Negli ultimi mesi gli allontanamenti dei senzatetto dall’aeroporto di Malpensa , con una quarantina di sgomberati in ognuna delle due azioni, hanno riportato al centro dell’attenzione il tema dell’emergenza abitativa sul nostro territorio e quello della protezione delle persone più fragili.
A occuparsene in prima linea c’è Sos Stazione, rete di associazioni di Busto Arsizio, che da anni, con base alla stazione di Busto Arsizio, offre sostegno a chi vive in strada: è l’unica in tutta la Provincia di Varese e l’Alto Milanese a garantire la distribuzione di un pasto caldo ogni sera, dal febbraio del 2024 in una mensa al coperto con 35 posti a sedere. Ne abbiamo parlato con il presidente Emilio Lonati, che in uno degli ultimi sgomberi si è infiltrato volontariamente tra i senzatetto per documentare la situazione ed stato allontanato con un Daspo.
Presidente Lonati, qual è oggi la situazione che state vivendo dopo gli sgomberi a Malpensa?
«La situazione è drammatica e rischia di peggiorare con l’arrivo dell’inverno. Solo noi, come SoS Stazione, assistiamo quotidianamente tra le 35 e le 40 persone: prepariamo la cena ogni sera, mentre per il pranzo ci sono altre mense sul territorio, e cerchiamo di non lasciare nessuno indietro. Il problema è dove farli dormire. Un numero ridotto trova rifugio in stazione; altri passano la notte negli ospedali, in case abbandonate o all’“Hotel Malpensa” (a luglio sono state contate circa 40 persone). Ma sappiamo già che, con lo sgombero atteso in vista delle Olimpiadi – il terzo di quest’anno e, nelle intenzioni delle autorità, quello definitivo – l’aeroporto chiuderà loro le porte e decine di persone finiranno di nuovo per strada».
Quanti volontari collaborano con Sos Stazione?
«Abbiamo un gruppo di circa 40-50 volontari che si alternano ogni settimana, ma serve altro aiuto, perché i bisogni sono aumentati. La sera si mettono in coda per cenare sempre più persone e cresce il numero di chi cerca ospitalità e compagnia al Centro “Un Caffè dai Frati” della Parrocchia Sacro Cuore dei Frati Minori. Assistiamo persone che escono dal carcere, altre che lottano con problemi di dipendenza, o che hanno perso il lavoro: chi non ha un tetto non ha niente. Non ha documenti, soldi, residenza, non ha famiglia. Diventiamo noi i loro amici. Mi piace sempre ricordare che solo una piccolissima percentuale di queste persone sceglie di vivere come un cosiddetto “barbone”: gli altri sono disperati che vivono nella disperazione. Noi li chiamiamo semplicemente amici, perché la cena diventa anche un pretesto per costruire amicizie e relazioni».
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Quali percorsi siete riusciti a costruire finora per chi vive in strada?
«Nonostante le difficoltà, possiamo dire che una decina di persone sono state accompagnate in comunità; altre hanno intrapreso percorsi di reinserimento lavorativo e abitativo. Collaboriamo con il Sert, il Cps e con i servizi sociali. Alcuni ce la fanno, per altri la strada resta l’unica opzione: ad oggi ci sono circa 20 residenze fittizie create solo per permettere a qualcuno di avere documenti validi e accedere ai servizi».
Quale è l’emergenza più grande?
«È sicuramente quella abitativa, per questo abbiamo lanciato la campagna “Un tetto per i senza tetto”. I 50 posti letto a disposizione nei dormitori di Busto Arsizio e Gallarate non sono assolutamente sufficienti per un territorio che conta oltre 250 mila abitanti. Oggi, dei nostri amici, solo 7-8 riescono a trovare un posto letto. Il Comune di Busto, grazie ai fondi PNRR, realizzerà soluzioni abitative adatte anche ai senza fissa dimora, ma probabilmente in misura insufficiente rispetto al fabbisogno e comunque in tempi eccessivamente lunghi (fine 2026). È anche sempre difficile, sul mercato immobiliare privato, riuscire a trovare una soluzione abitativa per chi, avendo avviato un percorso di recupero, anche con un lavoro, potrebbe uscire dal dormitorio oppure abbandonare la strada per una sistemazione propria. È quindi necessario individuare adeguate soluzioni che vedano l’Amministrazione comunale impegnata nel settore del social housing e a svolgere un ruolo di garanzia nei confronti del settore privato, oggi poco disponibile verso queste persone. Abbiamo deciso di avviare una campagna pubblica perché il tempo stringe: il “Generale Inverno” è alle porte e serve subito una risposta concreta. Serve un nuovo dormitorio sul territorio o almeno l’incremento dei posti disponibili in quelli esistenti».
COME DARE UNA MANO
Chi vuole dare una mano, donare contributi o parte del suo tempo all’associazione Sos Stazione è ben accetto
Per informazioni: cell. 348.9792311
Il contributo sarà utilizzato per spese mediche e farmaceutiche, di prima assistenza e di trasporto, per documenti o bolli, per soluzioni abitative di emergenza. Invece per i pasti serali provvede ogni singola associazione autonomamente.
La rete Sos Stazione vede coinvolte: Caritas, Croce Rossa, Siticibo, Comunità Giovanile, Conoscere è Vita ODV (evangelici), Ali d’Aquila.
Collabora anche con: Frati Minori, Fondazione Giannina e Annibale Tosi (Casa Magistrelli), La Giustizia degli Ultimi, Passaparola e ovviamente con SERT, CPS e istituzioni.
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