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Le cinque priorità per la ripresa delle imprese

Il racconto di 6 manager delle risorse umane sulle scelte prioritarie in questa fase di cambiamento

Generica 2020

Ogni impresa e ogni manager affrontano quotidianamente sfide diverse, risultanti dalle combinazioni dei fattori competitivi, ambientali, strategici, culturali, che definiscono il campo di gioco e i suoi attori protagonisti. Abbiamo intervistato i responsabili risorse umane (HR) di 6 società appartenenti a settori e culture molto diversi tra di loro, per provare a tracciare una linea sulle priorità, oltre le differenze.
(Foto di Alexandra  da Pixabay )

GLI ESPERTI INTERVISTATI

Gianmarco Albani HR Business Partner Mercati Emergenti e Funzioni Corporate di Ariston Thermo, azienda italiana di prodotti, sistemi e servizi per il riscaldamento efficiente e sostenibile di aria e acqua.

Alberto Broglio Head of Compensation & Benefits di Crédit Agricole, azienda francese di servizi finanziari, bancari, assicurativi e di gestione patrimoniale a privati e aziende.

Rosario Ciancimino Vice President Risorse Umane, Sud e Sudest Asia di Amway, azienda americana di prodotti di consumo per salute & benessere, bellezza, igiene personale e pulizia domestica.

Francesca Del Moretto Head HR Italia di Olympus, azienda giapponese di soluzioni orientate al cliente per i settori della medicina, delle bioscienze e delle apparecchiature industriali Marta Grivet HR Manager Italia di Clifford Chance, studio legale internazionale.

Alessio Radice Head of HR, Motion Markets & Service di ABB, azienda svizzera-svedese di tecnologia per la robotica, l’energia e l’automazione industriale.

I TREND DI BUSINESS

La remotizzazione del lavoro, accelerata dalla pandemia, si sta trasformando in una mutazione permanente che riguarda un terzo delle occupazioni nelle economie avanzate. È probabile che lavorare da remoto 2-3 giorni alla settimana si consolidi come una pratica trasversale a tutte le organizzazioni, per i ruoli che possano essere svolti a distanza e che non richiedano altro che un collegamento internet stabile e sicuro e un PC.

L’e-commerce proseguirà la sua crescita di lungo periodo con la penetrazione di adozione delle piattaforme di comunicazione e transazionali. Due terzi delle persone che hanno iniziato a fare shopping online durante la pandemia, continueranno anche dopo. Inoltre i servizi di telemedicina, streaming di contenuti multimediali di intrattenimento e online banking diventeranno parte dell’esperienza quotidiana, integrati a quelli in presenza.

L’automazione avrà un’evoluzione sempre più accelerata nei processi produttivi e amministrativi, per recuperare efficienza e garantire maggior continuità possibile alle supply chain, per gestire le fluttuazioni della domanda e ridurre la densità delle operations, garantendo sicurezza a chi lavora. Questi ed altri impatti sono così pervasivi da richiedere una revisione delle strategie di business in ogni settore e azienda. Cambia la customer experience, cambia il lavoro, arrivano nuove forme di capitale (v. recovery fund) e anche chi si occupa di persone nelle imprese rivede le priorità.

ESSERE CO-DESIGNER DELLE STRATEGIE TRASFORMATIVE DI BUSINESS

Le priorità di trasformazione in cui l’HR deve essere contributore e ancor più attore di primo piano sono diversificate, anche a seconda del settore di business, e riguardano molti ambiti. Esternamente la customer experience con la trasformazione digitale diventa omnichannel per offrire nuovi prodotti e servizi su mercati riconfigurati. Internamente si consolidano nuovi modelli di business e di approccio al mercato che impongono una trasformazione organizzativa: nuovi modi di lavorare, competenze, stili di lavoro e cultura agile.

L’allineamento alle strategie del business parte da un presupposto fondamentale riguardo al ruolo dell’HR, come racconta Marta Grivet di Clifford Chance: «La spinta al cambiamento è alimentata da tutti: anche l’HR può realizzare una piattaforma di competitività creando processi HR e una cultura di collaborazione trasversale che produce servizi innovativi per il cliente».

DISEGNARE UNA ROADMAP DI COMPETENZE FLUIDA

Le domande in merito alle competenze riguardano la loro tipologia, se sono da sviluppare o acquisire, per chi, con quali piani di upskilling/reskilling. Bisogna anche capire come pensano le nuove generazioni dice Rosario Ciancimino di Amway: «La formazione del passato non risponde al modello di apprendimento delle nuove generazioni. Hanno aspettative di crescita con tempi iper-compressi e sono focalizzate già su quello che dovranno sapere domani».

È fondamentale fare leva sulla tenuta culturale e valoriale dell’organizzazione, utilizzandola come cornice per tutti gli interventi in ambito di sviluppo e formazione. Cambia quello che si cerca dalle persone: oggi in cima alla lista ci sono imprenditorialità, capacità di auto-ingaggio e collaborazione, anche a distanza. È condivisa una necessità diffusa di rafforzare le competenze soft: ad esempio la consapevolezza sui bias con cui facciamo discriminazione e resistenza al cambiamento. Inoltre, è importante una valutazione del fit culturale organizzativo, per calibrare al meglio l’assorbimento di talento esterno. Accelera il cambiamento delle coordinate spazio-temporali verso una maggiore fluidità, flessibilità e apertura, che rende necessario imparare a convivere con un ambiente incerto a razionalità limitata. È il momento della personalizzazione: ognuno ha bisogni e gradi di maturazione diversi, quindi l’apprendimento è on the job e va accompagnato con strumenti e risorse accessibili in modo asincrono e personalizzato. Anche in questo ambito un’attenzione speciale va ai giovani commenta Alessio Radice di ABB: «Valorizziamo i pionieri delle nuove generazioni come leva per la diffusione della cultura digitale nell’organizzazione».

