Dell’ospedale di Gallarate rimarranno due padiglioni. Sul resto un nuovo “quartiere”
Asst Valle Olona ha scelto l'opzione B dello studio curato da Arexpo. In futuro la grande area, oggi occupata da reparti e parcheggio, potrà accogliere residenze, strutture sanitarie private, verde, con nuove edificazioni o riuso degli edifici

Si va verso l’ospedale unico Gallarate-Busto e continua il dibattito intorno al destino delle aree del Sant’Antonio Abate di Gallarate, quando sarà pronto il nuovo polo unico.
«La conclusione dei lavori è prevista a fine 2030, i trasferimenti definitivi sono previsti a inizio 2031», ha aggiornato la dg dell’Asst Valle Olona Daniela Bianchi, intervenuta in Commissione sanità nella sala consiliare gallaratese, insieme ai tecnici di Arexpo.
La società a capitale pubblico ha presentato la Carta delle Potenzialità, l’analisi dal punto di vista urbanistico ed economico sul riutilizzo dell’area, che procede per possibili funzioni da inserire sul grande quadrilatero che si trova appena a Sud del centro storico cittadino, in area quanto mai centrale (nella foto di apertura le aree da dismettere sono quelle dentro la linea rossa tratteggiata, con edifici colorati).
Il punto primo, però, è definire cosa dismettere e cosa mantenere nel perimetro dell’Asst, vale a dire la sanità pubblica.
L’area complessiva – oggi – è articolata su dieci edifici principali, per una superficie lorda complessiva di circa 59mila mq e un volume edilizio di 240mila mc.
Alcuni edifici, risalenti a oltre 70 anni fa, presentano elementi di rilevanza storica e architettonica, come il Padiglione Polichirurgico, la Palazzina Boito e il Padiglione Riabilitazione.
Qui sono stati tracciati due scenari di dismissione e Asst ha optato per lo scenario B, che prevede il mantenimento del Padiglione Polimedico, sia la metà Est che la più recente metà Ovest, oltre all’ottocentesco Padiglione Boito che è vincolato. Sono in sostanza gli edifici affacciati su via Bonomi e largo Boito.
E il resto?
Si ipotizza prima di tutto il mantenimento di funzioni socio-sanitarie, ovviamente a quel punto d’iniziativa privata, al di fuori dei padiglioni mantenuti nell’ambito dell’Asst.
Oltre a questo le destinazioni d’uso valutate includono anche servizi didattici e culturali, residenza (in particolare senior housing, student housing e co-living), spazi direzionali e ricettivi, aree verdi come community gardens, giardini terapeutici e playground.
Si parla di destinazioni compatibili, anche se poi l’effettiva funzione andrà definita in base alla domanda che verrà. La relazione riprende gli elementi di forza, legati in particolare alla centralità dell’area (in dieci minuti si tocca tutto il centro storico, si arriva fino alla stazione) e alle sue connessioni. Ad esempio: gli estensori ritengono l’area appetibile anche per alloggi per studenti, visto che Milano è relativamente vicina – 35-40 minuti di treno, meno ancora per il polo Mind che disporrà di una sua stazione.
Un elemento è stato ribadito a seguito di una delle domande poste dal consigliere di minoranza Giovanni Pignataro: l’idea di procedere per ottenere una «mixitè funzionale sulle due aree», vale a dire i padiglioni da rifunzionalizzare (a Nord) e l’area dell’attuale parcheggio (a Sud) da edificare.
Si è parlato anche del futuro dei muri perimetrali del comparto. Il consigliere Pignataro ha chiesto «se potranno essere abbattuti» e «se è stata fatta una valutazione rispetto al valore per il genius loci». Il passaggio, polemico, va spiegato: si riferiva alla valutazione alla Commissione Paesaggio comunale che aveva bocciato i murales sul lungo muro perimetrale dell’istituto Aloisianum, indicandolo appunto come elemento di memoria collettiva stratificata.
Al di là del passaggio polemico, era anche un quesito concreto: la definizione – concreta – di quell’isolato a funzione sanitaria è un elemento che rimarrà o che sarà cancellato dalla ridefinizione? «La strategia è aprire dei varchi nel recinto in alcuni punti: non vogliamo perdere la cortina» è la valutazione proposta dai tecnici di Expo.
Il dibattito sul futuro delle aree è aperto da mesi ed è piuttosto acceso a Gallarate, è tornato alla ribalta anche un mese fa con la proposta (poi bocciata) della lista Obbiettivo Comune Gallarate di tenere un referendum sul tema. Le opposizioni contestano una dismissione eccessiva delle aree e paventano l’insediamento della sanità privata al posto di quella pubblica, in particolare nel riuso dei padiglioni più moderni, di cui è prevista la cessione.
La maggioranza invece ha difeso la validità dell’accordo e il percorso delineato, anche se pure nel centrodestra c’è stata una certa delusione rispetto al mancato inserimento dell’Ospedale di comunità (offerta concentrata invece a Somma Lombardo). Nel complesso però il centrodestra valuta posisitvamente l’insieme dell’offerta articolata su nuovo polo unico per gli acuti e offerta socio-sanitaria ridotta nelle aree mantenute nei vecchi ospedali di Busto e Gallarate
Il dibattito sui posti letto del futuro ospedale
Chiusa la parte realtiva al futuro dell’area – che continuerà a far discutere – si è tornati alla ormai lunga querelle sull’offerta del nuovo ospedale, riaffrontata dalla dg Daniela Bianchi. «L’occasione per dimostrare che le bugie hanno le gambe corte» ha detto il sindaco Andrea Cassani, riferendosi al dibattito nel mese scorso.
Bianchi ha ripercorso i numeri dei precedenti documenti, che “fotografavano” i posti previsti (773+93 tecnici nel 2023) fino allo studio per la progettazione che invece prevedeva 773 posti totali, ordinari e tecnici. La direttrice generale ha aggiunto al dibattito una Delibera di Giunta Regionale del 30 aprile scorso che invece cita 776+109 posti, per un totale di 885, un dato più prossimo al 2023.
In generale Bianchi ha contestato l’idea che si possa fare un confronto con i numeri del passato: «Non possiamo più ragionare con le previsioni degli anni Novanta. L’ospedale unico risponderà alle esigenze attese della popolazione e garantirà tutti i servizi necessari. Gli spazi ci sono, lo garantiscono i grandi studi che hanno partecipato al concorso di progettazione». Il consigliere Pignataro ha ribattuto dicendo che il confronto sul depauperamento dell’ospedale veniva fatto partendo dai dati di anni recenti, «non su numeri degli anni Novanta».
Sul destino e l’effettiva capacità del nuovo polo in ogni caso è prevedibile che il dibattito continuerà anche in futuro.
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