dipendente».

INTESA PUNTO DI  RIFERIMENTO PER I MODELLI ORGANIZZATIVI

Quando c’è una cessione di ramo di azienda, i contratti sono oggetto di trattativa e il sindacato non ha ancora affrontato il tema, soprattutto in relazione al contratto di secondo livello. Intesa, Bper e Ubi hanno differenti normative e il sindacato di categoria dovrà  raggiungere una quadra non facile da trovare. «Ogni banca è impostata con una propria storia – sottolinea Frontini –  e ognuna ha un suo portato normativo che è diverso da tutte le altre. Sui modelli organizzativi Intesa è stata quella che ha fatto sempre da apripista sui territori. E quando traccia una via, difficilmente gli altri si discostano».

In effetti Intesa è una sorta di faro che illumina il mercato anche per gli altri operatori. Per esempio, è stata la prima a istituire i centri impresa, unità operative in grado di affrontare tutte le problematiche di mercato delle imprese. A ruota poi sono arrivati tutti gli altri, Unicredit, Ubi e Bpm, ciascuna naturalmente con il proprio modello.

Durante il primo lockdown, Ubi Banca ha però mostrato una prontezza di riflessi straordinaria, soprattutto rispetto a i big Intesa e Unicredit, nella messa a terra di una procedura inedita come quella del decreto liquidità. «È vero – conferma Frontini – quella procedura non aveva precedenti e Ubi ha rappresentato un punto di riferimento per tutti. Il nostro segretario nazionale, Lando Sileoni, ha giustamente ricordato che alla fine del 2019 è stato firmato il contratto nazionale con un vero e proprio rush finale e due mesi dopo è scoppiata la pandemia. La domanda è dunque la seguente: che cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stato un quadro normativo in cui muoversi?».

IL RISIKO BANCARIO CONTINUA

Nel frattempo, il risiko bancario in Italia non è finito. L’Opa di Crédit Agricole su Creval (Credito Valtellinese) e i segnali di contatto tra Bpm e la stessa Bper, sono indicativi di una situazione in continua evoluzione e anche di una certa attenzione alle sollecitazioni che arrivano soprattutto dalla Banca centrale europea che vede di buon occhio le aggregazioni tra istituti di credito. «Quando nel 2007 nasceva Ubi – conclude Frontini – mi sembrava già una banca di dimensioni notevoli e non scalabile. Negli ultimi anni la spinta dell’Europa su questo tema è stata pressante e in Italia si è passati da un quasi totale immobilismo del settore a un dinamismo mai visto prima. Qualunque sia la sua dimensione una banca deve essere consapevole di svolgere una funzione sociale, ovvero dare credito a famiglie e imprese. Ma nessuna banca può fare tutto questo se non conosce il territorio in cui opera».

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Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it
Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.
Pubblicato il 18 Dicembre 2020
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