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“Il virus non ha chiuso con noi”

È mancata visione e coraggio. Abbiamo fatto come niente fosse e ora il prezzo da pagare potrebbe essere davvero alto. Uscire dalla pandemia dipenderà da tutti noi, ma la politica ha gravi responsabilità anche nel recentissimo passato

Generico 2018

Dopo due mesi di lavoro massacrante, il primo maggio venne chiusa la rianimazione Covid dell’ospedale di Circolo. Sveva, che era stata trasferita lì dallo scoppio della pandemia scriveva: “La neurorianimazione è vuota, spoglia. Noi abbiamo chiuso, ma il virus non ha chiuso con noi”. Lo striscione che avevano affisso era molto chiaro: “Noi chiudiamo… voi fate i bravi!!!”

Ci avevano messo tre punti esclamativi qualora non lo avessimo capito bene. Come sia andata e stia andando potete vederlo tutti. La fase 2 è stata euforica con tutti noi che speravamo, credevamo, che il peggio fosse ormai alle spalle, e che si potesse tornare a respirare. Così, quasi senza accorgercene, siamo entrati nella fase successiva. E c’è da aver tanta preoccupazione.

In un lungo articolo abbiamo ricostruito quei mesi. Un lavoro che lasciavamo lì da tempo. Forse inconsciamente ci bloccava per tante ragioni. Non si possono confrontare i due periodi guardando solo i numeri. Non ha senso perché allora, all’inizio, il virus ci ha trovati completamente impreparati. Non potevano bastare uno scrittore come David Quammen con il suo Spillover, o i Ted di Bill Gates che aveva anticipato quello che sarebbe successo, per metterci in guardia con anticipo evitando al virus di arrivare a colpire il genere umano. Così questo essere, parassita, si è propagato senza alcuna resistenza, come una lama calda con il burro.

Oggi, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità,  siamo a quarantadue milioni di contagi nel mondo e a oltre un milione e 100mila morti. Il virus colpisce duramente tutta l’Europa e gli Stati Uniti, quasi ce l’avesse con l’emisfero più ricco del mondo. Ma non si ferma lì e mette in ginocchio tutto il pianeta. L’Italia era stata lodata fino a due settimane fa, ma quel giudizio si è rivelato prematuro perché stiamo correndo sempre più velocemente verso una situazione molto preoccupante.

Dalle nostre parti la prima fase era stata più soft del resto della Lombardia. Vai a capire quali siano state le ragioni, ma all’inizio di maggio in provincia di Varese avevamo tremila contagi e 411 morti a fronte dell’intera Lombardia che aveva quasi ottantamila casi con oltre 14mila morti. Una situazione che ci aveva permesso quasi di fare sospiri di sollievo. Non avevamo ascoltato il suono delle sirene continue o la vista delle bare trasportate dai camion militari come a Bergamo.

Ora le cose sono cambiate e Varese con Monza Brianza e Milano sono in cima a una classifica che non ci piace. Leggere tanti commenti, interviste, post che minimizzano lascia un po’ sgomenti perché qui non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, credere o meno, perché non è in gioco la fede. Si tratta di analizzare con calma i dati e vedere che la curva dei contagi, dei ricoveri, delle terapie intensive hanno ripreso un trend che non può non preoccupare. E così sono scattate nuove misure per contrastare la diffusione del virus. 

Scatta naturale la domanda: “ma come è stato possibile visto che andavamo così bene?” La risposta la aveva data bene Sveva, “il virus non ha chiuso con noi”. Ci abbiamo sperato e un po’ sognato, ma non è andata così. E il vaccino sarà solo una tappa nel cammino perché ormai viviamo in una realtà globalizzata e basterà un villaggio sperduto in capo al  mondo dove il virus ha fatto la sua comparsa, per tornare a viaggiare. Una volta che lo spillover, ovvero il salto di genere, c’è stato, annientare il virus non sarà più un gioco. 

Ognuno di noi deve fare la propria parte con la massima responsabilità. Ce lo stanno dicendo in tutte le lingue possibili. Siamo solo noi a poter far fuori il virus. Noi e nessun altro. Ma ci sono due cose che ora vanno messe lì, tenendole come riflessioni per più avanti. La prima è che il cuore della questione riguarda i temi ambientali. Il salto di specie non avviene per una natura matrigna, ma perché l’uomo è contemporaneamente l’animale più intelligente, ma anche il più arrogante e superbo. Se ne frega di Madre terra e questa ci sta mandando avvisi da tempo. Tema complesso che non si può trattare con due righe.

L’altro punto è il diverso livello di responsabilità. Arriviamo così ai politici, agli amministratori e anche agli imprenditori. Le prime due categorie sono lo specchio delle comunità. Non arrivano da Marte, ma uno si aspetterebbe che di fronte alla pandemia che rischia di sterminare una specie, si attivino energie magari sopite. Invece niente. Lo scrivevamo a maggio. Se faremo come niente fosse sarà come giocare alla roulette russa. Ecco, sta andando proprio così. In questi mesi sarebbe stato necessario mettere in piedi velocemente sistemi per rivedere i tempi delle città, dei trasporti, della produzione, dei servizi e invece i governatori hanno litigato perché si liberasse tutto lo spazio disponibile sui mezzi pubblici con una mediazione sulla quota dell’80%.

Cosa si sarebbe potuto fare? Non siamo così bravi da avere le soluzioni. Inoltre crediamo che ora serva davvero a poco recriminare. È il tempo della responsabilità e solidarietà verso quelle persone che saranno più fragili. Viene in mente però che la storia ci ha insegnato a gesti coraggiosi e anche innovativi se non spregiudicati.

Nel maggio del 1940 gli inglesi con la flotta quasi distrutta si andarono a riprendere i propri soldati sulla spiaggia di Dunkerque in Francia. Salvarono 338mila vite mettendo in gioco la propria e con ogni genere di barche riuscirono in quello che venne definito un miracolo. Non furono gli eserciti, ma la caparbietà di un leader come Winston Churchill e il coraggio di centinaia di uomini e donne che sfidarono la morte per riportare a casa i loro connazionali. La seconda guerra mondiale ha tante date fondamentali, ma quegli otto giorni tra maggio e giugno del 1940 furono una svolta del conflitto.

Nessuno è messo bene nel mondo, ma noi quando usciremo da questa pandemia, dovremo ricordarci che Dunkirk non è solo un film di Nolan, ma un esempio forte. Dovremo ricordarci che chi ci governa non ha avuto la visione e il coraggio di scardinare vecchie logiche costringendoci ad assistere alle vecchie e assurde litanie della pseudo politica. Se tagli le spese per sanità e scuola per decenni, cosa ti potrai aspettare di fronte all’emergenza?

Non è questo il momento e dobbiamo ancora confidare nelle decisioni che prenderanno il premier, il Governo, il presidente della regione e in alcuni casi anche i sindaci, ma poi non dimentichiamoci che sarà bene impegnarci tutti di più per cambiare questo nostro meraviglioso Paese.

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Marco Giovannelli
marco@varesenews.it
La libertà è una condizione essenziale della nostra vita. Non ci può essere libertà senza consapevolezza e per questo l’informazione è fondamentale per ogni comunità.
Pubblicato il 25 Ottobre 2020
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