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Fiorentini: “Costruito dai cittadini di Gallarate, l’ospedale è un patrimonio da non disperdere”

Aurelio Fiorentini dal 1955 al 1983 è stato coordinatore amministrativo dell'ospedale cittadino e ripercorre il contributo di chi, economicamente o con le professionalità, l'ha fatto crescere. "Quest'anno a settembre compirà 150 anni"

gallarate generico

«Il 29 settembre 1873 saranno 150 anni dalla fondazione dall’ospedale San‘Antonio Abate, con l’apertura del famoso padiglione del Boito». C’è una lunga storia, dietro l’ospedale di Gallarate e il ragionier Antonio Fiorentini ne ha vissuta una parte importante, gli anni in cui il Sant’Antonio Abate divenne un ospedale moderno, passando dal sistema delle “mutue” alla sanità pubblica universale: è stato infatti Coordinatore amministrativo dal 1955 al 1983.

«Non disperdiamo il patrimonio costruito da tutti i gallaratesi» dice oggi, preoccupato per il progressivo decadimento dell’ospedale. Novantatrè anni, Fiorentini è stato anche consigliere comunale («di minoranza», con la Dc) «poi anche consigliere del Camelot per cinque anni». È un nome noto per chi ha vissuto – da cittadino o da operatore – l’ospedale dal Dopoguerra in avanti.

«L’ospedale di circolo Sant’Antonio Abate di Gallarate e comprendeva tutta una serie di Comuni, circa 220-250mila abitanti, da Samarate a Oggiona, da Ferno a Besnate. Ci sarebbero tutte le motivazioni per continuare ad avere un ospedale che funziona per  un bacino così ampio».

Storia di 150 anni, ricorda, un secolo e mezzo in cui si sono straviziati valore economico e professionalità, che Fiorentini ripercorre con lucidità e sintesi efficace. «Il Sant’Antonio Abate è nato dalle donazioni, è stato sostenuto dalle maggiori famiglie che hanno lasciato il loro nome nei padiglioni: Trotti Maino, Bellora, Telmo Ferrario, il dott Borgomaneri che lasciò tutti i suoi beni. Ma anche molta gente umile di Gallarate: ricordo quando con il direttore andammo in giro pure è raccogliere i fondi per avere la prima Tac. Nella presenza di tanti donatori c’è il senso di attaccamento dei gallaratesi»

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Il padiglione del Boito

Fiorentini ricorda la governance locale che ha guidato l’ospedale come ente autonomo, fino alla confluenza nel sistema sanitario nazionale (con la USL n.6): «Come presidenti si sono avvicendati il commendator Guenzani, il commendator Zibetti, il dott. Claudio Macchi, don Mario Ravizzoli, Luigi Michele Galli. Con un consiglio che si riuniva ogni martedì dalle 21, dove si affrontavano i problemi. Si finiva al le 2 di notte, si discuteva ma non c’erano mai voti contrari», perché si procedeva con metodo del consenso.

Al d là del versante amministrativo che competeva più direttamente a Fiorentini (e ai vertici politici) l’ospedale costruì una credibilità grazie a professionisti che arrivavano all’inizio soprattutto da Milano e Pavia, principali centri di formazione medica: «L’indimenticato prof Cazzullo, Montanini, Penne, Fulvio Ghiringhelli, Luigi Ghiringhelli, l’endocrinologo Piotti, Martinazzoli, il professor Roggia: abbiamo avuto personaggi di altissimo livello».

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Lo scudo dell’ospedale civico sul padiglione affacciato su via Pastori

Ma testimonianza dell’importanza era anche l’utenza, con personalità che scelsero di curarsi qui: «Aldo Aniasi sindaco di Milano, Susanna Agnelli, Rita Levi Montalcini, il cardinal Montini, il generale Dalla Chiesa: persone che riconoscevano a Gallarate caratteristiche peculiari. Ricordo quando con loro si faceva il giro del padiglione con i quadri dei benefattori, mostrando chi aveva fatto crescere nel tempo l’ospedale».

Un patrimonio da non disperdere e per cui la politica locale deve spendersi, ribadisce Fiorentini: «Da bambino mio padre mi diceva che il sindaco è il papà di tutti i cittadini. Giusto dunque che si occupi dello sviluppo economico, della circolazione stradale, della piscina della Moriggia. Ma soprattutto si preoccupi della salute dei cittadini, che è una forma di vicinanza ai cittadini». Con un appello chiaro sull’ipotesi di ospedale unico: «Invito il signor sindaco e l’assessore Bertolaso, a cui va la mia massima stima, a esaminare bene la cosa. Non ha senso rinunciare a due ospedali per uno solo».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 06 Giugno 2023
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