Il murale di Gallarate che spiega perché un muro non per forza divide
I più non lo vedono, perché è in una strada che si percorre in auto solo da una parte. Risale al 2012 ed è nata da un'idea ingegnosa per rispondere una richiesta del Comune in occasione di una ristrutturazione

Prendi un muro bianco e trasformalo in un’opera di street art, che rende una casa privata un elemento del paesaggio urbano: il muro è quello di una casa privata in via Puccini a Gallarate, nella zona vicino all’ospedale. L’edificio è parte di una vecchia corte, un po’ stretta tra un capannoncino e moderni condomini, e il murale gioca proprio sul significato del muro bianco, quasi come un’opera d’arte concettuale.
Il supporto dell’opera, in questo caso, è un elemento centrale nella storia: la casa risale al 1905 e all’inizio degli anni Dieci del Duemila è stata oggetto di un ampliamento. La Commissione Paesaggio del Comune di Gallarate non gradiva l’aumento di estensione del muro bianco di testata . Di qui è nata l’idea dei proprietari di allora di lavorare proprio sul concetto di muro: l’opera cita la definizione di muro presente nel dizionario Devoto-Oli.
Il murale è stato ideato dall’art director Sara Modica e dall’architetto Riccardo Serpe e realizzato nell’estate 2012 da un artista milanese Francesco Vicari, in arte Pus, che l’ha realizzata con l’uso di stencil. Il tutto ha richiesto un paio di settimana.
Un’opera in bianco e nero (a parte il significativo tocco di colore) che richiama una certa street art essenziale, come quella del britannico Banski. Il murale si è trasformato in un riferimento per una zona residenziale del centro, un po’ appartata, dove convivono edifici inizio secolo e qualche condominio moderno.
È anche un’opera da scoprire: la strada è più o meno solo residenziale, è a senso unico e dunque il muro non è facilmente visibile da chi passa in auto o in bicicletta nella direzione consentita. Insomma, alla fine è un’opera che “scopre” soprattutto chi va a piedi e ci passa per caso.
Al di là del valore del murale, è anche una storia interessante per un aspetto: l’attenzione dei Comuni – a volte un po’ “burocratica” – al normale trasformarsi degli edifici può generare una città nuova, se incontra arte e design. E tra l’altro l’edificio ha nel tempo ospitato – e ospita ancora – studi di architettura e design.
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