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Inchiesta per tangenti, Legambiente: “Occhi puntati sui depuratori”

Il settore della gestione dell'acqua, in mano a società a controllo pubblico, è coinvolto nella inchiesta che ruota intorno a Nino Caianiello. Il cigno verde: “Da anni denunciamo le gravi condizioni delle acque e l’inerzia nella gestione della depurazione"

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Il settore dell’acqua, secondo la ricostruzione degli inquirenti, aveva scatenato gli appetiti del gruppo legato a Nino Caianiello. In alcuni casi si tratta di tentativi di condizionamento che non si sono realizzati, ma l’attenzione a questo settore è evidente. Ai domiciliari è finito il consigliere di Alfa srl Marcello Pedroni, rimosso insieme all’ad Bratta (indagato). E nell’inchiesta compare anche il depuratore di Sant’Antonino, della Tutela Ambientale Arno Rile Tenore(l’amministratore Giuseppe Filoni è indagato per abuso d’ufficio), per un progetto di Prealpi Servizi (di cui sempre Pedroni è consigliere).

«È un sistema malato da troppo tempo – denuncia Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –. Abbiamo più volte denunciato che la situazione di inquinamento e di inerzia degli enti che avrebbero dovuto gestire la depurazione fosse grave. Oggi è chiaro che una delle cause sia l’intricato sistema corruttivo che per decenni ha controllato tutto quanto ruotasse intorno al ciclo dell’acqua. Che fiducia possono avere oggi i cittadini varesotti nei confronti di chi avrebbe dovuto tutelare questa risorsa vitale? È necessario ora un drastico cambiamento, quindi, a partire dall’azzeramento dei vertici delle aziende coinvolte».

Già nell’aprile del 2016 l’associazione del cigno verde aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio per denunciare schiume molto più evidenti del normale nel tratto del fiume Olona tra Fagnano Olona e Solbiate Olona. Un evento purtroppo ricorrente, ma che si era acutizzato nel periodo tra il 13 e il 24 aprile. Non da meno la condizione in cui versano i depuratori di Olgiate Olona e Gornate Olona, con problemi irrisolti e malfunzionamenti da troppo tempo.

Sempre sul fronte depuratori, il 17 luglio 2017 Legambiente Lombardia si era inoltre costituita parte lesa nel procedimento penale relativo all’inquinamento idrico nei pressi del depuratore Sant’Antonino, inchiesta però in seguito archiviata per l’impossibilità di individuare i responsabili del reato (nella foto: un caso di inquinamento delle acque del naviglio grande). Oltre all’impianto vero e proprio, «Legambiente, insieme ad altre associazioni locali, aveva messo in luce l’abbandono decennale delle vasche di accumulo e dispersione, a presidio delle acque di sfioro del sistema di fognatura e collettamento al depuratore Sant’Antonino, ma posizionate in località Borsano (Busto Arsizio)».

Acque sporche: le manovre del gruppo Caianiello sul depuratore di Sant’Antonino

«La quota di scarichi illegali è importante, ma sempre più marginale – spiega Lorenzo Baio, responsabile del settore Acqua di Legambiente Lombardia – la pressione derivante dalle acque trattate dai depuratori determina invece effetti sempre più rilevanti, rendendo fondamentale l’attività sistematica di manutenzione e adeguamento degli impianti di depurazione di tutto il bacino. I dati Arpa confermano per il 2018 le scarse prestazioni di 12 dei 47 depuratori presenti nel Bacino Lambro-Seveso-Olona. La Lombardia è già cronicamente in ritardo rispetto agli obblighi imposti dalla Direttiva Acque 2000/60, nata per impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici dell’Unione europea, che ha già subìto una proroga al 2021 o 2027 rispetto alla precedente scadenza al 2015 per il raggiungimento dello stato ecologico buono dei corsi d’acqua e rischia, così, pesanti sanzioni».

Uscire da questo groviglio di competenze e inefficienze è ora fondamentale secondo Legambiente, per ridare qualità e dignità alle acque della provincia di Varese, togliendo quella patina di opacità che sta generando troppi danni a carico dell’ambiente.

Pubblicato il 15 Maggio 2019
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