Torna a casa il soldato Francesco: sepolto a Ferno dopo 80 anni
Deportato per non aver voluto combattere per i nazisti e per Mussolini, fu fucilato in un sottocampo di Auschwitz nel 1943. La famiglia è il suo paese non l’hanno mai dimenticato
Deportato per non aver voluto combattere per i nazisti e per Mussolini, fu fucilato in un sottocampo di Auschwitz nel 1943. La famiglia è il suo paese non l’hanno mai dimenticato
A ottant’anni dalla morte al campo di sterminio di Auschwitz, torno a casa, a Ferno, il corpo del soldato Francesco Biassoni, deportato dopo l’ armistizio dell’8 settembre 1943 e morto a 22 anni il 27 gennaio 1945, fucilato dai tedeschi mentre le truppe sovietiche stavano per liberare il campo.

In un giorno uggioso sotto una leggera pioggia, nel camposanto di Ferno si è tenuta la cerimonia di internamento dei resti del soldato. Con il silenzio suonato dalla fanfara bersaglieri, il saluto della sindaca Sarah Foti, gli alpini e i carabinieri schierati.
Ma soprattutto, c’erano Silvana e Francesco, secondi cugini di Biassoni, che hanno portato a termine l’iniziativa di riportare i resti del soldato nel suo paese natale.
“Nel 1974 aveva incominciato la mamma di Francesco a fare domanda, ma non era stata accettata. Poi, quando siamo andati noi in Polonia il custode ci ha detto che era possibile portarlo a casa”.
Ci è voluto però ancora del tempo. E qui nella storia entra il ruolo della cooperativa San Martino, promotrice di tante iniziative e anche custode della memoria: la storia di Francesco Biassoni è stata infatti presentata nella serata di commemorazione e omaggio annuale ai “cinque martiri fernesi”, partigiani caduti a inizio 1945. Nella serata del 2023 “eravamo venuti a conoscenza del sacrificio di Francesco Biassoni a cui era stato dedicato un racconto dello scrittore Luca Occhi”.
Nel suo racconto, lo scrittore faceva pronunciare al soldato morente le parole “riportatemi a casa”. La signora Silvana ha trovato sponda una persona della cooperativa che viveva nello stesso cortile dei genitori del soldato mai tornato (“mi ricordo la mamma che non sorrideva mai”), così il percorso per riportare a casa le spoglie è ripartito. Dopo due anni e mezzo la cassetta con i resti del soldato Francesco Biassoni – morto per la precisione a Hindenburg, oggi Zabrze, sottocampo di Auschwitz – è arrivata a Malpensa.
L’Alleanza Cooperativa San Martino di Ferno “condivide con sincerità l’emozione e la commozione della famiglia che ha ottenuto il rimpatrio”, dal cimitero militare italiano di Bielany, nella periferia di Varsavia.
Il sacrificio degli Internati Militari Italiani
Il ritorno delle spoglie del soldato a Ferno è stato un momento toccante per la piccola folla radunatasi sotto leggera pioggia. Francesco Biassoni è stato sepolto nella tomba di famiglia, accanto ai genitori. Il suo nome e la sua foto compaiono anche sul monumento ai caduti.
Caduto per la libertà d’Italia, come migliaia di altri soldati italiani che nel 1943 si rifiutarono di combattere a fianco dei tedeschi e per la illegittima Repubblica di Salò di Mussolini. Un fenomeno che coinvolse 650mila uomini che i nazisti registrarono come Imi, internati militari italiani privati delle tutele della convenzione di Ginevra: nei campi di detenzione, nelle fabbriche o costretti a scavare trincee sul fronte orientale, ne morirono circa 50mila. Diecimila morirono su navi tedesche affondate durante il trasferimento in prigionia dall’Egeo e dai Balcani.
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