TRASFORMARE CULTURA E STILI DI LAVORO

Ci sono diversi elementi che vanno presi in considerazione nel momento in cui bisogna disegnare i nuovi modi di lavorare. Di seguito quelli “top of mind” e imprescindibili per costruire un mondo del lavoro a misura della realtà in continua evoluzione.

Equilibrio e benessere. Mettere in sicurezza le persone non solo dal punto di vista sanitario, ma in una logica di sostenibilità del lavoro ibrido. Bisogna trovare un equilibrio tra remoto e presenza, evitando isolamento e connessione non-stop. Le persone hanno bisogno di più di uno schermo di computer.

Leadership, formare capi coach, che siano in grado di capire e trasmettere i valori e l’identità aziendale, ovunque si trovino ad operare, e che abbiamo spiccate capacità di inclusione e di ascolto. I manager vincenti sanno cosa guardare e quando intervenire: ciò significa saper orchestrare il lavoro con ritmi di presenza e distanza, sincronia e asincronia funzionali agli obiettivi dei team e dei singoli. Solo così flessibilità=produttività.

Mindset (mentalità). La gestione ibrida espone molto più chiaramente chi è aperto e pronto al cambiamento e chi ha bisogno di aiuto. Per questo serve lavorare sul mindset e formare le persone anche alla gestione delle relazioni e delle emozioni, per evitare il depauperamento degli aspetti umani.

Queste sono le basi per potersi poi spingere a una vera trasformazione organizzativa aggiunge Alberto Broglio di Credit Agricole: «La sfida è far emergere una nuova cultura “bicefala” che sia in equilibrio tra individualismo e mutualità».

TRASFORMARE L’ORGANIZZAZIONE

Se l’organizzazione è pronta in termini di cultura, sarà più fluido il passaggio verso l’innovazione strutturale e di processo. Non si tratta di fare un copia-incolla da pratiche analogiche a pratiche digitali, ma di disegnare modi diversi di vivere il proprio ruolo che rilancino il patto tra individuo e impresa.

Per la trasformazione organizzativa, ci sono molti aspetti su cui è utile volgere la propria attenzione quali ad esempio:
lavorare su un’organizzazione più piatta e meno profonda;
– ri-progettare i processi per rendere la tecnologia un alleato e non un sostituto (es. sperimentazione dell’intelligenza artificiale nel recruiting, per liberare tempo da reinvestire sulle valutazioni in profondità delle persone)
sostenere il cambiamento dei comportamenti grazie all’evoluzione del sistema di gestione della performance, passando da un modello individuale a uno che premia quella collettiva e collaborativa
accelerare la capacità trasformativa grazie alla sperimentazione di partnership esterne, mirate e strategiche, magari spingendosi anche a condividere le persone
fare leva sulla diversity & inclusion per dare ancora più spazio alla diversità di mindset culturale, così da attrarre professionalità diverse, che aiutino la generazione ed esecuzione dell’innovazione.

Francesca Del Moretto di Olympus chiosa su questi temi: «Il pilastro della trasformazione organizzativa è un HR che con umiltà e curiosità diventa modello di apprendimento continuo, che è capace di fare network dentro e fuori dall’azienda»

AGIRE GLOCAL

Il principio è quello di avvicinare centro e periferia, con un approccio che sappia muoversi su tre livelli che Methodos, società di consulenza sul cambiamento, ha sintetizzato con un modello proprietario. Adopt, cioè adottare una standardizzazione degli elementi imprescindibili; Adapt, cioè adattare altri elementi con flessibilità a livello locale per avere velocità; e infine Ad hoc, cioè aprire a soluzioni specifiche locali, per rispondere a elementi unici del contesto.

Ma cosa vuol dire nel concreto saper adottare una visione glocal? Prima di tutto chi guida l’impresa deve cambiare stile, orientandosi verso il federalismo aziendale e l’agilità situazionale, per poter gestire organizzazioni con velocità molto diverse. La spinta alla standardizzazione dei processi e l’orientamento allo sviluppo dei talenti nel medio termine viene dal centro e deve coniugarsi con le esigenze locali, che hanno correttamente un maggior focus sui risultati a breve termine. Per evitare fughe centrifughe, il patto sociale va costantemente rinsaldato con iniziative di welfare, benessere, responsabilità sociale e sostenibilità ambientale. La people care va estesa oltre le sedi, per raggiungere anche la rete dell’organizzazione e non creare divisione e percezioni di colleghi di serie A e B, come testimonia Gianmarco Albani di Ariston Thermo: «Le risorse umane sono una cerniera fondamentale tra il centro e la periferia dell’organizzazione».

È TEMPO DI SCEGLIERE DOVE ANDARE

Tutte le imprese devono definire i loro nuovi modi di lavorare. Le scelte da fare sono molte e non sono scontate. Ciò che faremo oggi condizionerà il nostro successo futuro. La strada più semplice è quelle del me too, del plug and play. La strada per la creazione di valore richiede invece un approccio personalizzato, che sia davvero capace di mettere le persone al centro. 

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Pubblicato il 18 Aprile 2021
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