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Anarchici, cattolici e militari: “l’altra” Resistenza

La lotta contro il fascismo è base della Repubblica, ma solo con fatica è (ri)emersa la grande varietà delle posizioni politiche che animarono partigiani e patrioti. Un convegno celebra oggi "gli altri colori della Resistenza"

Generica 2020

Quanti colori ha avuto la Resistenza? Non solo il rosso di comunisti e socialisti, ma anche l’azzurro dei militari, il verde che – a seconda dei luoghi – fu dei cattolici o dei laici e repubblicani, persino il rosso e il nero degli anarchici.

Sulle montagne e ancora di più nelle città, la Resistenza coinvolse tante diverse “minoranze” antifasciste. Un contributo che ancora oggi rimane poco conosciuto, per una opposta rappresentazione: se nel Dopoguerra è diventata egemonica la narrazione della Resistenza fatta solo dai comunisti, dagli anni Novanta lo stesso mito di un movimento partigiano guidato dalla sinistra marxista è rimasto – all’opposto – nella polemica della destra più o meno apertamente neofascista o comunque desiderosa di superare l’antifascismo come valore unificante e fondante della Repubblica.

Se il ruolo organizzativo in particolare del Pci e delle Brigate Garibaldi è innegabile e centrale,  la Resistenza “altra”, estranea alla sola radice della sinistra marxista, è in realtà solida e conosciuta, fin dall’immediato dopoguerra.

In alcuni territori è fenomeno di massa, come ad esempio nel Bresciano dove le “Fiamme verdi” – formazioni cattoliche, che si rifanno alla tradizione degli alpini – hanno visto coinvolte centinaia di giovani uomini e donne, sostengono vere battaglie in montagna, organizzano la lotta in città. O ancora nella zona tra Lucca e Pistoia, con la “XI Zona Pippo” di Manrico Ducceschi, capace di dare del filo da torcere ai tedeschi a ridosso del fronte appenninico.

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Patrioti delle Fiamme Verdi nel Bresciano

Meno note le formazioni anarchiche e libertarie, forti sulle montagne dell’Apuania (la zona dei cavatori di marmo) ma che rappresentarono una voce anomala anche nelle città, spesso diffondendo giornali e sostenendo la fuga di chi è braccato, fedeli all’ostilità a ogni carcere e carceriere, convinti della necessità di evitare di diventare “non umani” nella spirale della guerra civile. In alcuni territori gli anarchici parteciparono a quella grande esperienza – di massa ad esempio in Piemonte, ma anche in Emilia occidentale- che fu Giustizia e Libertà, liberalsocialista, laica e repubblicana (anche loro con i fazzoletti verdi).
A Milano lotta nelle file anarchiche anche un sedicenne di nome Giuseppe Pinelli, futura “diciassettesima vittima” di Piazza Fontana.

La storia della “Resistenza degli altri” è infatti fatta anche di singole figure, testimonianza individuale più che numero in un esercito di massa: così ad esempio anche nelle file delle Fiamme Verdi – che pure contano centinaia di aderenti – emerge la figura esemplare di Teresio Olivelli, morto in campo di concentramento  a Flossenbürg e autore della “Preghiera dei ribelli per amore”, divenuta poi una sorta di manifesto dei resistenti cattolici. Un testo potente, nelle cui righe si coglie la difficoltà di molti (veri) cattolici ad accettare l’idea di dover lottare con le armi: nelle file dei giovani cattolici molti s’impegnarono nella attività propagandistica e di aiuto a ebrei e ricercati, molto rischiosa soprattutto nelle città.

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La testata del giornale Il Ribelle, organo di stampa delle Fiamme Verdi: stampato a Milano, raggiunse una tiratura di 15mila copie, diffuse anche nella zona dell’Alto Milanese. Il numero qui riportato dava notizia della morte di Astolfo Lunardi, antifascista cattolico di lungo corso fucilato a Brescia

Anche tra i cattolici non mancarono comunque figure di primo piano anche dal punto di vista militare, come i fratelli Antonio e Alfredo Di Dio, tra i primi resistenti in Ossola: militari, ma anche con una ispirazione religiosa. Antonio fu ucciso a Megolo, insieme agli altri della formazione di Filippo Maria Beltrami, che riuniva combattenti di diverse tendenze politiche. Il fratello maggior – Alfredo – divenne comandante della nuova brigata Valtoce: i suoi uomini erano soprannominati (dai garibaldini) “l’opera pia”, ma sostennero con coraggio la difesa della Repubblica dell’Ossola, lo stesso Di Dio rimase ucciso al Sasso di Finero.

In Ossola la Resistenza ebbe matrici diverse, tra garibaldini, socialisti, brigate cattoliche e autonome, tutte riunite nel CLN, l’organismo unitario che sosteneva la Resistenza come lotta nazionale, l’Italia come comune denominatore in grado di tenere insieme i monarchici come i comunisti del PCI (dopo la “Svolta di Salerno”).

Il racconto della Resistenza nel Dopoguerra ha molto enfatizzato proprio questo aspetto, anche da parte del PCI, paradossalmente mettendo ai margini quelle stesse componenti di sinistra che erano invece internazionaliste e rivoluzionarie, irriducibili alla dimensione nazionale: dal gruppo di Bandiera Rossa a Roma alla “Organizzazione Comunista Alto Milanese” dei fratelli Venegoni tra Legnano e Busto Arsizio, fino ai già citati gruppi anarchici.

C’è infine un ultimo “colore” dimenticato: è quello delle divise del Corpo Italiano di Liberazione, i reparti regolari italiani che risalirono dal Centro-Sud a fianco degli Alleati.
Pochissimo ricordati, diedero un contributo centrale nella lotta nazionale contro il nazifascismo: furono anche loro tra quelli che consentirono all’Italia di presentarsi al tavolo della conferenza di pace come Paese sconfitto, ma che aveva cercato un riscatto dopo anni di dittatura, separando il proprio destino da quello del fascismo. 

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“Gli altri colori della Resistenza” saranno al centro di un incontro (online, 22 aprile) promosso dalle associazioni Anpi Milano e Fivl-Raggruppamento Alfredo Di Dio, oltre che da Acli, Ecoistituto Valle del Ticino, Museo Storico Cuggionese e dalla rinata Fondazione Corpo Volontari della Libertà.

L’incontro vedrà interventi di Gianni Mainini (Fivl – Raggruppamento Alfredo Di Dio), Luisa Vignati (relazione sui militari del Corpo Italiano di Liberazione), prof.Giorgio Vecchio (la resistenza dei cattolici), prof. Giorgio Sacchetti (antifascismo anarchico) e Roberto Cenati (Anpi Milano).

Appuntamento giovedì 22 aprile 2021, alle ore 21, su questo canale YouTube 

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 13 Aprile 2021
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