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La musica dell’Istria perduta: Gallarate celebra con le note il Giorno del Ricordo

Come già per il Giorno della Memoria, il tema sarà affidato alla musica, che rispecchia anche storie personali: come quella di Luigi Donorà e di Dignano

Dignano

Gallarate celebra il Giorno del Ricordo con un brano musicale che racconta un pezzo della storia dell’Istria, territorio conteso e poi perso dall’Italia, annesso alla Jugoslavia e oggi parte della Croazia.

Il «videomessaggio» pensato dall’assessore alla cultura Massimo Palazzi proporrà un brano del compositore di origine istriana Luigi Donorà, eseguito dal Maestro Francesco Pasqualotto.

«Un brano ispirato alla tragedia istriana, un brano affettuoso nel ricordo della terra natale perduta» spiega Palazzi. Luigi Donorà è un musicista nato (nel 1935) a Dignano d’Istria, piccolo borgo storico nei dintorni della città Pola. Con il passaggio dell’Istria alla amministrazione della Jugoslavia, Donorà si è trasferito a Torino e ha studiato al Conservatorio del capoluogo piemontese, con L. Perracchio, F. Quaranta, S. Fuga, C. Pinelli e con F. Donatoni, diplomandosi successivamente al Conservatorio di Milano in Composizione nel 1972 e in Musica Corale e Direzione di Coro nel 1963.

«Quello che proponiamo è un piccolo brano degli anni Ottanta, un Preludio» spiega il Maestro Francesco Pasqualotto, pianista e docente al Conservatorio di Gallarate e a quello di Pavia. «La produzione di Donorà spesso ha un linguaggio atonale, questo brano invece è tonale, molto consonante e piacevole all’ascolto. Mi pare che la scelta di comporre in modo tonale, antico, quasi neoromantico, e di intitolare un brano del genere alla propria terra ispiri un senso quasi di tenerezza, di dolcezza del ricordo. Nella sua produzione ci sono tanti titoli che rimandano alla terra istriana, dove tornò poi diverse volte: anche questo brano è un omaggio alla sua terra e anche alle vicende di sangue che l’hanno toccata».

Dignano è un borgo storico non lontano da Pola, al centro delle campagne, d’impronta quasi urbana. Dopo il passaggio all’Italia nel 1918 fu teatro di violenze già nell’immediato Dopoguerra, con l’assalto fascista alla Camera del lavoro, mentre gli squadristi locali scatenarono in seguito una accesa campagna antislava. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale vi tedeschi annessero la Venezia Giulia e l’Istria al Reich – a differenza del resto d’Italia – e la popolazione italiana finì anche schiacciata nello scontro tra nazifascisti e partigiani, etnicamente slavi o italiani. Dignano passò poi sotto controllo jugoslavo e subì l’opera repressiva attuata soprattutto con arresti e trasferimenti in altre località. Con il passaggio definitivo alla amministrazione della Jugoslavia comunista, man mano, oltre l’80% della popolazione, di origine italiana, lasciò Dignano.

Il legame di Donorà con l’Istria è rimato profondo, anche sul piano degli studi musicali: già dagli anni Cinquanta a Torino iniziò a registrare dalla viva voce i canti tradizionali e folcloristici “che, negli anni successivi, ha poi trascritto, arrangiato e pubblicato su un corposo volume edito dal Centro di Ricerche Storiche di Rovigno”, come ricorda il Libero Comune di Pola in Esilio, che nel 2011 lo ha insegnito dell’onorificienza Istria Terra Amata . Alla tradizione istriana ha dedicato anche le raccolte dei canti sacri intonati nel Duomo di Dignano e lo studio di figure di istriani nella storia della musica, come l’editore Andrea Antico da Montona o il violinista Giuseppe Tartini, originario di Pirano. Donorà è oggi presidente dellaFamiglia dignanese, che rappresenta anche quel 20% di popolazione di Dignano (Vodnjan) che è di origine italiana e ancora oggi vive nel borgo.

Il video con il Preludio Istriano chiuderà quella che l’assessore Palazzi chiama «una trilogia di eventi» in cui il tema della memoria è affidato alle arti: prima alla musica (con il video con musiche di Mario Melli), poi con un Reading teatrale che ha accostato testimonianze della Shoah e del dramma delle foibe, ora il ricordo in musica dell’esodo istriano.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 09 Febbraio 2021
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