Quantcast

Le grida a Samarate nella notte, lui pieno di sangue che urla: «Sono stato io»

Il racconto da brivido della vicina di casa di Alessandro Maja incontrato mercoledì mattina prima dell’alba, dopo il duplice omicidio e il ferimento grave del maggiore dei figli

Samarate omicidio

«La prima cosa a cui ho pensato è stata la famiglia. I figli». Pausa pranzo fra cielo e nuvole a Samarate, una giornata normale di primavera, villette a schiera, case perfette all’apparenza come le famiglie che le abitano. «È sempre stato una persona buona con la famiglia, ha sempre cecato di non far mancare loro niente». Eppure.

Basta un numero civico a separare normalità fatte di piccoli riti quotidiani come l’uscita di casa per andare al lavoro, il rientro a metà giornata per consumare un pasto frugale, e la sera magari per stendere i panni e portare il cane a fare un giro. Ma oggi è diverso. Oggi, 4 maggio, pure il clima sembra lasciar leggere fra i chiaroscuri che qualcosa di grave è successo: lo dicevano gli sguardi delle persone, di chi non voleva dire nulla perché non sapeva nulla o perché in effetti poco c’era da dire di una famiglia rispettabile e senza macchia. Ma la giornata di oggi per sempre sarà ricordata dagli abitanti di San Gervasio, quartiere di Samarate.

Lo ricorderà la signora Manuela e sua figlia Chiara che vivono proprio al civico 34 di quella via Torino funestata dall’ennesima tragedia famigliare, strada come tante che si raggiunge percorrendo la statale. Un viottolo a fondo cieco che la signora Manuela stava per impegnare stamani all’alba, attorno alle 6 per uscire. «Stavo tornando in cucina per prendere le chiavi della macchina e ho sentito quelle grida: un’invocazione di aiuto. Ho pensato subito che stesse giocando con la bambina, ma non era possibile, era troppo presto. Mi sono affacciata al garage, poi l’ho visto, era Alessandro, era a terra, coperto di sangue e chiedeva aiuto». Ancora buio, in giro nessuno: il gelo che si forma in gola.

«La prima cosa che ho pensato di fare è stato chiamare i soccorsi, pensavo che ci fosse stata una rapina, un furto andato male. Invece era lui, Alessandro Maja, che chiedeva aiuto». In quei frangenti anche la figlia della signora Manuela, Chiara, è uscita dall’abitazione per capire cosa stesse succedendo e ha visto l’uomo invocare aiuto: «Li ho uccisi tutti. Sono stato io», diceva.

di
Pubblicato il 04 Maggio 2022
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore