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Coronavirus, s’alza il livello di guardia nelle case di riposo

Le nuove disposizioni del decreto legge di prevenzione del Coronavirus emanate nella sera del 4 marzo prevedono norme più stringenti. Così si attrezzano le Rsa del territorio

coronavirus

Giusto ieri, mercoledì 4 marzo 2020, il Governo ha stanziato il decreto con le nuove disposizioni da prendere a causa del Coronavirus.

L’accessi di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA) e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire trasmissioni di infezione.

Queste restrizioni hanno delle ricadute molto forti nelle case di riposo, che ospitano malati e anziani, i soggetti più a rischio a contrarre il virus. Le visite da parte dei famigliari sono state limitate agli anziani in fase terminale: i visitatori potranno trattenersi solo nella camera del parente, senza andare nelle altre stanze della struttura.

«Col nuovo decreto è stata chiarita la restrizione dei malati gravi che ospitiamo nella nostra struttura; solamente i parenti dei malati terminali possono entrare a visitare i loro famigliari», spiega la direttrice del Melo di Gallarate, Daniela Foglia. «In collaborazione con le altre due Rsa cittadine stiamo cercando di adottare una strada comune e condividerla: i nostri pazienti sono le persone più a rischio e dobbiamo proteggerle, senza seminare il panico», continua Foglia. «Ma la vita procede, facciamo le attività in piccoli gruppi e i nostri pazienti sono seguiti da psicologi ed educatori in modo che la situazione venga compresa».

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«Il provvedimento ha confermato la linea adottato dalle nostre Rsa – commenta Maria Caterina Putzu, direttrice del Camelot-3SG – dato che gli accessi sono legati allo stato di salute dei nostri pazienti». La direttrice spiega che questo nuovo provvedimento è, per gli addetti al lavoro, uno strumento per far capire ai famigliari che queste misure sono una «buona pratica». «Entrano solo i parenti dei pazienti gravi o terminali», continua Putzu, «dopo essere stati sottoposti ad un controllo della temperatura e dello stato di salute; una volta entrati, possono stare solo nella camera del malato, e non negli ambienti comuni, per un periodo di tempo limitato». Sono stati anche limitati gli accessi dei volontari, precisa la direttrice, ma lo staff dei dipendenti è sempre presente.

«Ci rendiamo conto che gli ospiti soffrono a non vedere i parenti, ma questa mancanza viene colmata dai provvedimenti assistenziali», spiega Vanna Barca, direttrice della Fondazione Bellora. «Hanno capito che pensiamo solo alla loro salute; abbiamo anche sollecitato il personale a non frequentare luoghi affollati e a seguire i consigli ministeriali, non solo per tutelarli, ma pensando specialmente ai nostri pazienti».

Una soluzione cui le tre Rsa sono giunte per colmare questa distanza fisica è la videochiamata. «Abbiamo attivato una copertura Skype nei reparti della struttura – spiega Foglia – con il supporto degli educatori. Il servizio viene usufruito chiaramente dai pazienti che sono in grado di utilizzarlo, con l’aiuto degli educatori, per gestire la situazione con delle misure “alternative” ed in maniera più leggera la comunicazione».

Anche al Camelot si fa affidamento alla videochiamata, via Skype o Whatsapp: «Ancora nessuno ha chiesto di farla, perché non c’è ancora un periodo di lontananza necessario che ne richieda l’utilizzo, si tratta di una fase di rodaggio», racconta Putzu. Sono stati assegnati delle fasce d’orario poco dopo le attività di assistenza (10.00 – 10.30 e 14.00 – 16.00), ma «siamo flessibili in base alle varie esigenze dei famigliari».

Anche al Bellora si adottano le videochiamate Whatsapp: «Abbiamo gli iPad e gli ospiti che sono in grado di utilizzarli possono mettersi in contatto con i loro famigliari», spiega Barca.

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com
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Pubblicato il 05 Marzo 2020
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