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Folti baffi neri

L'ingresso in un club esclusivo della NHL, la cena con Ronald Reagan, la stravaganza impressa sul volto ma anche il lavoro da bracciante e il timone di una nave nella tempesta. Tutto questo è Dennis Maruk

alla balaustra folti baffi neri

(d. f.) “Folti baffi neri” è la sesta puntata della rubrica di Marco Giannatiempo curata dalla redazione sportiva di V2 Media/ VareseNews e dedicata alla cultura dell’hockey su ghiaccio. “Alla balaustra” ha cadenza quindicinale e viene pubblicata il primo e terzo (ed eventualmente quinto) lunedì pomeriggio di ogni mese.

Chiedete a qualsiasi esperto di hockey di citarvi i 30 migliori giocatori di sempre e, statene pur certi, il nome di Dennis Maruk in quella lista non apparirà. Eppure parliamo di uno dei talenti naturali più puri che abbiano mai calcato le piste della NHL: per lui oltre 350 gol all’attivo a fine carriera e l’ingresso in un club molto speciale, per un giocatore che oltre a guidare la propria squadra in moltissime vittorie, ha fatto anche il bracciante e il timoniere in una nave da rifornimento al centro del Golfo del Messico.

Il club di cui fa parte Dennis conta ad oggi, nel 2024, solo 23 giocatori in 107 anni di storia. Lui è stato il settimo giocatore in assoluto nella NHL a totalizzare 60 gol in una sola stagione.  I nomi del “Most 60-Goal Seasons” sono tutti famosi, Gretzky, Lemieux, Hull o Kurri ed altri, meno uno: all’uomo con i folti baffi neri infatti, il fato non riserverà popolarità.

Nato a Toronto, in Canada, nel 1955 Maruk ha due doti distintive: la prima è il suo innato talento nel gioco dell’hockey su ghiaccio. Non è velocissimo e neppure prestante infatti misura infatti soltanto 1 metro e settanta e pesa centosessanta libre (poco più di 70 chili), ma ha un gioco di bastone incredibile e un senso della posizione sensazionale, e poi è incredibilmente intelligente. La seconda dote è la sua barba, nera e folta, che appare sul viso in tenerissima età; questa caratteristica con l’hockey, almeno all’inizio, non c’entra ma gli servirà per guadagnare un mucchio di dollari.
Se i ragazzi della sua età per fare soldi trascorrono i pomeriggi a mettere sulla piastra hamburger o smistare galloni di benzina in una pompa di carburante, lui per quella sua caratteristica incassa grazie al commercio dei liquori. Raffina una tecnica infallibile; veste pantaloni e camicia lisi e sporchi di calce, indossa un elmetto giallo sotto al quale spicca la sua folta barba, elementi che gli concedono un lasciapassare naturale nei liquor store anche se è ben distante dai 21 anni richiesti per entrarci. Una volta all’interno compra alcool che rivende con prezzo maggiorato di cinque volte agli amici.

Così fa tanti soldi, si compra bei vestiti e passa molto tempo nei Luna Park della zona, mentre il resto della sua giornata lo trascorre davanti alla TV dove segue con passione il baseball. E proprio durante una di queste partite vede Al Hrabosky, “il pazzo ungherese”, lanciatore mancino dal braccio micidiale che gioca per i St. Louis Cardinals. Di lui gli restano impressi quei clamorosi baffi, enormi e folti, che concedevano al giocatore una personalità incredibile! Da quel pomeriggio decide che sarebbero stati il suo marchio di fabbrica, perché nel frattempo aveva anche giurato che lui, anche se in un altro sport, voleva fare il professionista.

Che ci sappia fare con il disco lo si era già visto qualche anno prima: a 12 anni infatti Maruk si fa notare nel torneo internazionale Pee-Wee del Quebec e dieci anni più tardi arriva in OHL (Ontario Hockey League) dove gioca per i London Knights totalizzando oltre 400 punti tra gol e assist. Quella dei Knights è forse la maglia che più di tutte rimarrà nel cuore di Dennis, e proprio in Ontario dove i suoi baffi sono ormai diventati leggendari, gli viene assegnato il soprannome di “Fu Manchu” il personaggio immaginario creato da Sax Rohmer diventato tra le altre cose l’archetipo del “pericolo giallo” e trasformatosi nel cattivo per antonomasia in serie dei romanzi e film di James Bond.

