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Elton Novara, un uomo solo sulle note del rock e del suo “Gallarate blues”

Il cantante presenta l’album esordio prodotto dalla Hukapan di Elio. La satira per nascondere le lacrime amare di una società compulsiva

Elton Novara

«Sono un ambizioso artista, inarrivabile arrivista. Sto cercando una mano che mi funga da apripista. Per promuovere i miei brani, faccio corse e stringo mani». Inizia così la discografia ufficiale di Elton Novara, cantautore, chitarrista e funambolico giocoliere di parole attivo a Milano.

Dai toni tanto stravaganti quanto schietti, il proemio di Stringamani – la prima canzone dell’omonimo disco d’esordio – dice già molto di Elton Novara, “nom de plume” di un ragazzo trentenne che dopo aver vissuto e suonato per tanti anni a Busto Arsizio e dintorni è riuscito a partorire il disco d’esordio nella “città degli artisti”. Quale? Milano naturalmente, dove, come cantava (e forse tornerà a cantare) Nicolò Contessa dei Cani, si trovano «gli artisti, i dischi, le foto, i registi, i marchingegni alla moda, le muse, […] per cercare i contatti, per sentirsi diversi, creativi, speciali, tutto tranne normali». Non a caso la canzone di Contessa si intitola Storia di un artista e parla del glamour di Piero Manzoni, l’uomo che compose 90 barattoli contenti ciascuno 30 grammi di Merda d’artista.

È questo il mondo frenetico in cui Elton sguazza e che canta nei 30 minuti dell’album prodotto da ManitaDischi e Hukapan, l’etichetta discografica di Elio e le Storie Tese. Dal capoluogo meneghino il coloratissimo LP raccoglie bizzarre scene della vita dello spettacolo raccontate seguendo l’eredità della tradizione “rock” della città, applicata nelle declinazioni più estese del genere: irriverente come nelle musiche di Jannacci, dissacrante nei primi Afterhours (prima che Manuel Agnelli sviluppasse un gusto più crudo e crudele), satirico e ironico come quello degli “Elii”.

Proprio con gli “Elii” il legame di Elton è fortissimo, non solo dal punto di vista editoriale ma anche artistico. Il chitarrista degli Elii Davide Luca Civaschi, conosciuto nel mondo della musica come Cesareo, è stato infatti maestro (ed «eroe») di Elton, contribuendo anche alla realizzazione del disco con un assolo di chitarra nel brano Lois Lane, la compagna di Clark Kent/Superman che nella canzone del Nostro “bella e figa come Gesù” assurge a un blasfemo ruolo di moderna Beatrice, non più tra le vie di Firenze, ma lungo la movida milanese dove si beve Cryptonite talmente forte che senterebbe anche Superman.

Le storie dell’omonimo disco di Elton Novara sono storie di sesso, amori possibili e impossibili (stilemi del blues, quello cantato in Gallarate Blues e di Gabicce Mare Blues), hangover post sbronzate alla “Tommy Paradise”, velleità e amarezze. Episodi in cui la dignità spesso viene «sacrificata sul fatiscente altare della socialità». In tutto questo andirivieni Elton si definisce «un uomo solo», e, nell’anonimato garantitogli (finora) dalla città, si prende la libertà di reinterpretare le lacrime agrodolci versate nel proprio appartamento in canzoni variopinte e ricche di campionamenti, synth, pre-set da portare sui palchi dei club.

«Nella disgrazia della pandemia abbiamo avuto tantissimo tempo per preparare il tour, che a questo punto sarà molto elaborato – commenta il cantante aprendo una parantesi sull’OrgasmaTour, il tour di promozione del disco partito a fine dicembre proprio da Milano -. Come riprodurre un disco ricco e complesso? Da questo punti di vista sono un “boomer musicale”, molti dei suoni che sono disco saranno riprodotti dal vivo, per dargli la giusta grinta sul palco».

Il nome del tour deriva da Orgasmatron, canzone dell’album che così recita: Mettiamo in pausa il nostro essere umani, dentro il mio Orgasmatron. Sì che mi piace il sesso, non sono mica fesso, io lo farei anche adesso. Ingoia paranoia, talvolta anche la gente.

