Quantcast

Grossi: “È ancora prematuro aspettarsi un calo dei contagi”

Anche nella nostra provincia i numeri sono in forte crescita. In ospedale arrivano sempre più pazienti varesini. Secondo il Professor Grossi il virus si diffonde facilmente all'interno delle famiglie

paolo grossi

«I nostri ospedali stanno sostenendo una grande pressione Non prendiamo più pazienti da province molto provate, perché l’urgenza ormai è nel nostro territorio». L’aumento dei casi di contagio anche nel Varesotto viene confermato dal professor Paolo Grossi primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale di Varese, chiamato a collaborare con l’Unità di crisi della Regione e componente del gruppo di lavoro permanente Covid19 del Consiglio superiore della sanità.

« Sono casi che risalgono a 15 anche 20 giorni fa – spiega lo specialista – persone che sono state eseguite al proprio domicilio dal medico di medicina generale, le cui condizioni sono andate progressivamente peggiorando. Quando arrivano in ospedale hanno un quadro abbastanza compromesso». Contagi, quindi, che fanno riferimento al primo periodo dell’epidemia.

Nel suo reparto, gestisce 30 posti ad alta intensità: « In collaborazione con gli anestesisti, curiamo gli ammalati con i Cpap. Sono ricoveri prolungati,  almeno due settimane, oltre che critici. Non eravamo preparati a degenze così lunghe».  Il turn over dei letti è elevato: « Spesso riusciamo solo a sanificare l’ambiente prima di accogliere un nuovo paziente».

Dal suo osservatorio, il professor Grossi vede che il contagio corre veloce soprattutto nelle famiglie: « Abbiamo ricoverati interi nuclei. La malattia è subdola: inizia con sintomi lievi, a cui si bada poco, ma che diventano sempre più importanti. Così, nei primi giorni, la percezione del pericolo non c’è e si contagiano tutti i famigliari».

Per lo specialista non è ancora tempo di tirare il fiato o di vedere la luce: « Ripeto. Stiamo ancora curando contagi avvenuti prima che fossero adottate le misure contenitive. Le stime che si conoscono, poi, sono in difetto perché c’è tutta una fetta di popolazione che non arriva in ospedale e di cui non si conosce la positività».

«Una situazione surreale – dice il professore che vanta una lunga esperienza in malattie infettive – che non eravamo preparati ad affrontare».

di
Pubblicato il 27 Marzo 2020
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore