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È morto Guglielmo Giusti, ultimo partigiano di Somma

Ventenne era salito in montagna per combattere nelle fila della Divisione Valtoce, partecipò anche alla Repubblica dell'Ossola e venne internato in Svizzera

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È morto, nella sua casa a Somma Lombardo, Guglielmo Giusti, 95 anni, ultimo partigiano della città (nella foto, Giusti ventenne e al suo 94esimo compleanno, insieme al sindaco di Somma Stefano Bellaria).

Era nato nel 1924 e, come tutti, era cresciuto sotto il regime. «Di quel periodo ricordo però con fastidio il conformismo, il consenso carpito con la forza»: così inizia il suo memoriale, scritto a metà anni Settanta, ricordando la sua scelta, una tra tanti.

Andò a combattere – come molti sommesi – nelle fila della Divisione Valtoce, d’impronta militare e moderata, comandata dall’ufficiale Alfredo Di Dio e legata a doppio filo (per gli arruolamenti e i rifornimenti) al gruppo cattolico-democratico di Busto Arsizio.

Arrivato alla formazione il 26 giugno 1944 (insieme ai concittadini Angelo Elleno, Bruno Mattaini e Sereno Argenton, anche se non si conoscevano), visse la guerra partigiana estiva nella valle del Toce, lo scontro di Piedimulera in cui morì l’amico sommese Ugo Maspero, i “quaranta giorni di libertà” della Repubblica dell’Ossola, la drammatica ritirata in Svizzera. Internato in un campo elvetico, tentò la fuga, fu ripreso e poté tornare in Italia solo dopo la Liberazione.

Nel dopoguerra era rimasto attivo nelle file dell’associazione Raggruppamento Divisioni Alfredo Di Dio, che fa parte della Federazione Italiana Volontari della Libertà, i partigiani “azzurri”. «Ha contribuito anche a trasmettere la memoria degli altri partigiani sommesi, tra cui Ugo Maspero» dice Ermanno Bresciani, che aveva a sua volta raccolto le testimonianze di Giusti negli ultimi anni.

Il suo memoriale si può leggere qui, sul sito del Raggruppamento Di Dio, che ha sedi con museo a Busto Arsizio e Ornavasso.


Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 07 Aprile 2020
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