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Vicino a Malpensa si temeva il virus “cinese”, oggi si temono le code e le grigliate di primavera

Un giorno a Ferno, paese con un'alta incidenza di contagio. Che non sembra essere arrivato dall'aeroporto, anche se tanti casi sono "sommersi"

Ferno nei giorni del coronavirus

 Non si respira aria di isolamento totale, nelle vie di Ferno, al giovedì mattina. Nessun assembramento particolare, va detto, ma di movimenti in giro ce ne sono e si vedono le code in particolare di fronte ai principali servizi: a fianco al municipio ci sono le Poste, la coda si snoda su due lati del parcheggio, . I volontari della Protezione Civile “disciplinano” la coda chiedendo di mantenere le distanze.

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A Ferno ci sono 17 casi di contagio, uno ogni 400 abitanti circa: un’incidenza elevata, rispetto alla media provinciale e anche rispetto a quella dell’area intorno all’aeroporto di Milano Malpensa.

«Oggi firmerò l’ordinanza per limitare gli accessi al supermercato, a giorni alterni, per chi viene da altri Comuni» dice subito il sindaco Filippo Gesualdi, che incontriamo davanti al municipio.

Il tema del supermercato è il più sentito qui, perché alla struttura sullo stradone c’è sempre gran coda, complice il fatto che il punto vendita serve anche i quartieri più vicini dei Comuni confinanti di Cardano e Samarate,  due Comuni che insieme fanno 30mila e più persone. Da martedì prossimo i residenti di Cardano e Samarate dovranno alternarsi: si parte martedì 14 aprile, giorno in cui potranno entrare solo i samaratesi.

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Accanto alle poste c’è il municipio: le poche persone che vengono fin qui lo fanno per lo stato civile, per denunciare una nascita o un decesso. La Polizia Locale, con il termoscanner, prova la temperatura ai volontari della Protezione Civile (sono una quindicina in tutto) che stanno per prendere servizio. «Abbiamo completato in un giorno e mezzo la distribuzione delle mascherine, 4mila, per gli over 65» spiega il coordinatore Silvano Castoldi. Si occupano poi delle consegne di cibo e farmaci, insieme ad una associazione di Lonate, la Calluna, e assicurano il rispetto delle distanze appunto nei luoghi dove si fa la coda, come Poste e supermercato.

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Sul fronte del fabbisogno alimentare ci sono già «cinquanta richieste già controllate e idonee», mentre «altre 25 circa ancora da attivare». Quattro negozi alimentari (compreso supermercato) convenzionati. Nel territorio di Ferno rientra anche il Terminal 1 di Malpensa e così si sono ritrovati anche a portare aiuto ai senzatetto (gli ultimi due) rimasti a vivere nel terminal. Insieme alla ProCiv lavora anche la Polizia Locale, che è attiva anche sul fronte dei controlli: «Garantiamo due pattuglie tra Ferno e Lonate: ho tutti gli agenti fuori, anche la domenica e i festivi, fini alle 19.30» dice Emanuele Mattei, comandante della Polizia Locale dell’Unione Ferno-Lonate.

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Come vanno i controlli? «Circa trenta persone controllate al giorno, in media 4-5 violazioni violazioni ogni giorno».

Nel centro storico del paese, tra vecchie case e strade lastricate, gira ben poca gente: alcuni sono diretti (o di ritorno) dal medico o da uno dei negozi di alimentari. «Facciamo entrare al massimo due persone alla volta, poi facciamo le consegne a domicilio» spiega Laura Viganò, mentre prepara uno scatolone da consegnare, nel suo minimarket vicino alle scuole (chiuse). «Abbiamo avuto qualche cliente in più, ho messo anche limiti di spesa per famiglia su alcuni prodotti, ad esempio su farina e lievito».

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Passa un’auto dei carabinieri, nelle viuzze del centro, mentre ci spostiamo allo studio dei medici di base. Affacciata sull’uscio dello studio, la dottoressa Annunziata Di Fonte sta consegnando ricette a una persona che è venuta a ritirarle. È reduce da una chiamata ad un suo assistito, racconta che non uno dei suoi pazienti rientra nelle statistiche del Covid-19, ma che sono almeno una ventina i pazienti con sintomi compatibili. Soppesa le parole quando dà una valutazione complessiva dei limiti dell’assistenza locale: «I pazienti sono stati abbandonati» (qui l’intervista completa).

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La strada di circonvallazione ma anche la zona nei dintorni sono fitte di palazzine e villette cresciute negli anni Novanta e Duemila: qui molti lavorano a Malpensa. Ed è questo quel che è venuto in mente a molti: il maggiore contagio può essere legato a Malpensa?  «Non credo il contagio venga dall’aeroporto» dice il sindaco Gesualdi, che peraltro a sua volta lavora nello scalo. Il primo cittadino invece lo riconduce invece a due elementi: prima di tutto il famoso weekend di sole di inizio marzo, che ha portato molte persone nelle zone verdi dei dintorni (c’è anche una zona dove si va a fotografare gli aerei). L’altro punto critico possono essere invece, per il sindaco, le code. Da cui la necessità di monitorarle e contingentare gli accessi.

Di certo tra i contagiati conclamati non emerge un ruolo particolare di Malpensa: «Quasi tutti i positivi sono anziani, tranne alcuni di mezza età» dice il sindaco. «Positivi “autoctoni”».

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All’opposto si potrebbe persino pensare che gli aeroportuali fossero più attenti al rischio: già a fine gennaio – quando nel resto della provincia e d’Italia era solo un tema lontano – a Malpensa si chiedevano mascherine, si stava attenti ai contatti. C’era davvero la percezione di una maggiore attenzione? «Tra i lavoratori di Malpensa sì, non per chi abitava o andava in giro per il paese» dice la dottoressa Di Fonte. Impressioni e supposizioni, tutte, visto che i numeri sono drammaticamente insufficienti per una vera analisi.

L’incidenza di un caso ogni 400 abitanti è alta, ma non drammatica. E proprio questo rischia di non far percepire – anche qui – la necessità di tener duro nel rispetto delle restrizioni e dell’isolamento sociale. «Nel weekend intensificheremo i controlli» spiegano sindaco e comandante della Polizia Locale. Con il timore di una rottura “minima” dell’isolamento: qui in molti hanno un giardino intorno a casa. Con la tentazione della gita dagli amici, della grigliata insieme.

Ferno nei giorni del coronavirus
Le scuole vuote, simbolo dell’isolamento sociale

C’è aria di primavera e ovunque si sentono cantare gli uccellini. Anche nella parte Ovest del paese, quella dove un tempo si sentiva il rombo degli aerei, oggi scomparso. Si temeva che gli aerei portassero il contagio “cinese”, oggi invece portano (quei pochi rimasti, cargo) soprattutto dotazioni sanitarie.

 

 

 

 

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 09 Aprile 2020
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