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La delusione di Massimo Crespi: “Destra spaccata, al centro troppe ambiguità”

Alle spalle l'esperienza di Comunità Giovanile e Comunità Famigliare, aveva tentato di fare da "pontiere" tra diverse anime politiche, ma oggi riconosce le difficoltà. "Ma lancio dieci punti 'rivoluzionari'"

Massimo Crespi

«La delusione prevale e forte». Massimo Crespi non lo nasconde: ha cercato di far emergere una cultura politica (fortemente legata ai «valori non negoziabili») in quel di Cassano Magnago, anche con impronta civica, ma il suo sforzo si è infranto su troppa incertezza, dice. Mentre in parallelo anche il campo largo del centrodestra cassanese frantumarsi, scomporsi, anche in maniera piuttosto inedita.

Crespi aveva provato anche ad allargare il giro, aveva organizzato un incontro tra Cassano 2032 e l’esperienza di Busto Grande, ma ora prevale la delusione. «Fare il “pontiere” tra liste civiche e personaggi in odore di candidature strategiche visto l’appuntamento del vicino giugno dove si potrà decidere della vita amministrativa della Città di Cassano Magnago, orientata al bene comune, non ha dato grandi soddisfazioni».

Dice di aver tentato di «lanciare cime di salvataggio tra compagini diversamente votate all’isolamento quando non all’insuccesso». E il giudizio ora: Non c’è visione e, per quanto mi riguarda, abilità tattica, strategica, nel salvare il salvabile, nel mettere insieme pranzo o cena programmatica su quanto si potrebbe e dovrebbe fare insieme per rimediare qualcosa di accettabile da noi».

«La sinistra, antistoricamente ed incredibile dictu, visu et auditu, sa fare squadra, parte per tempo, chiarisce le formazioni, propone qualcosa di accattivante. Pòlice docet si potrebbe
dire, se non dixit in persona» analizza Crespi. «Al centro non c’è nulla, purtroppo. Dicono per troppa ambiguità, troppa paura di dire equilibrio: forse hanno ragione, non c’è più l’equilibrio dei pesi massimi. La destra sta spaccata, frantumata, arrabbiata».

Rimane la forte delusione, anche rispetto all’agenda politica che a Crespi stava a cuore: «Quando ho capito (tardi, va detto) che non esistevano praticamente liste, movimenti, gruppi di opinione politica, anche vetustissimi partiti, i quali tenessero alla testimonianza, alla difesa di valori detti “non negoziabili” cui tengo oltremodo, credo passati di moda (vita, libertà, comunità), mi sono ritrovato senza la inattesa volontà di candidarmi ad un posto in Consiglio comunale ed in una qualunque squadra. Questo soprattutto perché quei valori così discutibili nei tempi modernissimi, non avevano nemmeno lasciato posto ad altri ideali
meno fragili (se vogliamo), tipo l’inviolabile vitalità delle persone, la libera espressione di ciò che ci pare e piace e la comune propensione a fare solamente le cose che interessano veramente».

L’analisi del quadro cassanese è feroce: «Niente, mi dispiace, però dico che non c’è niente di interessante e di valore! Qualche vecchia poltrona, qualche decoro urbano stile Casamonica, certe sicurezze nell’impunità a chi fa cacare le bestie sul viale e nella punibilità di chi non fa passare prima i pedoni sulle strisce scolorite».

Non un ritiro totale, però: «Ho lasciato tuttavia una sorta di testamento. Ho pensato che dentro ‘sta pseudo civiltà dell’immaginazione stupefacente potesse golosire vedere le cose di Cassano, le foto, l’immagine di ciò che va bene e di ciò che va malissimo per muovere qualche resto di coscienza civica, civile. Così sto pubblicando sul neonato Gruppo Immagini(amo) Cassano, scatti della città fatti in giro coi miei giovani due ragazzi dotati vivadio di slancio o di sana ingenuità, che fa loro bene. Magari lo fa anche ad altri: così posto su Facebook sperando nella pubblica utilità, nello sdegno per certe cose schifose ed illudendomi nell’apprezzamento per il già fatto da chi ci ha preceduto, onorevolmente».

Proprio qui Crespi vuole proporre «dieci punti programmatici “rivoluzionari” descrittivi di ciò che pensiamo servirebbe senza se e senza ma a Cassano». Per quella che chiama «una ricostruzione civile del posto cui vogliamo bene».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 12 Maggio 2022
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