Io che giro il mondo (omaggio a Don Backy)
di Abramo Vane

Nell’incipit di un racconto messo nella Vetrina da leggere di vent’anni fa avevo scritto Ci sono due modi per vedere il mondo, e uno è quello di viaggiare, e l’altro di stare fermi, e il mio amico Maniglio quella sera afferrò la chitarra che era a disposizione dei clienti e si mise a cantare Io che giro il mondo, oggi mi son fermato in un paese splendido che mi va. E allora presi due sedie dal mio bar e ci sedemmo lì fuori, e ai miei baristi comandai due guinness. Avevo capito che quella serata sarebbe stata un omaggio a Don Backy, il cantante preferito di Maniglio. E l’architetto Giannelli, uno che non c’era continente nel quale non avesse messo piede, si fermò anche lui a sentire la canzone. Ogni giorno in siesta, ogni notte in festa. Siviglia! esclamò indicando col dito la chitarra di Maniglio, sì a Siviglia la vita è così, e ondeggiò il dito in segno di conferma, e poi si corresse… Ancora di più a Montanita, in Ecuador, là vivono alla giornata e pensano solo a fare festa. E queste citazioni mi mettono sempre di malumore, e così ordinai altre due guinness. Gente come l’architetto Giannelli non ha ancora capito che non c’è paese al mondo più bello del nostro. Oppure l’hanno capito, e girano il mondo proprio per tornare e dire che meglio dell’Italia non ce nè. Intanto nella via non eravamo più soli, e a Maniglio s’erano uniti Sanny e i due francesi, e poi Ricky e Zappa, Frank e Gianfri. Arrivarono il Ciomba con la figlia che da grande voleva fare la cantante, Serpico e Lallo. Son di tutti amico, canto se mi piace, oh, come i giorni passano non si sa, e io che non amo le parole straniere ero pieno di saudade, che è qualcosa di più della nostra nostalgia, e pensai a Simona, la mia compagna di classe, che non avevo faticato a girare il mondo per trovarla, ed era la ragazza più sorprendente che ci potesse essere, con quel tatuaggio che solo io avevo visto. Non esiste il tempo, non esiste il pianto, ragazzi non mi muovo più, e qualche lacrimuccia di commozione quella sera volò nella nostra via, che Maniglio con il suo Don Backy aveva riempito di gente, giovani e meno giovani, famiglie e turisti. Lui, che era giornalista, il giorno dopo scrisse sulla Prealpina che ci vuole poco per trasformare una città dormitorio in qualcosa di vivo. Mi fece un’intervista in quanto proprietario di un bar di via Cavallotti, e io, alla terza guinness, dichiarai la mia convinzione, che è il mondo a girarci attorno, se noi stiamo fermi.
Racconto di Abramo Vane (www.ilcavedio.org). Serie “Non sono canzonette“, dedicata a Maniglio Botti (qui protagonista)
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