Due geni, mille risate: a Gallarate la comicità di Roberto Mercadini su Leonardo e Michelangelo
lo Tra le presentazioni letterarie di Duemilalibri si fa spazio il drammaturgo Roberto Mercadini che fa ridere il pubblico sulle stranezze che hanno coinvolto i grandi Leonardo e Michelangelo. Una serata tra teatro, arte e letteratura al museo Maga
«Chi era Leonardo da Vinci? Un uomo bello ed elegante, ricercato nel vestire. A volte addirittura vestiva di rosa o viola. E chi era Michelangelo? Beh, un uomo goffo e sproporzionato, trasandato al limite della bestialità. Leonardo era un uomo di corte, un grande conversatore. Sapeva incantarti e divertirti, metterti a tuo agio. E Michelangelo? Michelangelo non perdeva occasione per creare fratture. Pensate, ha litigato anche con il Papa».
Così Roberto Mercadini presenta con comicità i protagonisti del suo nuovo libro L’ingegno e le tenebre. Leonardo e Michelangelo, due geni rivali nel cuore oscuro del Rinascimento. I protagonisti della serata sono loro. Un Leonardo da una curiosità enciclopedica e un Michelangelo interessato a una cosa sola: il corpo umano. Nudo. Maschile. Muscolosissimo. Seduto.
Un Leonardo e un Michelangelo che non si piacciono per niente. Michelangelo irride pubblicamente Leonardo. Mentre Leonardo dice della pittura di Michelangelo che non ha nulla della grazia umana e la paragona a fasci di ravanelli e sacchi di noci. Tuttavia, il romanzo dell’autore è tenuto insieme dalla capacità degli artisti di disegnare cose invisibili.
Su Leonardo…
Il primo dubbio che Mercadini presenta in sala riguarda il celebre autoritratto datato 1517. L’artista avrebbe dovuto avere circa 65 anni e il soggetto con la lunga barba non sembra dimostrare quell’età. Il drammaturgo sul palco indolenzisce la pillola: non ci sono documenti che attestino che sia un autoritratto. Ma avanza anche un’ipotesi: è morto suo zio Francesco da poco. Potrebbe essere quindi un tributo per quello zio che secondo il nonno di Leonardo “si aggira per la villa senza far nulla”; per quello zio fratello del padre biologico e adottivo di da Vinci. Roberto ricorda al pubblico che Leonardo non può studiare le arti alte perché non è figlio legittimo. Si deva accontentare di fare il meccanico, letteralmente di lavoratore con le mani. Così dopo anni da apprendista presso il Verrocchio apre una bottega tutta sua. In cinque anni però la bottega chiude: Leonardo ha realizzato due opere non terminate e un’opera non iniziata.
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Sorge poi l’era di Milano alla corte del Moro. Nella sua lettera di presentazione da Vinci elenca tutte le cose irrealizzabili che sa fare, cose rimaste irrealizzabili anche con la tecnologia moderna – peccato o per fortuna nessuna macchina da guerra di da Vinci ha fatto morti -. Tuttavia, a Milano il pittore di corte c’è già, è Ambrogio De Predis, nipote milanese di pittore milanese che aveva lavorato al Duomo. Quindi, per cosa gli Sforza tengono Leonardo a corte? Ovviamente per fare il direttore artistico, il regista del castello. Del pittore di corte però da Vinci diventa amico, tanto che dei committenti affidano ad entrambi la realizzazione del trittico che per rispettare i canoni di bellezza del tempo sarebbe dovuto essere “oro oro, blu blu, luce luce”. L’opera in questione verrà rifiutata perché non sarà abbastanza oro oro, blu blu, luce luce come l’epoca richiedeva. Leonardo aveva anticipato qualcosa che è venuto 120 anni dopo con il Caravaggio: l’oscurità, le ombre, l’abbandono dei simboli della santità.
«Leonardo dipinge il futuro» chiude Mercadini. «Un pittore deve fare due cose: rappresentare il corpo umano e il concetto della mente».
Da Vinci però si supera, rappresenta il senso della distanza tramite il colore: abbandona la prospettiva geometrica per abbracciare quella aerea. “Leonardo ti fa vedere la consistenza dell’atmosfera. Egli disse che la musica è la figurazione delle cose invisibili, ma tutta la sua arte è stata disegnare cose invisibili”. Applausi.
Su Michelangelo…
Michelangelo invece, figlio di nobile decaduto, ha l’opportunità di iniziare gli studi alti. Lavora in casa De Medici e quando muore il Magnifico, il figlio lo incarica di realizzare pupazzi di neve. Ragion per cui Buonarroti preferisce la proposta degli agostiniani che gli permettono di sezionare i cadaveri. Agli agostiniani l’artista rende omaggio regalando un Cristo nudo. «Non era un provocatore, sosteneva che ci si dovesse elevare spiritualmente guardando un corpo umano, in quanto opera di Dio. così dice Michelangelo. Per lui, se l’osservazione di un corpo umano suscita eccitazione, è un problema personale legato alla propria impurità» spiega Mercadini.
Dopo aver completato una scultura di Bacco che non verrà mai ritirata dal cardinale committente, un altro cardinale incaricherà Michelangelo di realizzare una pietà in marmo a grandezza naturale. Mai s’era vista prima, qui ha origine l’attitudine di Buonarroti per infilarsi in missioni impossibili. In Italia non si usava rappresentare la pietà perché era tutto fuorché una composizione aggraziata. In Germania e in Francia, Paese da cui il cardinale veniva, se ne vedevano in dimensioni ridotte in terracotta e legno. Michelangelo vince la sfida. Bara sulle proporzioni: realizza una madonna in abiti lussuosi e che si ripiegano su se stessi, una madonna grande come la sua misericordia, più grande del Cristo, prosciugato dalla sofferenza. Bara ma se lo può permettere perché «scolpisce le anime, non i corpi».
La seconda stagione di Mission Impossible in cui Buonarroti è protagonista è la realizzazione del David. Dopo la «certificata morte del soggetto» dichiarata da due tra i maggiori scultori dell’epoca nei confronti del blocco di cemento che avrebbe dovuto essere oggetto di scultura, Michelangelo decide di realizzare il David, talmente vero che pare di «miracolosa carne minerale».
Lo scultore però non è ancora soddisfatto, non ha ancora superato i classici di cui si ritiene allievo. Scopre che la potenza che sta ricercando non la otterrà dalla posizione verticale del soggetto, invero dal soggetto seduto su un supporto. Sedute sono le potenti figure del gruppo scultoreo del Laocoonte, seduto è il torso del belvedere. Così ne Il giudizio universale, tutto costituito da corpi umani muscolosissimi e seduti, Michelangelo scandalizza i suoi contemporanei e noi ancor oggigiorno. Protagonista è ancora la nudità, per lui necessaria per rappresentare il corpo umano al vertice della santità.
Rispetto ai suoi contemporanei però, per il poco spazio, fa una scelta anti-intuitiva che stupisce ancora oggi: decide di non mettere l’inferno. «Perché? Perché è tutto inferno» svela il drammaturgo. Cristo giudice è spietato, la madonna si ritrae dal figlio, i santi reagiscono spaventandosi anche se sono già stati salvati. Buonarroti è un grande lettore di Dante e prende Virgilio alla lettera: non puoi impietosirti per il destino dei dannati perché così ammetteresti che Dio è crudele. Nell’opera infatti, angeli e diavoli prima contrapposti, diventano alleati avendo uno scopo comune: che i dannati vadano all’inferno. «Anche Cristo fa paura come il diavolo, ecco come Michelangelo ci sfida». E qui Roberto Mercadini si interrompe.
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