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Nella deposizione di Inveruno s’incontrano il Vangelo e il Novecento

Sabato 13 novembre viene inaugurata l'ultima opera del trittico di Giancarlo Colli, sostenuta dal Centro Studi Marcora

Castano Primo Turbigo Castanese

Sabato 13 novembre al cimitero di Inveruno (via Cavour) sarà inaugurata la deposizione dell’artista Giancarlo Colli. Un’opera che completa il trittico composto anche da crocifissione e resurrezione, realizzati con linguaggi e tecniche diverse.

La deposizione – commissionata dal Centro Studi Marcora di Inveruno – è stata realizzata in forma di vetrata, completando così un percorso che comprende la crocifissione in forma di affresco (1994) e la resurrezione realizzata a mosaico (2016).

Nella deposizione accanto alle donne (spesso citate come le “Tre Marie”) e alla figura maschile che depone il Cristo morto – il Vangelo cita Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo – nella vetrata è riconoscibile la figura di un bambino con le mani alzate, con un cappotto e un berretto.

La figura è presente in tutte e tre le opere di Colli al camposanto di Inveruno.
Un riferimento al “bambino del ghetto di Varsavia“, ritratto da un fotografo della propaganda nazista all’uscita da un bunker dove vari civili si erano rifugiati. Un simbolo potente della Shoah, ma anche più in generale anche della violenza di cui è intrisa la storia (l’identità del bimbo non è mai stata apputata con certezza, anche se più volte si è ipotizzato sia sopravvissuto).

Generica 2020

Il riferimento al bambino di Varsavia riecheggia le parole di Colli che nel 1990 indicava come centro della sua opera «l’interesse per l’uomo e per tutto ciò che gli sta attorno e lo riguarda, per tutto ciò che lo opprime, per la violenza che subisce e che manifesta». Non è l’unico riferimento al Novecento: “come in filigrana anche la figura della Madonna ricorda l’orrore e la disperazione della bambina vietnamita eternata in un scatto fotografico mentre fugge completamente nuda e ustionata dalle bombe al napalm durante la guerra in Vietnam”.

crocifissione Inveruno Giancarlo Colli

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 11 Novembre 2021
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