Per Elton, Milano rappresenta un obiettivo, un traguardo, ma anche “un ritorno”. Nel capoluogo lombardo ci è nato ma senza la possibilità di crescersi da ragazzo, accrescendo invece, durante una sorta di “cattività novarese prima e bustocca poi” (parole nostre, non sue), la voglia di tornarci da adulto, ma soprattutto da artista, con un disco frutto di un lungo percorso.

La nascita dell’album ha richiesto parecchio tempo, ci confida: «Avevo tanti brani pronti dagli anni in cui suonavo con i The Van Hautens, con loro ho fatto circa sei anni di tour come chitarrista – spiega Elton nel ripercorrere la genesi del disco, a partir dalle date da turnista insieme a celebre duo di X Factor – In quel momento ho iniziato a fare una cernita di produttore a cui sottoporre i miei brani. Alla fine, la scelta è ricaduta sul primo che avevo contattato, Marco Ulcigrai (chitarrista di Luino della band Il Triangolo e nella formazione live dei Ministri), con lui ho trovato una grandissima intesa ma i tempi si sono prolungati quando la sua carriera è decollata e, soprattutto, il mondo si è fermato. Come tutti sappiamo».

Così Gallarate Blues: Compro un altro controller per il SEGA Mega Drive, sussurro nel tuo orecchio che: qui si sta meglio che a Gallarate, ti amo ma tu sei di Gallarate. A Gallarate non c’è amore ma soprattutto non c’è il metro. Qui un tipo come me sembra sentimentale

Piccoli gesti superficiali, ma che offrono spunti per gettare uno sguardo sul mondo frequentato dai giovani ed emergenti nella città, lontano – ma non troppo – dalle protette colline prealpine. Tutto ciò che viene cantato nel disco è vero, ammette Elton, «l’umorismo è un modo di dire tutto, cose terribili, che ho visto fare e che ho fatto».

«Abitare a Milano per me è stata un’ossessione, potermi permettere economicamente di tornare a Milano è stata la mia battaglia dai 18 ai 24 anni. Un mito un po’ anche da provincia, celebrato nel disco in maniera autodenigratoria, da provinciale che arriva nella metropoli (“milanese militante” e “cazzone” si definisce nel disco, ndr). È un’idea superficiale? Sì e il disco racconta molte delle cose superficiali che faccio, come mangiare la pizza con le patitine (di questa sua grande passione convertita in musica ve ne abbiamo parlato qui) o uscire la sera».

L’umorismo di Elton non cerca il sorriso facile e sghignazzate, perché la satira può essere anche tristissima; fa storia il famoso inganno dell’Opera da Tre Soldi di Kurt Weil e Bertolt Brecht, che con le loro musiche sornione portarono a teatro la povertà del demi-monde (a partire dal titolo della pièce, che indicava il prezzo popolare del biglietto); ma quando per le strade, soprattutto sotto Natale, si sente la voce dagli altoparlanti mono dei negozi di Micheal Bublé cantare l’ondeggiante Mac The Knife forse non tutti sanno che il testo, una Moritat, è un lungo catalogo di efferati delitti, un po’ edulcorato nella versione inglese. Certo Elton Novara non vuole essere Brecht e non si pone l’interrogativo sociale ed esistenziale del Teatro Epico “Di che cosa vive l’uomo?” ma mostra “come” vive un trentenne a Milano. Tra illusioni, delusioni, chimere e divertimento lenitivo.

«L’idea delle canzoni è che comunque alla fine rimanga l’amaro, – sottolinea Elton Novara – La vita offre già abbastanza problemi e di piangermi addosso, quando faccio il musicista, non mi va. La musica è una cosa bella e voglio che sul palco ci si diverta, anche se per questa frase c’è chi mi guarda storto. Però alla fine di tutto deve esserci anche il “male”, altrimenti ho sbagliato qualcosa».

Marco Tresca
marco.cippio.tresca@gmail.com
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Pubblicato il 19 Gennaio 2022
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