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Caianiello: “In carcere un anno passa, un giorno mai!”

L'ex esponente politico di Forza Italia implicato nell'inchiesta Mensa dei poveri ha finito di scontare la pena e oggi riflette sulla condizione carceraria

nino caianiello report 2020

Un anno passa un giorno mai! «Zio Nino! Un anno passa un giorno mai!». Negli angusti spazi destinati alle “ore d’aria “ del carcere di Opera, sotto il sole cocente, un giovane detenuto Italo albanese durante il “passeggio”periodicamente ripeteva, aveva una moglie ed un bambino in tenera età e attendeva il fine pena per lasciare l’Italia: «zio, li’ in Germania potrò vivere lontano dal male, dalle tentazioni e curare la mia famiglia».

La vita in carcere è un mondo sospeso, una bolla che ti estranea dalla vita civile e ti rappresenta il riflesso dell’ essenza dell’umanità, ma anche del rispetto delle regole e dell’incedere del tempo che scorre inflessibile. «Zio, tu che conosci questi politici, l’indulto? L’amnistia?» … ogni giorno, non c’era un detenuto che ti chiedesse cosa potevano aspettarsi dalla classe dirigente di questo Paese. La mia schiettezza li portava a lasciarli delusi, a volte anche irritati, ma il quesito “principe” era nel merito di provvedimenti di indulgenza. «Hai sentito il Papa? Il Presidente della Repubblica? Hai visto il servizio sullo stato delle carceri, su come siamo costretti a vivere? Hai sentito un altro suicidio…Vedrai che qualcosa dovranno pure fare !!!

Oggi registriamo una percentuale di sovraffollamento nelle carceri che cresce in modo esponenziale, i detenuti aumentano, anche grazie all’aumento delle pene e dei reati che prescrivono il carcere come soluzione. I suicidi in carcere registrano un aumento di numero anno dopo anno, si suicidano, purtroppo, anche gli operatori penitenziari, costretti a lavorare con turni e condizioni imbarazzanti e sono inversamente proporzionali all’aumento della popolazione detenuta, i detenenti diminuiscono al di là dei proclami di nuove assunzioni. L’ impatto con la vita carceraria è violenta sotto il profilo psicologico, il dover chiedere permesso per la qualunque, dalla doccia, rigorosamente con indumento intimo, al caffè, al poter condividere nei pochi lassi di tempo gli spazi di convivialità ti rende partecipe, che la cella e la sezione carceraria sono dei gironi infernali già narrati dal Sommo Vate.

La repressione non aiuta a far comprendere gli errori compiuti, il numero insufficiente di educatori e psicologi in servizio oltre agli spazi esigui non possono far percorrere una rieducazione così come auspicato dalla società e dall’articolo 27 della Costituzione. Le recidive sono sempre più alte, tenuto conto che la demografia carceraria conta sempre più sulla diversità di origine, marocchini, albanesi, peruviani, tunisini, egiziani, ucraini.. e tutto ciò porta anche ad un ulteriore sforzo degli operatori penitenziari, poiché al di là dell’aspetto culturale, cambiano anche la fede religiosa e financo le modalità del refettorio carcerario.

La presenza dei volontari e dei cappellani è fondamentale anche se non possono riuscire a contattare e a coinvolgere tutta la popolazione carceraria. Nelle celle vi sono dei televisori che consentono la visione solo dei canali nazionali e non vi è la presenza dei quotidiani se non acquistati e preventivamente autorizzati dal Direttore.

Non si conoscono i motivi e i reati della detenzione dei singoli detenuti, se non espressamente confidati e l’approccio alla innocenza è spesso tra i detenuti “ comuni “ declamata. Ho vissuto i primi giorni al centro medico con detenuti di Alta sicurezza, carcere duro a fronte di reati di rilievo ma con condizioni di salute precaria, persone con diversi anni di carcere già fatti e con tanti ancora o con un fine pena mai.

Consigli, conforto, incoraggiamento ad affrontare la condizioni di neo galeotto tanti, ma il vero aiuto che coglievo era condividere la loro compostezza personale nonostante il dolore delle malattie, mi inducevano a far emergere un senso di reazione verso le avversità e le difficoltà nel comprendere non tanto il futuro ma il quotidiano.

Ecco queste considerazioni sono una minuscola miscellanea del mio vissuto in carcere. Le ho esposte perché non ricordo, ma non dimentico, i tanti che hanno e stanno vivendo in condizioni penose e non degne di un Paese come il nostro le patrie galere. Il carcere deve rieducare e reinserire nella società chi ha sbagliato e scontato le pena, non può essere solo il luogo dove riporre le paure e le vendette della società contemporanea.

Ultroneo e lapalissiano citare il Beccaria, che considerava mal gestito e barbaro, quel Paese che non preveniva il crimine e garantiva una società giusta. Gli occhi dei ragazzi, e dei giovani quando arrivava la posta, le espressioni dimesse o meno, a latere della lettura sempre ed esclusivamente privata nella solitudine procurata. L’attesa degli incontri con i legali, i colloqui con i familiari, occasioni per contattare il mondo esterno e coniugare momenti di intese e di sofferenza reciproche.

Un mondo che congloba tutti i gironi dell’Inferno Dantesco, in attesa che la bolla si sgonfi e ritorni alla libertà. Ecco non mi dilungo, magari bisognerà ritornarci sul tema, ma non riuscire in questo contesto di paure e incertezze del domani, a trovare il modo di creare spazi umani per chi deve scontare le pene sarà non un punto prioritario della vita quotidiana, ma di coscienza civile e il tendere la mano verso chi potrebbe reinserirsi credo che tra una visione di una clip su Instagram o Facebook lo si possa e debba fare. Grazie.

Nino Caianiello

Le vicende giudiziarie di Nino Caianiello

Nino Caianiello ha avuto diversi procedimenti penali. Qui riportiamo notizie dell’ultimo per il quale era stato condannato a 4 anni e 10 mesi nell’ambito del patteggiamento nel processo Mensa dei Poveri.  Dopo nove mesi il Tribunale del Riesame accettò che potesse uscire dal carcere e svolgere servizio presso la sede gallaratese di Exodus dal suo amico don Mazzi. Da qualche giorno ha ultimato di scontare la pena.

 

Pubblicato il 24 Settembre 2025
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