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“Contro l’ospedale unico serviva un blocco sociale, cittadini e lavoratori”

Il Partito Comunista Italiano critico con il progetto e con l'azione vista fin qui

partito comunista italiano

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del PCI Federazione di Varese sull’ospedale unico Gallarate-Busto Arsizio

Il “modello lombardo” di sanità realizzato dalle diverse giunte di centro- destra, delle quali la “Lega Nord” ha sempre fatto parte, ha dato avvio, sin dal suo insediamento a processi i cui effetti sono a tutt’oggi visibilmente presenti.
Infatti, tale linea politica dal punto di vista socio- sanitario, ha avuto come caratteristica fondante la separazione di funzioni tra ASL (acquirenti di prestazioni) da una parte e i fornitori (aziende ospedaliere pubbliche e strutture private) dall’altra, che hanno condotto all’equiparazione pubblico-privato.
Gli obiettivi dichiarati di questa trasformazione dovevano essere: un aumento dell’offerta dei servizi e una conseguente riduzione dei tempi di attesa per quel che concerne le prestazioni specialistiche, insomma una paventata implementazione dei servizi.
Tutto ciò sarebbe dovuto avvenire grazie ad un aumento di competizione tra strutture pubbliche e quelle private, che avrebbero dovuto garantire al cittadino, secondo questa ottica, la libertà di scelta del luogo di cura e un maggior controllo della spesa sanitaria. Adesso, a più di vent’anni di distanza, è possibile fare un bilancio della esperienza formigoniana, confrontando i risultati con le promesse fatte.
In primo luogo si può dunque affermare che un siffatto bilancio è estremante denso di criticità, sia sul versante politico che sul piano del managemant pubblico atto al controllo socio- sanitario lombardo.
Infatti, a partire dalla cosiddetta libertà di scelta del cittadino e dal concetto di “libera prestazione”, ambedue gli aspetti si sono rivelati dei meri slogan accattivanti, mistificanti rispetto a veri obiettivi posti al centro dalla linea politica fondamentalmente neoliberista voluta da Formigoni e dalla sua giunta.

Con la legge regionale 31/97, l’allora leader del centro- destra lombardo intendeva dispiegare una politica di espansione dei capitali privati anche nel settore sanitario, aprendo così in modo indiscriminato l’ingresso del “privato” nel “pubblico”e facilitando di conseguenza l’inserimento del capitale privato in un settore normalmente di difficile penetrazione, in ragione dei costi fissi considerevolmente più alti.
Ovviamente, tutto ciò doveva essere fatto a spese della gestione pubblica diretta che a suo volta andava a perdere competenze e risorse.
Con la gestione Maroni in Lombardia, la musica non è cambiata, si è addirittura aggravata poiché, se nel vecchio progetto formigoniano, vi erano movimenti contraddittori tra pubblico e privato, nella progettualità leghista maroniana, lo sbilanciamento è stato tutto a favore di una logica privatistica, infatti si è assistito ad un miscelamento ASL e Aziende Ospedaliere – ATS e ASST -, in nome di una definitiva preminenza del privato nelle attività a maggior profitto.

La riforma del sistema ospedaliero lombardo, paventato la leghista Maroni deve essere letta all’interno di un contesto più generale di disarticolazione della sanità pubblica lombarda, si ricordi a tal proposito la vergognosa proposta della “riforma dei malati cronici”, nella quale si regalava una fetta importante della sanità pubblica agli interessi oligopolistici nazionali ed extranazionali.
Tale disarticolazione che si muove palesemente all’interno della proposta dell’“Autonomia differenziata”, cavallo di battaglia dell’attuale leader nazionale leghista Matteo Salvini. In questo senso, può e deve essere letta la vicenda della costruzione dell’Ospedale Unico tra Busto Arsizio e Gallarate, che ha come primo impatto una considerevole riduzione dei posti letto (150 posti letto) e la chiusura di reparti che erano “eccellenze”, con la conseguente perdita di personale medico e paramedico. Questo, è doveroso sottolineare, è avvenuto, per altro, senza che sia stata posta alcuna pietra per il precedentemente citato ospedale multi comprensivo.

Tutto ciò sta tragicamente avvenendo senza che, nel concreto, vi sia stata alcuna protesta efficace da parte dei cittadini e soprattutto da parte dei lavoratori del settore, i quali vivono in una condizione di passività un attacco smisurato alle loro condizioni di lavoro, al mantenimento del posto di lavoro e una passività relativa ad una riduzione dei servizi che va a minare il diritto costituzionale alle cure mediche.

Sarebbe stato necessario, proprio su questa vicenda, quella dell’ ”Ospedale Unico”, costruire un vero blocco sociale, un insieme di forze cittadini e lavoratori per bloccare questa deriva oligopolistica della gestione leghista dei servizi ospedalieri, ma ciò non è stato fatto. Per questo motivo il PCI della provincia di Varese, ancora una volta, si farà promotore di iniziative di incontri volti a sensibilizzare i cittadini e a rendere maggiormente partecipi i lavoratori poiché, senza un nuovo protagonismo di tutti i soggetti coinvolti, non sarà possibile uscire da questa dura “debacle” democratica che passa attraverso la definitiva conquista della sanità pubblica da parte dell’interesse privatistico ben rappresentato dal centro- destra e dalla Lega.

I Comunisti del PCI lanciano dunque un appello alla lotta e alla mobilitazione per questo ennesimo attacco ad un diritto sancito dalla Costituzione e alle masse popolari meno ambienti di tutto il territorio varesino.

Varese, 26 giu. 2019
Cosimo Cerardi
PCI Federazione di Varese

Pubblicato il 27 Giugno 2019
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