L., che ha avuto una bambina mentre viveva in un’auto a Gallarate
La sua famiglia ha perso la casa nel 2024. Nonostante il marito abbia un lavoro regolare, un imprevisto ha fatto deragliare la loro vita. Oggi vivono in una situazione di estrema precarietà

I bambini giocano con una bambola e con un Lego, sul sedile posteriore di una vecchia utilitaria malandata. Non sono in viaggio, ma nel veicolo che è la loro casa. Non sempre, ma a periodi, quando non ci sono altre soluzioni.
È una storia di estrema precarietà abitativa, quella della famiglia di H., che di lavoro fa l’operaio magazziniere per un supermercato ma non è riuscito a tornare alla normalità. Perché un doppio imprevisto – tre stipendi mai arrivati e una truffa che è costata migliaia di euro – li ha privati del bene primario, la casa.
«Abitavo in una casa a Cedrate. Lo sfratto è stato nel 2024, a inizio primavera» racconta H., riepilogando dove tutto è partito (tutti i nomi propri presenti in questo articolo sono stati modificati, per non rendere riconoscibili i minori coinvolti).
«Prima ho lavorato con un furgone per distribuire volantini, in partita Iva, con il Covid ho perso il lavoro. Nel 2022 lavoravo con contratto per un piccolo imprenditore, come autista e corriere. Lui a un certo punto mi ha chiesto di acquistare un furgone per 3900 euro, per lavorare per lui. A fine 2022 non mi ha pagato tre mesi di paga, ho perso 4500 euro. Poi non ha rinnovato il lavoro e in più non mi ha consegnato il furgone. Ho fatto anche causa con un sindacato, alla fine ci ha dato solo 200 euro».
Questa truffa e gli arretrati lo hanno messo in difficoltà. Non è riuscito più a far fronte alle spese e contemporaneamente all’affitto di casa: «Qualcosa pagavo, qualcosa no» ammette. Nonostante l’intervento anche della Caritas (che si è fatta carico di una parte del debito) si è arrivati all’udienza di sfratto nell’ottobre 2023 e alla perdita della casa, il 6 giugno del 2024.
È a questo punto che si è aperta una fase di maggiore precarietà: H. con i tre figli (di sette, sei e un anno) e la moglie è finito per i primi tre giorni in auto. «Poi siamo stati in albergo vicino alla stazione, ma ho finito i soldi». Hanno poi fatto alcuni giorno in casa di conoscenti, poi per alcune settimane in casa di un connazionale che era tornato in Pakistan per un paio di mesi. In mezzo, un altro passaggio in albergo grazie all’aiuto della Caritas cittadina, che ha seguito il caso.

I periodi più complicati sono stati quelli in auto, mentre la moglie L. era in attesa di un bambino e aveva sviluppato anche il diabete gestazionale (forma di diabete transitoria, durante la gravidanza). «In auto non poteva prendere l’insulina regolarmente perché mancava un frigo dove tenere la medicina». La famiglia ha cercato aiuto per tentare di ricostruire una stabilità, passando anche per i servizi sociali: è stato proposto un contributo per la caparra d’ingresso, ma comunque non hanno trovato nessuna casa disponibile.
Dopo un’emergenza, un lavoro regolare non basta
Questa non è di per sé una storia di povertà assoluta. Il signor H. ha un lavoro regolare, dopo una serie di sistemazioni precarie da aprile 2024 lavora come magazziniere in un centro per la grande distribuzione, ha un contratto e uno stipendio regolare.
Ma – dopo la truffa subìta e il periodo di discontinuità lavorativa nel 2023 – anche con uno stipendio normale fa fatica a rientrare dalla situazione d’emergenza creatasi e – a questo punto – a trovare un alloggio regolare per la famiglia di sei persone.
Il tema del peso dell’affitto sul reddito è comune a molte famiglie e individui in Italia, con un’incidenza intorno al 30%, secondo gli studi del 2024 e 2025. Uno studio del Sole 24 Ore indica punte del 46% a Firenze e un dato medio a Milano del 37%. Se dentro i confini della metropoli lombarda la pressione è molto alta, significativa è anche sull’intera area metropolitana, che arriva almeno fino a Gallarate, il centro più vicino (tra l’altro) all’aeroporto internazionale.

«Il tema della vulnerabilità abitativa è esploso anche nel territorio della nostra provincia» dice Andrea Cazzolaro, del Sunia, il sindacato inquilini della Cgil che si occupa anche di casi di estrema fragilità abitativa. «Il numero di nuclei famigliari con sfratti in fase di esecuzione che arrivano ai nostri uffici si sta moltiplicando. Negli ultimi dieci giorni abbiamo preso in carico quattro nuclei già sfrattati, tre dei quali con minori, costretti a vivere in situazioni precarie e informali o peggio in macchina.

Casi estremi come gli sfrattati rappresentano solo «la punta dell’iceberg di un sistema che non tiene più», a fronte di meno investimento pubblico e un mercato senza correttivi. «Mentre il prezzo delle locazioni è salito a dismisura, l’edilizia pubblica non è in grado di accogliere il bisogno di chi viene espulso dal mercato privato.
Le case popolari sono poche e malconce (per quanto ci sia un lento, parziale rinnovo): nel Gallaratese ad esempio gli ultimi complessi di nuova costruzione risalgono a una quindicina di anni fa.
Più di recente si sono indeboliti gli strumenti alternativi: «L’abolizione dei fondi nazionali di sostegno all’affitto disposto dall’attuale governo con la finanziaria del 2023 ha aggravato ulteriormente lo scenario, tagliando le già scarse risorse a disposizione dei Comuni. Ma questo contesto non può rappresentare un alibi per nessuno, è arrivato il momento per le amministrazioni comunali di mettere in campo politiche chiare e lungimiranti».

La ricerca della casa: un disagio che si fa esistenziale e impatta su tutto il nucleo familiare
Per chi non ha casa o ha un reddito insufficiente, la situazione resta un peso esistenziale costante. «Ho sempre in mente il pensiero della casa» dice il signor H. «Quando cerco una casa mi dicono sempre che vogliono due stipendi. C’era una casa che sembrava pronta a fine agosto, poi quando era momento giusto non ce l’hanno più data».
La sistemazione in città rimane molto precaria, rende difficile la vita quotidiana a H. ma anche ai bambini e alla moglie. Soprattutto nei periodi in cui ha dovuto tornare a usare l’auto come abitazione: «Al lavoro mi portano altri colleghi che passano a prendermi». La scuola – attenta al territorio – sta affrontando anche il tema della frequenza scolastica dei bambini in una situazione di precarietà.
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