La chiamata in NHL per Dennis Maruk arriva nel 1975, quando viene scelto dai California Golden Seals. Il fatto che sia tra i più giovani in squadra non lo imbarazza affatto: si prende una maglia da titolare, gioca tutte e 80 le partite della stagione segnando 30 gol e servendo 32 assist. Un ottimo biglietto da visita che lo porterà diretto a Minnesota, nei North Stars, e qualche anno dopo a Washington, dove con i Capitals disputa cinque stagioni dal livello incredibile. La sua miglior annata di sempre arriva nel 1982, quando appunto segna 60 gol (e servendo ben 76 assist): impresa che oltre all’ingresso nello speciale club di cui sopra, vale una cena con l’allora presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan.

Lo stesso anno uno sponsor che commercia nel mondo delle lamette da barba gli propone di tagliarsi i baffi per uno spot ma lui rifiuta. Lo sponsor rilancia e dice che pagherà le riprese di quel video quanto una sua intera stagione da professionista: lui allora ci pensa, si liscia i lunghi e folti baffi e riflette sul fatto che così tanti soldi in così poco tempo non li avrebbe mai guadagnati. Richiama lo sponsor ma poi ci ripensa e dice che loro si tengano pure quella montagna di dollari, perché lui ha deciso di tenersi i suoi folti baffi neri.

In pista la striscia positiva continua con medie punti da vero e proprio fuoriclasse: a fine carriera Dennis collezionerà 888 partite in NHL, 356 gol e 522 assist. Sulla carta gli elementi per posizionarlo nell’Olimpo dell’hockey ci sono tutti; figura carismatica, l’ingresso nello speciale club di chi segna 60 gol in una stagione, un mare di punti tra reti ed assist e un gioco davvero di alto livello. Evidentemente però tutto ciò non è bastato: forse sono mancati i favori delle cronache, forse quel suo carattere troppo diretto non lo ha aiutato. O magari, per chi ci crede, è solo tutta colpa del destino.

I pattini al chiodo li appende nel 1999, anno in cui si rende conto che sì, a hockey ci sapeva giocare e pure bene, ma non si era mai cimentato in altro che non fosse il ghiaccio. Ora però ha bisogno di soldi. Lavora come bracciante nella fattoria di John Oates, voce e chitarra degli “Hall & Oates“, ma dura poco e poi la musica del suo “capo” non gli piaceva neppure. Sceglie quindi un lavoro ben pagato che consiste nel fare da membro dell’equipaggio a bordo di una nave da rifornimento nel Golfo del Messico:  lavoro semplice, duro ma tutto sommato fattibile.

Una sera però, nel corso di una forte tempesta che infuriava nel bel mezzo del golfo, l’anziano capitano della nave decise che doveva riposarsi dopo un turno massacrante, dicendo a Dennis che per qualche ora il timone era suo. Lui si giustificò ribattendo che non aveva guidato neppure un canotto in vita sua, ma il capitano disse che era semplice: bastava tenere il timone a dritta e fare attenzione al radar per evitare le petroliere. Tutto questo tenendo le dita incrociate, visto che non tutte le petroliere erano registrate, e quindi presenti sugli strumenti, e con l’intensità di quella maledetta tempesta quando avrebbe visto una di quelle gigantesche navi sarebbe stato troppo tardi per virare.

Dennis quella notte se la cavò nonostante la tempesta e la sua palese inesperienza. Gli fecero compagnia i suoi pensieri pescati a caso tra le centinaia di partite, gol e naturalmente quell’incredibile sessantesima marcatura. E poi le feste, i fiumi di birra e la cena con il presidente degli Stati Uniti. Mille pensieri che lo portarono fuori dalla tempesta, lui ed i suoi folti baffi neri.

ALLA BALAUSTRA: PUNTATE PRECEDENTI

1. La fine di un “goon”
2 . Ghiaccio nero
3. Quei “matti in gabbia”
4. Sessantotto
5. Novantasette per cento

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Pubblicato il 25 Marzo 2024
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