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Quel blu di Genova che ci portiamo addosso

Il nuovo romanzo di Michele Mozzati per La nave di Teseo è un affresco omaggio all'amore, all'amicizia e a un secolo e mezzo di storia tra Italia e America. San Francisco, Milano e i diari di una vecchia storia familiare

Generico 2018

“Tutte le storie sono storie d’amore”. È come un ritornello che fa capolino spesso nel romanzo di Michele Mozzati. E in effetti il racconto è un omaggio all’amore.

Tutto ha inizio a Hill street su una collina di San Francisco. Pietro Giudici Esposito Sommariva ci torna per vendere la casa di famiglia che ormai non usa più da tempo. Siamo nel 2015, ma la storia torna indietro a giornate piene di avvenimenti storici in una Milano risorgimentale.

Pietro può riavvolgere un pezzo della storia della sua famiglia grazie a due quaderni ritrovati nel sottotetto della casa californiana. Sono i diari di Ernesto Giudici che racconta quel pomeriggio del 6 febbraio 1853 quando scoppia una delle sommosse contro gli austriaci in cui i patriotti dovevano portare un assalto al Castello Sforzesco.

In quel momento di rivolta un po’ sgangherata, il quarantenne mazziniano si ritrova con Cesco Esposito, giovane panettiere napoletano, arrivato al nord con il sogno di portare la pizza. Dovranno fuggire, e da lì inizia una lunga odissea che li porterà a Genova dove incontreranno Cielo, all’anagrafe Maria Celeste Sommariva, dai capelli neri come cozze e la pelle diafana come un Cristo Velato. Con lei solcheranno l’oceano per arrivare in America.

Quel blu di Genova, per La nave di Teseo, è un  racconto brillante, pieno di aneddoti dove Mozzati mescola citazioni letterarie, storia, cinema e tanta musica. Insomma tira fuori pezzi delle sue passioni. Ci infila un Guccini meno noto con la Canzone della bambina portoghese, il Nicaragua con un territorio che ricorda altre ribellioni più recenti rispetto a quelle in atto nel Nord Italia.

Ci infila l’amore per la cucina, come il passaggio sulla pizza che “è un ghirigoro di vita, è un monumento al saper stare a galla in acque assai agitate o troppo calme; è un approccio gioioso nei confronti della povertà. È  utopia e concretezza, speranza e presenza. La pizza è la povertà vissuta  come ricchezza”.

Una volta uscito dalla narrazione del momento storico il libro si scioglie e diventa sempre più brillante. Le due fasi temporali in cui si sviluppa il racconto permette di “giocare” con tante citazioni diverse come quando Maria Celeste chiude il libro che stava leggendo e parla con i due fuggiaschi. “È una grande storia d’amore… d’altra parte tutte le storie sono storie d’amore. Questa l’ha scritta qualche anno fa Alexandre Dumas, il figlio del vecchio Dumas, quello del Conte di Montecristo…”

Intanto Ernesto e Cesco vivono una relazione strampalata che via via che passa il tempo diventa una forte amicizia sconfinando in tanto altro. L’arrivo in America sarà la scoperta di un nuovo mondo, completamente diverso e ricco di fatiche e opportunità.

Michele Mozzati usa con maestria le parole, ma già nelle prime pagine, quasi per pudore mette in guardia il lettore raccontando gli ultimi momenti della relazione tra Pietro e suo padre Carlo con cui non ha avuto un gran rapporto. “Le parole rimbalzano come macigni lungo le scarpate, perché le parole di chi si allontana dalla vita davanti a te, ti resteranno dentro finché avrai testa. E poi i silenzi… dove ciò che suona di più è il non-suono. Sono le pause tra le note a rendere immensa la musica. Quando si parla, l’anima del dire si nasconde – sta – nei silenzi, in ciò che non viene detto ora, che non verrà detto mai. E se hai la disponibilità a quel tipo di ascolto fatto di pause e di silenzi, il non-suono sa raccontare più di mille parole”.

A Mozzati è riuscito di intrecciare le storie personali con una Storia più collettiva e condivisa che da quell’Ottocento è arrivata fino a noi con tanti simboli della nostra vita quotidiana.

“Una lunga storia, e non così piatta” si legge nelle righe finali. “Se è tutto vero, triplo cognome e storia che lo ha generato. Se no va bene lo stesso. Ché di questi tempi tra vero e verosimile corre buon sangue”.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it
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Pubblicato il 07 Agosto 2020
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