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La protesta ai licei di Gallarate. “Gli studenti qui non contano”

Davanti alla scuola sono comparsi striscioni, su Instagram i post che spiegano le ragioni, tra eccessiva burocrazia, murales cancellati e spazi di autonomia ridotti. "La scuola dovrebbe tirare fuori, non recidere, la ricchezza delle opinioni degli studenti"

gallarate generico

Ultimo giorno con protesta ai Licei dei Tigli di Gallarate: ragazze e ragazzi hanno espresso sui social ma anche con striscioni in strada il disagio vissuto a scuola.

“Benvenuti nella scuola dove gli studenti non contano” è lo striscione apparso (e poi rimosso) davanti all’edificio dei licei. Contemporaneamente gli studenti hanno anche spiegato in modo articolato le loro ragioni con un lungo post grafico su Instagram, pubblicato dall’account di Lista CiSta.

«Una volta il nostro liceo promuoveva lo sviluppo critico degli studenti e garantiva loro spazi in cui poterlo esprimere, discutere e formare» scrivono gli studenti.
Quali sono i punti controversi?
Uno riguarda gli spazi dell’autonoma espressione della componente studentesca: «Una volta i relatori delle assemblee studentesche non erano scelti, varati e controllati dalla dirigenza». Per chi ha fatto le superiori prima degli anni Duemila era la normalità, ma negli ultimi lustri gli spazi di autonomia degli studenti sono stati ampiamente ridotti.

C’è poi un’accusa sulla burocratizzazione della scuola: «Per fare un murales in ricordo di Giulia (la ragazza di 16 anni uccisa dal padre a Samarate, ndr) dall’idea alla realizzazione ci sono voluti due anni e mezzo. Per rimuovere quello recentemente comparso, appena pochi giorni» scrivono ancora gli studenti nel post facebbok.

Il riferimento è al murale “Gallarate antifascista” che è stato dipinto da ignoti una notte e che è stato poi cancellato prontamente. Però gli studenti non richiamano tanto il contenuto politico, quanto di dinamica generale rispetto ad altre istanze emerse da alunni e alunne: «Il problema non è costituito dalla posizione politica ma dai lunghissimi iter burocratici messi in atto per iniziative che alla dirigenza forse non interessano così tanto».
Da ultimo, la protesta nell’ultimo giorno di scuola sarebbe legata anche alla decisione di far svolgere lezione anche nell’ultimo giorno (tema emerso anche altrove).

Al di fuori delle singole rivendicazioni, il disagio è più ampio e gli studenti richiamano la funzione della scuola, che «dovrebbe tirare fuori, non recidere, la ricchezza delle opinioni degli studenti, il loro acceso spirito di iniziativa, la loro grinta, la loro curiosità». Vorrebbero «un futuro quantomeno diverso da quello attuale: un ambiente culturalmente vivo, ricco di diversità, brulicante di iniziative».

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Una scuola capace di sviluppare il pensiero critico: «Non vogliamo pensare che l’andamento che prevalga oggi sia quello di chi scegli e di starsene nel proprio, di chi vive con la coscienza assopita e di chi non rivolge riflessioni a ciò che lo circonda al di fuori del proprio orticello».

Di seguito il post completo:

 

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Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 07 Giugno 2025
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