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Al processo per le morti in Pronto Soccorso parla Cosentina: “Non era eutanasia”

L'allora direttore sanitario dell'azienda ospedaliera si è sottoposto all'esame e ha ribadito che Cazzaniga aveva utilizzato quei farmaci anestetici per alleviare le sofferenze di persone vicine alla morte

Ospedale di saronno

Fino ad ora l’unico ad aver parlato in aula era stato Leonardo Cazzaniga, due volte con dichiarazioni spontanee e per alcune udienze in cui si è sottoposto all’esame dell’accusa, delle parti civili e della difesa.

Questa mattina, invece, a rispondere alle domande dell’accusa è stato Roberto Cosentina, ex-direttore sanitario dell’azienda ospedaliera, l’uomo che ricevette le lettere degli infermieri Leto e Radu e colui che instituì la commissione interna che doveva valutare se il dottor Leonardo Cazzaniga avesse commesso atti penalmente rilevanti nel trattamento di alcuni pazienti del Pronto Soccorso dove ha lavorato fino a qualche mese prima del suo arresto, nel novembre del 2016.

Mentre tutti gli altri imputati (Maria Luisa Pennuto, Renato Scoppetta, Giuseppe Di Lucca e Paolo Valentini) hanno scelto di non rispondere alle domande, Cosentina si è coraggiosamente sottoposto al fuoco di fila dell’accusa che lo ha interrogato per tutta la mattina e anche nel primo pomeriggio analizzando, passo dopo passo, tutte le fasi della vicenda che vede lui e gli altri medici accusati di favoreggiamento e omessa denuncia mentre il medico Giuseppe Di Lucca solo per omessa denuncia relativamente ad un paziente.

In sostanza i pm Maria Cristina Ria e Gianluigi Fontana hanno passato al microscopio la catena delle decisioni in merito alla commissione interna che doveva giudicare i comportamenti di Cazzaniga e la gestione dei pazienti terminali che giungevano in Pronto Soccorso. L’ex-dirigente sanitario ha ammesso che l’ospedale di Saronno non aveva un protocollo standard per la gestione delle cosiddette cure palliative e che il problema non venne risolto nemmeno dopo la richiesta di chiarimenti da parte dei due infermieri.

Per Cosentina, che nominò i componenti del gruppo che doveva analizzare le denunce di Leto e Radu, i risultati di quella commissione avevano escluso comportamenti penalmente rilevanti da parte del medico: «I casi valutati all’epoca – ha detto Cosentina – non configuravano, a giudizio di chi aveva studiato la documentazione, aspetti penalmente rilevanti. Certamente era emerso che Cazzaniga aveva problemi relazionali con colleghi e personale infermieristico e il famoso protocollo di cui si vociferava non era mai stato assunto come pratica ospedaliera».

Cosentina ripete quanto ha già dichiarato negli interrogatori in fase di indagine e non si è spostato dalla sua posizione nemmeno di fronte alla consulenza della procura che parlava di dosaggi di farmaci anestetici e sedativi in quantità multiple rispetto alle linee guida: «Non essendo specificato nei verbali le quantità di farmaci somministrati e la velocità di infusione non potevamo in nessun modo dire se Cazzaniga avesse ecceduto. La relazione della commissione parla di quantitavi alti ma non dice che erano eccessivi».

Sul punto la contestazione alla relazione dei consulenti della procura è identica a quella presentata da Cazzaniga durante il suo esame. Anche per Cosentina, dunque, si trattava di cure palliative e non di eutanasia, per tutti i casi che sono stati imputati a Cazzaniga.

Cosentina sembra voler, comunque, minimizzare il suo ruolo in tutta la vicenda, specificando i compiti del suo ruolo e la non conoscenza di alcuni ambiti specialistici in cui lui non poteva far altro che affidarsi a chi ne sapeva più di lui. Nemmeno le drammatiche intercettazioni ascoltate in aula lo hanno fatto vacillare, quando nel pieno dell’indagine gli indagati si sfogavano al telefono rilanciando responsabilità uno addosso all’altro.

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Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it
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Pubblicato il 25 Marzo 2019
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